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19/04/24
DESPITE EXILE + LACERHATE + SLOWCHAMBER
BLOOM, VIA CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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Altar Of Plagues - Teethed Glory & Injury
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( 5042 letture )
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TRASFORMAZIONE L'evoluzione degli Altar of Plagues ha sempre seguito un percorso intimo e personale, il quale si è distinto fin da subito nel mondo delle più disparate blackmetal band, ma non solo. La varietà di punti in comune con altri stili musicali e/o luoghi d'appartenenza (la chiara matrice post-hardcore di White Tomb, le atmosfere più dilatate e post-rock di Tides e Sol per poi giungere agli elementi più sludge, doom ma anche più puramente blackmetal di Mammal) hanno composto da sempre una costellazione omogenea e invidiabile. Ogni album del nostro combo irlandese ha una sua perfetta genesi e cresce in modo ordinato e naturale; la compattezza degli EP Sol e Tides era giocata sulle atmosfere rarefatte del primo in confronto alla violenza del secondo, aggressività data dalle potenti distorsioni chitarristiche. Con Mammal si era di fronte ad una specie di sintesi fra atmosfera e violenza mentre con l'ultimo split assieme agli Year of no Light si poteva sentire che qualcosa stava cambiando. Cambiava sostanzialmente la forma; mentre in quella lunga traccia si potevano udire le melodie più ariose e spensierate composte dalla nostra band, la seconda metà del brano acquisiva una consistenza ambigua e straniante; la batteira si ripeteva in modo seriale e le distorsioni delle sei-corde avevano un non so che di macchinoso e meccanico; il finale andava ricordando quanto più di estremo e sperimentale si poteva udire nei lavori dei Blut Aus Nord (soprattutto The Work..., mOrt e Odinist).
MUTAZIONE L'intro ambient-elettronico di Mills si ricongiunge in modo naturale agli ultimi minuti di Light Through a Tomb (dallo split); l'ipotetico feeling caldo degli strumenti a corde è smorzato dal modo in cui fuoriescono le note: strisciate, atonali, dissonanti e mono-armoniche. I riff spezzati e frammentari di God Alone lasciano di stucco l'ascoltatore che non ha mai sentito niente del genere nel panorama degli Altar of Plagues. Le distorsioni e le cacofonie che provenivano dal panorama post-hardcore degli esordi (e di Tides) hanno interrotto il proprio gorgo sonoro -dato dalla plettrata continua e dall'uso del tremolo- per concentrarsi sulla sintesi. La progressione degli strati sonori è affidata in modo sempre maggiore ai synth e alle sovrapposizioni di voci pulite, eteree quanto spettrali. Il canto della nostra banshee muta e lascia spazio a momenti più post-rock (A body Shrouded) ma sempre connotati da riff spezzati che si ripetono in modo seriale e distaccato. Quel calore e quella vicinanza ctonica che si è sempre percepita, fra le intriganti note della nostra band, ora trasla e si astrae. Le possenti rullate di batteria sembrano costruire enormi colonnati che non vanno a sorreggere nulla e, inevitabilmente, si sgretolano. Le ossa si spezzano, le carni si pietrificano, i sensi sono ottenebrati. La quanto mai aliena copertina di questo Teethed Glory & Injury richiama in modo palese quella dei Raime e, se possibile, il parallelo fra i due progetti è molto più vicino di quello che sembra: come il duo inglese ha portato all'astrazione pià oscura e "ambient" il dubstep, calandolo nell'oblio e mantenendo solo una lontanissima radice di connotazione, gli Altar of Plagues sembrano prendere forma, nel mondo della musica estrema, al di là del vetro dei Raime. Vi si possono udire gli stessi synth distorti dagli overdub e dai compressori e la produzione delle chitarre è quanto più disumana e asettica (ascoltate quell'alienante ticchettìo in Burnt Year, quel rintocco fuori fase e fuori tempo che si sente martellare fra le strazianti urla di Dave). Perfino la batteria non suona calda e tangibile come in Mammal e a volte sembra che sparisca per poi riemergere senza alcuna coerenza ben precisa. I lunghi lamenti e l'atonale nenia di A remedy and Fever si fa strada in mezzo agli echi noise-drone delle chitarre mentre un altro piano sonoro, fatto da riff spezzettati, si ricollega a qualche brano precedente e oscilla costantemente sopra e sotto lo strato vocale (esperimento udibile anche in Scald Scar of Water). Twelve Was Ruin acquista una specie di carnosità, nonostante l'ormai solita fattezza meccanica, grazie all'orecchiabilità degli arpeggi; la già citata Scald Scar of Water alterna compatti riff di matrice cascadian ad altri freddi, dissonanti e frenetici; per tutta la durata del brano è percepibile una specie di fischio zanzaroso nato da una chitarra che si insinua qua e là fra le note mentre i synth si fanno più interessanti e trainano la coda del brano verso lidi electro e minimali. Ancora arpeggi math-core dalla scarna produzione compongono lo scheletro di Reflection Pulse Remain lasciando via via spazio a riff tremolanti e ad ossessive martellate nel vuoto, delay semiacustici e ripetizioni noise.
