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GOD IS AN ASTRONAUT + DEATH LETTERS - Gebaude 9, Colonia, 25/09/2013
29/09/2013 (2428 letture)
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La fortuna, mischiata anche ad un pizzico di casualità, mi portò l’anno scorso, per motivi estranei alla musica, in Finlandia (a Turku per la precisione), durante quei trenta giorni dell’anno che vengono anche chiamati, da tempi di antico romana memoria, “mese del sole”, poiché vi giace il solstizio d’estate nel mezzo, e quando, soprattutto nello stato dei mille laghi, l’astro solare, ancora all’una di notte, appena calato dietro l’orizzonte, continua a colorare con i propri raggi di verde scuro un cielo terso nella propria, pura nitidezza. In quella differente quanto spettacolare città feci la conoscenza “live” di una band poi diventata tra le mie preferite in assoluto: gli Explosions In The Sky. Fu il mio primo concerto di una band post-rock, e ne rimasi talmente affascinato che mi ripromisi, ove possibile, di non farmene scappare altri.
Così, appena ho scoperto, tramite la loro pagina Facebook, che i God Is An Astronaut avrebbero suonato cinque volte in Germania ed una in Olanda durante la loro tournée promozionale del 2013, ho subito deciso che ad una fra quelle date non avrei potuto non presenziare. La città ospitante la band irlandese più vicina al posto in cui attualmente vivo è Colonia, ricca capitale della Renania bagnata dal fiume Reno, dominata dal suo magnificente duomo, la terza chiesa più alta del mondo. La località dove si tiene il concerto è leggermente fuori dal centro, si tratta di un ex magazzino per le merci interamente ristrutturato ed abbellito ovunque tramite immagini, poster e graffiti, essendo divenuto, dal 1996, uno dei principali luoghi concertistici della città tedesca. Per altro, le dimensioni dell’area non sono eccezionalmente grandi, potendo contenere il locale, non troppo agevolmente, un massimo di cinquecento persone. Mi reco sul posto poco dopo le 19:00, trovando i cancelli già aperti, e diverse decine di persone già intente, con una birra in mano, a comprare cd, vinili o magliette della band. Nel mentre, do un’occhiata all’ambiente dove si terrà il concerto: il palco non è molto grande, tanto è vero che la backline della band irlandese riempie per un terzo abbondante (se non per la metà) lo stage, l’impianto luci non è molto attrezzato, pure se una lunga serie di amplificatori, cavi, casse spia ed una fog machine già all’opera fanno, almeno per quanto riguarda l’aspetto acustico dell’evento, ben sperare.
DEATH LETTERS Si fanno le 20:00 ed il warm-up act è lasciato agli olandesi Death Letters, gruppo proveniente da Dordrecht, i quali hanno il compito di scaldare il sempre più numeroso pubblico che si sta affollando nell’edificio, in attesa degli headliner God Is An Astronaut, previsti per le 21:00. La band è composta da due soli componenti, Duende e Victor, rispettivamente il primo al microfono ed alla sei corde, mentre il secondo alla batteria. La proposta sonora è, pur nella sua semplicità compositiva e strumentale, molto interessante, ondeggiando fra il post-hardcore, il post-rock e più lontane reminiscenze rock dal sapore indie. Le linee melodiche di chitarra ed il riffing di Duende sono estremamente lineari ed immediati, proprie della più classica attitudine indie, pur essendo, nell’esito sonoro finale, molto coinvolgenti e piacevoli, accompagnati da una voce spesso in clean, ma che alle volte si lascia andare in delle urla dal colore timbrico di band screamo. Speciale menzione va fatta per il lavoro alle pelli del batterista Victor, chiaramente dotato e ben impostato allo strumento, il quale dipinge una tanto solida quanto variegata fase ritmica sulla quale il compagno Duende può appoggiarsi e svilupparsi come meglio crede. Da colpi di grancassa in sedicesimi fino a rullate a colpi doppi, la batteria si dimostra particolarmente eclettica, unendo all’anima indie/post-rock creata dal chitarrista delle sfumature sonore contraddistinte da un’espressività post-hardcore. Pure se la proposta del combo olandese non è esente da difetti, il duo propone sette od otto inedite tracce, la maggior parte contenute nel loro nuovo album Common Prayers, ispirato alle memorie di una donna da poco scomparsa chiamata Orlene Adams Hill, suonando per una mezz’ora abbondante, coinvolgendo sempre il pubblico e rendendo ben evidente perché i God Is An Astronaut abbiano deciso di farli suonare come gruppo d’apertura ad un loro concerto.
