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Simulacro - Fall Of The Last Idol
( 1571 letture )
Fra eterni dubbi e nebbie persistenti ci sforziamo, chiediamo nuovamente e con più forza: che promesse ha mantenuto il profeta? Dopo che l'olezzo delle divinità è stato spazzato via dal vento della nuova verità che fine ha fatto l'abisso misterioso, dionisiaco nettare dio-non-dio di cui la nuova umanità doveva cibarsi? Che forse ci siamo nuovamente imbastarditi, dunque forse ci ritroviamo rimpinzati a adorare nuovi idoli moderni resi forti proprio dalla distruzione di tutto ciò che era vetusto e antiquato, d'inciampo alla manifestazione della vita?

In una delle ultime lettere di Nietzsche, redatta poco prima di morire, il filosofo tedesco apostrofa l'interlocutore con veemenza, ponendolo dinnanzi ad un quesito: una volta portata al termine la distruzione degli idoli, liberata l'umanità schiava dal fantasma di una civiltà corrotta e necrotizzante, i nuovi eroi sapranno evitare di ricadere nelle stesse menzogne contro cui si sono battuti? Saprà la loro identità sovrapporsi alle aspirazioni senza finire per incrinarsi? Una volta annientato il demone, la volontà di potenza potrà essere incanalata verso un nuovo obiettivo o si svuoterà in un abisso che intrappolerà gli uomini?
Fall Of The Last Idol, debutto degli oristanesi Simulacro, si muove su una riflessione analoga a quella del filosofo dell'oltreuomo, esplorando un concept che parla di distruzione dell'ignava stabilità delle certezze, di terrore ed iconoclastia. La matrice entro cui viene veicolato il messaggio di rinascita, perché è fondamentalmente di un'apocalisse che precede una nuova possibilità ciò di cui si parla nelle sette tracce, è un black metal di ampie vedute, che sa pescare dall'esperienza accumulata nel ventennio scorso gli elementi più adatti a creare una forma per il tema dell'album.
Ecco così fondersi nello stesso brano echi elettronici e cori gregoriani (Rex Tremendae Majestatis), comparire elementi sinfonici dosati con il contagocce (In The Temple Of Hypocrisy, Burning Ruins Of Submission) e qualche sfuriata di stampo death che fa capolino qua e là (My Skin Is Not My Own). Carta vincente dello stile dei sardi è la capacità di mutare e di non avere dei paletti fissi (senza i quali per molte band sarebbe impossibile esprimersi), bensì di saper piegare il proprio songwriting opportunamente in modo da adattarlo allo sviluppo della storia, assecondando l'umore del protagonista. La religiosa solennità è seguita dalle ipnotiche linee arpeggiate; i riff stoppati spezzano il ritmo delle composizioni e gli echi marziali si alternano alla malinconia, facendo trasparire come il destino del protagonista sia in qualche modo già segnato e lui ne sia consapevole, decidendo comunque di adempiere eroicamente la propria missione fino in fondo.
Con Irreversible Iconoclastic Corruption il riffing si sposta su lidi quasi doom, in un manifesto di puro e nero cinismo che mette in particolare luce la sezione ritmica, mastodontica e ben oliata come gli ingranaggi di un panzer, guidato dal batterista Anamnesi e caricato dalle basse frequenze di Ombra. Le corde di Xul si mantengono su una timbrica molto naturale, ma riescono a scavarsi una nicchia che si fa più profonda al termine ogni brano, accompagnando il possente lavoro al microfono della coppia :D1821:/Thaniey, in grado di apportare una varietà vocale che aumenta l'eterogeneità di fondo delle composizioni, dando un'interpretazione struggente ai passaggi più intensi delle liriche:

Le mie visioni non inducono estasi ma dubbio. I demoni infestano il mio sonno, incubi accattivanti da mondi distorti dove la luce non è da temere ma da vivere appieno.
Come potrebbe la blasfemia essere così dolce, e l'amore carnale così puro e caldo? Come potrebbe esistere una vita priva di paura?


Il tutto è coronato da una produzione che riesce a mantenere un'aura polverosa, quella sollevata dalla caduta degli idoli, lasciando che gli strumenti facciano capolino senza un'artefatta violenza, ma con costanza e spontaneità, mantenendo un pathos di fondo che accompagna tutto l'ascolto.

Non ci è dato sapere se saranno destinati ad abbattere gli idoli o meno, ma con Fall Of The Last Idol i Simulacro dimostrano di possedere la conoscenza e gli strumenti per poter aggiungere qualcosa alla pagina black della penisola italica, incanalando in un lavoro di composizione per niente banale un concept interessante e ben articolato. In particolare, se l'inserimento degli elementi d'ambiente, qui in alcune occasioni abilmente occultati ma fondamentali nel creare un'atmosfera palpabile, diventasse un segno distintivo del songwriting dei Nostri, l'originalità del quintetto ne guadagnerebbe ulteriormente.
Un nome da tenere d'occhio, che potrebbe crescere più velocemente di quanto si immagini.



VOTO RECENSORE
74
VOTO LETTORI
99 su 4 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2013
ATMF/De Tenebrarum Principio
Black
Tracklist
1. Rex Tremendae Majestatis
2. In The Temple Of Hypocrisy
3. Alive
4. Irreversible Iconoclastic Corruption
5. My Skin Is Not My Own
6. Burning Ruins Of Submission
7. The Fall
Line Up
:D1821: (Voce)
Thaniey (Concept, Liriche, Voce)
Xul (Chitarre, Voce, Tastiere)
Ombra (Basso)
Anamnesi (Batteria, Liriche)
 
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