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20/04/24
THE OSSUARY
CENTRO STORICO, VIA VITTORIO VENETO - LEVERANO (LE)
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A sette anni dall’esordio in grandissimo stile rappresentato da Ten, uscito proprio al sorgere del decennio simbolo per un intero genere musicale, il grunge, di cui la band viene considerata uno dei gruppi di punta pur non appartenendo in tutto e per tutto ad esso, e dopo un album controverso quale è stato No Code, ancora oggi al centro di molti dibattiti, i cinque di Seattle vanno a concludere il periodo d’oro della loro carriera con un successo sicuramente non paragonabile al magistrale Ten, ma neppure di troppo inferiore. Stiamo parlando di Yield, quinto disco dei Pearl Jam, pubblicato il 3 febbraio 1998 dalla Epic Records, che detiene il record di essere stato il primo album a vedere la collaborazione della formazione al completo, riducendo un po’il margine di controllo dell’incontrastabile frontman Eddie Vedder. Dal precedente No Code è rimasta invariata solamente la line-up, mentre l’orientamento musicale del gruppo è tornato ad essere quello che li aveva resi grandi fin dall’inizio: un rock melodico e leggero, passionale, assai meno propenso a sperimentazioni o contaminazioni di diverso tipo. A dispetto del caotico artwork dell’album del 1996, la copertina di Yield si presenta molto più concisa ed immediata: una strada a due corsie si dipana in un paesaggio totalmente desertico con grandi nuvole bianche all’orizzonte, sulla quale spicca lateralmente ed in primo piano un cartello stradale che indica il diritto di precedenza (uno dei tanti significati della parola inglese Yield). Dal punto di vista lirico viene esaltato specialmente il grande lavoro interpretativo di Vedder, capace di trasmettere sensazioni tra loro anche molto diverse, ma in qualche modo sempre legate ad uno stesso filo conduttore. Nell’insieme viene valorizzato però l’intero gruppo, grazie a canzoni che rimarranno a lungo nel cuore di chi le ascolta e che difficilmente troveranno mai un termine ultimo in quanto a longevità.
La partenza è delle migliori con la movimentata Brain of J. (la cui lettera J. si riferisce al primo nome di John Fitzgerald Kennedy), a cui segue la bellissima Faithful, rilassata nelle strofe iniziali, ma più decisa durante il ritornello così come nelle parti seguenti. Già dai primi momenti è chiaro che la sola presenza vocale di Vedder basterebbe a rendere grandiose queste canzoni, senza nulla togliere alla prova della band in generale ed all’importanza della stessa nella resa finale. Anche i brani successivi mantengono un andamento piuttosto lento e cadenzato, ben strutturato a partire dalla fondamentale sezione ritmica, che mantiene costantemente viva l’attenzione dell’ascoltatore pur non facendo effettivamente grandi cose. Esemplare è da questo punto di vista No Way, non tra i pezzi migliori, ma gradito preludio a due perle come Given to Fly e Wishlist, entrambi brani molto profondi e segnati da un Vedder davvero in splendida forma. Senza tempo è la magnifica melodia portante del primo dei due pezzi, arricchita proprio dalla potenza vocale del singer statunitense e da una presenza ritmica che pure non si discosta dal rendere ancor più emozionante l’ascolto della canzone; speranzosa nella sua malinconia è invece Wishlist, che poggia su un’idea tanto semplice quanto efficace. Meno interessante risulta Pilate, dopo la quale viene però inserito uno dei pezzi più riusciti dell’intero disco: Do the Evolution (di cui la band dopo anni di silenzio da questo punto di vista girò anche uno strepitoso video ufficiale realizzato sullo stile di un cartone animato), canzone rabbiosa e decisamente più rock che vuole essere una critica piuttosto esplicita alla civiltà del consumismo; un’involuzione più che un’evoluzione. Dopo il breve intermezzo di poco più di un minuto contenente appena un paio di frasi ripetute più volte, il disco continua con MFC, altra traccia meno interessante ed assai breve cui segue la lenta e tanto rilassata Low Light, quasi una ninna nanna che però si avvale di un paio di giri di chitarra davvero notevoli. Il livello qualitativo s’innalza fin dalle prime note della successiva In Hiding, brano dalla melodia trascinante e avvalorato ancora una volta dalla grande prova vocale di Vedder. La sbarazzina Push Me, Pull Me ha più che altro una funzione di transizione verso la conclusiva e ben più corposa All Those Yesterdays, aggettivo da intendersi nell’unico senso di canzone propositiva e piena di ottimi spunti. La traccia si concluderebbe intorno al quarto minuto, ma dopo una breve pausa di silenzio è presente una ghost track che mostra una volta di più la buona intesa presente all’interno della formazione statunitense.