TRASMUTAZIONE Epitaffio quanto mai sconvolgente per una band di questa connotazione (gli Altar of Plagues hanno recentemente annunciato il loro scioglimento) perché essi si sono incarnati in una nuova figura, in un nuovo operato artistico, in un nuovo messaggio. Questa ultima fatica rischia davvero di vanificarsi o di non essere compresa; allo stesso tempo il risultato è qualcosa di sconvolgente e spiazzante, ammirevole sotto ogni punto di vista in quanto la band ha attivamente contribuito a rinnovare ed a scardinare ogni consolidato concetto, ormai muffoso e stantio, di post-blackmetal. Nella composizione degli ultimi Altar of Plagues i synth rumoristici e matematici arricchiscono l'idea di questa disumanizzazione che però non abbraccia la filosofia meccanica o digitale ma, come negli ultimi Blut Aus Nord, si rifà ad un'astrazione siderale e non ben collocata in un tassello spazio-temporale. Il cambio di stile di Teethed Glory & Injury può apparire repentino agli ascoltatori meno attenti della band di Cork, ma i presupposti del cambiamento c'erano tutti; i nostri hanno solo fatto un balzo enorme tenendo stretti quanti meno elementi che potessero ricollegarsi alle loro prove precedenti.
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10
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la copertina in stile contemporaneo di atletica e pilates come l'ultimo dei Celeste non mi dice niente, anzi mi fa veramente cagare, però all'ascolto un disco della madonna...non hanno effievolito la loro rabbia, potenza e disperazione in questo vortice di influenze forti e delicate di un rock psichedelico; distorte e malate di hardcore; malsane e dissonanti di un doom sludge; atmosferiche ed estreme di un black...tutto questo connubbio lanciati fisicamente fuori dall'atmosfera terrestre come un razzo mentre ti scoppia il cervello causato dalla pressione atmosferica e ritornare spiaccicato sul pianeta terra senza respiro in una pozza di sangue...cioè...gran bella roba i miei Altar, dai primi ep indipendenti fino a questo lasso di tempo....il terzo movimento black metal è sempre più vivo che mai in continuo sviluppo e in continua evoluzione a testa alta per creare sempre più emozioni |
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9
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Capolavoro assoluto. 100. |
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8
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Capolavoro assoluto. 100. |
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7
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Disco capolavoro. Il recensore non l'ha proprio capito. |
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6
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Disco dfficilissimo da comprendere ma dopo parecchi ascolti posso finalmente dire che è ai livelli dei precedenti due, e continua a crescere. Voto 90 |
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5
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È diventato rapidamente il mio album metal preferito. Ha tutto, ma proprio TUTTO quello che mi aspetto da un disco estremo e soprattutto moderno. Non un punto debole, non un momento morto; per me ogni brano è un capolavoro a sé, intro compresa. E chissene se è uscito da poco: quando sento che non mi staccherò mai più da qualcosa, è difficile che venga smentito. Piccolo problema che francamente mi ha dato un po' fastidio: niente testi nel libretto. |
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4
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Sicuramente un degno commiato da parte di una grandissima band, tuttavia ancora oggi non sono in grado di giudicarlo in maniera appropriata. |
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3
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Addirittura meglio di Mammal. Un capolavoro. |
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2
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Ottima recensione,pero il voto e' un po' basssino,per me meritano almeno 85! |
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1
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Concordo con la tua recensione Moro, anche a me certi passaggi hanno ricordato i BAN. Questo lavoro è decisamente più vicino al post-hardcore che al blackmetal ma è comunque piuttosto originale e, soprattuto, decisamente spiazzante. Dentro ci ho sentito anche gli ultimi DSO e volendo anche i Dodecahedron col loro debutto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Mills 2. God Alone 3. A Body Shrouded 4. Burnt Year 5. Twelve Was Ruin 6. A Remedy and a Fever 7. Scald Scar of Water 8. Found, Oval and Final 9. Reflection Pulse Remains
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Line Up
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Dave Condon (Voce, Basso) James Kelly (Chitarra, Sintetizzatore, Voce) Johnny King (Batteria)
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RECENSIONI |
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