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Mustasch - Thank You for the Demon
( 2102 letture )
Il processo di lenta ma inesorabile mutazione innescato dai Mustasch sin dai primordi della loro carriera non sembra aver ancora raggiunto la sua maturazione definitiva. Partiti alla fine degli novanta come una delle tante band dedite allo stoner rock, gli svedesi si sono poi progressivamente allontanati dalla matrice originaria incamerando in misura sempre maggiore nel loro sound elementi riconducibili al classico hard rock settantiano e all'heavy metal. L'ibrido nato da questa commistione è in effetti di difficile definizione, se non ricorrendo ad un termine generico ed onnicomprensivo che racchiuda tutte le componenti senza in realtà spiegarne nessuna. Di fatto, la proposta attuale del gruppo può risultare interessante tanto per chi ama certe sonorità vintage, quanto per chi invece preferisce un rock più pesante e metallizzato, sulla scia di quanto realizzato da Metallica, Corrosion of Conformity e Monster Magnet nelle loro uscite degli anni novanta. L'originaria spinta stoner non si è del tutto estinta, ma si coniuga casomai con una impronta più tendente al doom che diventa una componente tra le altre, sulle quali domina casomai appunto una forte impronta hard'n'heavy. Certo è che nonostante un livello compositivo tutt'altro che mediocre, il fatto che al settimo album la band stia ancora rodando la propria proposta, deve far pensare e diventa elemento fondamentale per le critiche che si possono rivolgere al gruppo e ai suoi dischi in generale.

La band risulta da sempre del tutto legata agli umori del proprio leader e praticamente unico compositore Ralf Gyllenhammar e non sorprende che il curioso titolo derivi in realtà da un tratto autobiografico proprio del cantante/chitarrista. Giunti al settimo album con il materiale non del tutto pronto e una certa fretta dettata dal poco tempo che il produttore prescelto ha potuto dedicare loro, per i Mustasch buona parte del lavoro si è svolta direttamente in studio, ma a dire il vero non ci si accorge che il risultato risenta poi di una minor cura o che offra il fianco a critiche relative alla poca ispirazione. Sembra che lavorare sotto pressione non abbia poi prodotto brutti esiti e dando retta a quanto riportato dallo stesso bassista Stam, il buon Ralf si caratterizza per essere un tipo incapace di stare fermo, il quale cerca piuttosto di dare sfogo alla propria fisica necessità di creare continuamente nuova musica. E' così che Thank You for the Demon rispetto al precedente album Sounds Like Hell, Looks Like Heaven, offra degli arrangiamenti leggermente più elaborati, con tanto di organi hammond, archi, piano e chitarre acustiche che vanno ad innervarsi su uno stile compositivo al solito abbastanza variegato, levigando in parte lo stile grezzo e diretto della band. Le prime due tracce, il singolo Feared and Hated (la quale si apre con un coro seventies per poi lasciare spazio ad un riffone schiacciasassi dalla buona dinamicità) e la titletrack, mostrano infatti una ottima commistione tra hard rock ed heavy metal, con accenti anche piuttosto marcati di impatto e melodia dati i refrain melodici, corali e molto piacevoli, uniti a un bel riffing e ad una costruzione lineare ma ottimamente congeniata; caratteristiche queste che le rendono tra gli episodi più riusciti dell'album, in particolare la titletrack, con una atmosfera quasi eroica data anche dal piano, dal mellotron e dagli archi, inseriti puntualmente nel contesto del brano. Segue From Euphoria to Dystopia (titolo fantastico, peraltro), una delle canzoni più particolari del disco, con riff power/thrash, rallentamenti doom e armonizzazioni chitarristiche di matrice Thin Lizzy, che si alternano ad una strofa cantata la quale si appoggia su un ritmo quasi hip hop, che ricorda il numetal; impressione aumentata dal suono prescelto per la batteria: metallico e digitale sulla strofa, più caldo e naturale nel resto del brano. The Mauler è invece un soffocante pezzo di ispirazione doom, centrato su un riff cadenzato e ossessivo, sul quale si staglia il cantato di Gyllenhammar, dotato di una ugola particolarmente versatile e dalle ottime potenzialità, in realtà sfruttate non appieno. Il singer si ritaglia infatti melodie piuttosto ruvide, interpretandole sempre con una grande carica, ma tenendo forse in maniera eccessiva un registro grezzo che non viene abbandonato mai fino in fondo; scelta questa che ben si adatta ai pezzi più aggressivi, mentre regge meno nei brani che richiederebbero una interpretazione più ricercata. E' pur vero che il cantato resta senz'altro piacevole e diventa elemento caratterizzante il sound della band, con il suo ondeggiare tra James Hetfield, Spice e Dave Wyndorf. La prestazione migliore Gyllenhammar la offre in All My Life, pezzo che costituisce senza dubbio l'apice dell'album e che si presenta come una lunga ed eroica composizione a metà tra la ballad acustica e l'esplosione elettrica, con tanto di riff devastante e un arrangiamento ottimamente concepito e quasi elegante per i canoni dei Mustasch, per un risultato davvero rimarchevole. Anche la successiva Lowlife Highlights (titolo anche di una loro raccolta del 2008) si attesta su un livello decisamente interessante, con un riff sabbathiano irresistibile che va a intersecarsi ad aperture di organo hammond stranianti, alla maniera degli Spiritual Beggars di qualche anno fa; peccato solo che il brano sia forse fin troppo breve, perché lo spunto offriva una buona occasione, sfruttata non pienamente. Più vicina ai canoni di Zakk Wylde e Metallica invece la precedente Borderline, anch'essa valida seppur non epocale. Altro brano abbastanza peculiare I Hate to Dance, brano dal riff panteriano insistito abbinato ad un ritmo dance (ma in questo caso l’intento è dichiarato sin dal titolo), che si preannuncia ospite fisso delle esibizioni dal vivo d'ora in avanti, pur non essendo assolutamente una delle migliori composizioni offerte dal disco. Chiude un'altra buona ballata, stavolta interamente acustica, Don’t Want to Be Who I Am, sofferta e malinconica, in perfetto stile Monster Magnet epoca-Powertrip.