Album di non facile assimilazione in un primo momento, Yield è tuttora una delle migliori testimonianze musicali dei Pearl Jam. La formazione proveniente da Seattle, ancora attiva e capace di prestazioni eccellenti, ha saputo dimostrare al mondo intero di possedere delle doti a tutto tondo che possono portare dei semplici musicisti ad essere considerati dei veri e propri artisti nel proprio campo, capaci di trasformare anche un banale paesaggio desertico in un oceano di note ed emozioni ad esse correlate. Entrare in contatto per la prima volta con questa band e col loro modo di intendere la musica può non essere un atto semplicissimo e privo di ostacoli da superare, ma una volta giunti al fondo di questo percorso, basterà volgere uno sguardo indietro per comprendere il valore di ciò che si è scoperto.
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Brutta voce soprattutto….
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Yeld è l'inizio della parabola discendente dei Pearl Jam, un buon album, senza dubbio, ma solo un buon album. Dalle stelle dei lavori precedenti, alla normalità di una rock band si talentuosa ma ormai non più esplosiva. Per me voto 75 ed un grande grazie. Il viaggio finisce qui, Binaural sarà sullo stesso livello, a confermare la mia tesi. Non è una precendenza, è una sorta di stop artistico, ma restano una grande band e la loro popolarità e caratura li ha resi oggi degni alfieri di quel rock che hanno tutt'altro che ucciso.
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Il problema è stato il successo del black album ( pensato,inciso e uscito prima dell'esplosionedel grunge)... Di conseguenza molti gruppi thrash ( i più famosi all'epoca diciamo tranne slayer e pochi altri) giu'tutti a volere ammorbidire il sound x cercare di vendere milionate..... Poi va beh le major anche negli anni '80 spingevano le band verso la moda dell'epoca ( glam/street metal).... Non si può incolpare le major o il grunge ( che tra l'altro come genere è bello tosto,basti pensare a Dirt o Badmotorfinger)... Sicuramente band come soundgarden o alice in chains fanno il culo a strisce a poison ( tanto x citare un gruppo che andava di moda prima del grunge)e ad aborti simili.... È calata la qualità nei dischi delle grosse band e il genere ne ha risentito nei '90... |
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Se il fattore moda è stato, come pare essere, determinante in quegli anni, è perchè con ogni probabilità ciò che impazzava prima dell'avvento del grunge aveva caratteristiche tali da poter esser inquadrato in una moda o perlomeno si reggeva su basi artistiche quantomeno discutibili. |
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Purtroppo il grunge portò tante case discografiche ad abbandonare alcune band che incidevano per loro per seguire la moda del momento e cercare qualche nuova band grunge da lanciare. A volte richiese addirittura di cambiare sound a certe band pur di seguire ciò che richiedevano i fans, tanti proprio passati al grunge e nuovi aggiunti come sempre scoppia una nuova moda. Per questo si dice che all'epoca l'heavy metal fu in crisi. |
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Purtroppo il grunge portò tante case discografiche ad abbandonare alcune band che incidevano per loro per seguire la moda del momento e cercare qualche nuova band grunge da lanciare. A volte richiese addirittura di cambiare sound a certe band pur di seguire ciò che richiedevano i fans, tanti proprio passati al grunge e nuovi aggiunti come sempre scoppia una nuova moda. Per questo si dice che all'epoca l'heavy metal fu in crisi. |
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Più che di crisi del genere io parlerei piuttosto di un disorientamento che ha colpito una fetta di pubblico che era abitutata a seguire gruppi mainstream i cui videoclip erano in heavy rotation su MTV... |