GOD IS AN ASTRONAUT Giusto il tempo, per chi non ne può proprio fare a meno, di fumarsi una sigaretta, o per qualcun’altro di stapparsi un’altra birra, che un gruppo di tre persone sale sul palco per aggiungere i banner della band della contea di Wiclow, per accordare gli strumenti, e per sistemare gli ultimi ritocchi su stage prima dell’arrivo dei God Is An Astronaut. Con una precisione che spacca il secondo, la band sale sul palco alle 21:00, accolta dagli applausi e dai fischi di cinquecento persone. La line-up è al completo e la prima canzone a venir suonata è tratta dal recente album Origins, dal titolo di pink floydiano riecheggio, Weightless. Beh, che dire dei musicisti? Sono loro, inimitabili, uno fra i quintetti portanti e maggiormente espressivi di una intera scena musicale, artisti a tutto tondo, perfettamente consapevoli di avere il pubblico nelle loro mani, entusiasta di poterli sentire suonare. L’impianto acustico, così come mi era parso, si rivela all’altezza delle aspettative, riuscendo a mantenere bello corposo e massiccio, come da full-length, il suono del Fender di Niels Kinsella, e riuscendo a ricreare tutte quelle atmosfere “space” tipiche del sound della band albionica. Per converso, purtroppo, a causa degli spazi ridotti del locale, quella che è caratteristica peculiare della band in sede live, ovvero i così definiti “full audio visual show”, non può essere realizzata, occupando già la backline notevole spazio su stage e non essendocene alcuno, di conseguenza, per un maxi-schermo. Da un punto di vista strettamente strumentale, i Nostri salgono su palco con tre chitarre; la ritmica, come da due anni a questa parte ormai, è affidata all’encomiabile precisione di Gazz Carr, particolarmente attento a non sbagliare nemmeno una nota, e forse, proprio a causa di tale attitudine, maggiormente “distaccato” rispetto agli altri compagni, alla continua ricerca, viceversa, di coinvolgere il pubblico, frontman Torsten Kinsella in testa. L’opera artistica alle quattro corde del fratello Niels è precisa ed assoluta, come pure il lavoro alla tastiera ed al programming di Jamie Dean. I God Is An Astronaut suonano per un’ora e mezza di grandissima e coinvolgente musica, dando maggiormente spazio, come giusto che sia, a molte tracce del nuovo Origins (Calistoga su tutte!), ma, dopo aver pure suonato splendenti brani del passato come All Is Violent, All Is Bright o From Dust to the Beyond, riservano per l’encore finale canzoni quali Suicide by Star o la conclusiva Route 666. Al termine del concerto, volano anche tre cd regalati a chi pogava con maggior energia, come richiesto anche da Torsten, sotto al palco (modestia a parte, io ne ho recuperato uno fra i tre!).
SETLIST GOD IS AN ASTRONAUT: 1. Weightless 2. Transmissions 3. All Is Violent, All Is Bright 4. Reverse World 5. Echoes 6. Exit Dream 7. Fragile 8. Signal Rays 9. Forever Lost 10. Spiral Code 11. Fire Flies and Empty Skies 12. Calistoga 13. The Last March 14. From Dust to the Beyond
----ENCORE:----
15.Red Moon Lagoon 16. Suicide by Star 17. Route 666
CONCLUSIONI C’è poco o nulla da aggiungere. L’unica cosa che questo concerto mi ha confermato è che la band è una fra quelle che ha veramente qualcosa da dire nel mondo della musica odierno e che è perfettamente conscia di ciò che fa. Spiace solo non essere riusciti ad avere, durante l’esibizione live, un supporto video, come d’abitudine. Da vedere almeno una volta nella vita!
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3
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Davvero notevoli i God is an Astronaut. Già, sono proprio da vedere in sede live, chissà forse un giorno riuscirò anche io. |
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Sarò presente alla data di ciampino. Non vedo l'ora! |
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Ascolto i God Is An Astronaut dal 2002. Una band di ottima qualità strumentale. Mai avuto occasione di assaporarli in un live...Proprio per questo motivo, mio giovine Lorenzo, ti devo ringraziare. Grazie per il Bel report. Jimi TG |
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