Rispetto al disco precedente, siamo insomma al cospetto di un album decisamente più riuscito ed ispirato, che pur nella sua brevità offre numerosi spunti interessanti e pochissimi elementi di dubbio. La band svedese non ha mai dato l’impressione di poter creare dei capolavori o qualcosa destinato a cambiare la storia della musica, ma il suo lavoro lo sa fare bene e Thank You for the Demon ha al suo interno almeno tre brani di caratura superiore e nessun vero riempitivo. Non poco per un gruppo che dal 2002 ad oggi ha pubblicato sette dischi da studio -più diverse altre uscite, ufficiali e non- e che di fatto non ha quasi mai superato la dimensione continentale, restando confinato all'underground fino ad oggi. Resta quanto detto in apertura di recensione sul fatto che l’eterogeneità interna degli album, che continuano ad ondeggiare tra identità settantiana e metal anni novanta, uniti ad una mai del tutto dimenticata provenienza stoner/doom, finisce per creare una formula non del tutto compiuta, che sembra non decidersi mai a prendere una dimensione definitiva. Questo naturalmente può essere interpretato anche in maniera positiva, dato che spesso ci troviamo di fronte ad album monotematici ed unidirezionali che sin dal primo riff hanno già detto tutto, ma alla luce della discografia ormai nutrita della band di Göteborg finisce per diventare la prova di una maturazione mai pienamente raggiunta. Thank You for the Demon è in definitiva un piacevolissimo album, con buoni brani alternati ad altri di livello superiore, con pochissimi momenti di stanca e che lascia la voglia di essere riascoltato e approfondito. Disco più ragionato del solito per i Mustasch, il che se vogliamo lascia un po' di curiosità su cosa sarebbe potuto essere con più tempo a disposizione e idee già sviluppate in maniera compiuta prima di entrare in studio. Ma è noto, con i se non si fa la Storia e quindi non resta che premere play e lasciare che sia la musica a dire la sua.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
0 su 0 voti [ VOTA]
bob
Sabato 29 Agosto 2015, 14.45.09
1
Band che si è persa per la strada...materiale già sentito e risentito...
INFORMAZIONI
2014
Gain Music/Sony
Hard Rock
Tracklist
1. Feared And Hated
2. Thank You For The Demon
3. From Euphoria To Dystopia
4. The Mauler
5. Borderline
6. All My Life
7. Lowlife Highlights
8. I Hate To Dance
9. Don't Want To Be Who I Am
Line Up
Ralf Gyllenhammar (Voce, Chitarra)
David Johannesson (Chitarra)
Stam Johansson (Basso)
Jejo Perkovic' (Batteria)
 
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