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Guarda io ero thrasher sfegatato in quegli anni. Poi vidi il video di smell like a teen e mi presi pure l'album, poi mi vidi il video di even flow, alive oceans e Jeremy e me ne innamorai, poi vidi il video di them bones e devo ancora riprendermi...poi fu la volta di jesus criste pose e rusty cage...insomma molti di noi si fecero sedurre e trascurarono un po' i vecchi amori che andarono un po' in disparte e in crisi d'identità. Però d'altra parte si innescarono nuovi meccanismi che portarono il genere a rinforzarsi e rinascere |
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Non ho mai capito perchè gli annni più significativi del grunge (genere che non ho mai ascoltato) sono associati ad una crisi dell'Heavy Metal....andate a vedere cosa è uscito in quegli anni e poi mi riparliamo.. |
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Mah. L'ho sempre trovato il più brutto dei Pearl Jam. Fa a gara con quell'altra sola di Riot Act. Sarà un problema mio, ma non c'è un pezzo che mi piaccia, cosa che non mi è mai successo con i PJ. Mah. |
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Discreto, ma non mi rimasto dentro niente |
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Personalmente il mio preferito! |
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I Pearl Jam non hanno mai scritto un disco brutto in tutta la loro lunga carriera, ma a partire da questo "Yield" ho cominciato a sentire una certa mancanza di ispirazione in fase di songwriting. In ogni caso una grande band, da amare incondizionatamente. |
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Disco che non mi fece impazzire. saranno gusti, ma dopo due dischi come no code e vitalogy ricordo ci rimasi un po male al tempo. 65 |
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Ooh finalmente è arrivata! Disco meraviglioso, quanti viaggi ci ho fatto...Insieme a Vs. e Vitalogy il mio preferito e, forse, emotivamente è il loro album che preferisco. Per me voto 95 senza riserve. |
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meraviglioso disco, immenso gruppo. |
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Gran disco. Peccato che adesso si siano completamente persi...l'ultimo mi ha fatto addormentare. |
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Ennesimo grande disco per una band che ha sfornato solo grandi dischi, o quasi. |
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peccato che "Given To Fly" sia un plagio clamoroso di "Going to California"... |
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Ci sono almeno cinque canzoni che comportano l'acquisto di questo album...grandissima prova della band di Seattle...ricordi |
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Ultimo bel disco dei PEARL JAM. Fine evoluzine. |
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Io invece ho smesso proprio da questo in poi. Bello, con alcune tracce veramente ottime, su tutte per me Given to Fly, ma ormai avevo la sensazione che ogni disco che usciva fosse più brutto del precedente (pur restando su livelli ottimi) e sempre più lontano da quello che restava il mio vero punto di riferimento, cioé "Ten". A distanza di tempo comunque resta un gran bell'album e loro una grandissima band. |
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Un disco veramente bello, li ho seguiti fino a "Binaural", dopo per quanto siano rimasti una band di alto livello, non mi hanno colpito granché. |
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Un buon disco, con due o tre pezzi veramente da tramandare ai posteri. Forse è il migliore dei Pearl Jam. |
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Nessun disco spodesterà mai Ten! |
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Bell'album, adoro i Pearl Jam, ma il migliore per me resta sempre Vitalogy. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Brain of J. 2. Faithful 3. No Way 4. Given to Fly 5. Wishlist 6. Pilate 7. Do the Evolution 8. Untitled 9. MFC 10. Low Light 11. In Hiding 12. Push Me, Pull Me 13. All Those Yesterdays
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Line Up
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Eddie Vedder (Voce, Chitarra) Stone Gossard (Chitarra) Mike McCready (Chitarra) Jeff Ament (Basso) Jack Irons (Batteria)
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