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07/02/25
LITTLE TIL AND THE GANGBUSTERS
CIRCOLO MAGNOLIA, VIA CIRCONVALLAZIONE IDROSCALO 41 SEGRATE (MI)
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ROCK HARD FESTIVAL - CORONER + DEICIDE + BULLDOZER - Live Club 13/12/2014 Trezzo Sull'Adda
18/12/2014 (3864 letture)
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Se verso la fine dell'estate vi stavate già come me preoccupando per le poche notizie circa la quinta edizione dell'ormai immancabile Rock Hard Festival, avrete sicuramente tirato un sospiro di sollievo vedendolo solamente posticipato di un paio di mesi, e sempre forte di nomi di notevole calibro, quali i Coroner, che ritornano in Italia dopo il 2011, i leggendari deathster statunitensi Deicide, gli attesissimi Vektor, nonchè uno show speciale dei Bulldozer alla fine della giornata, nella consueto cornice di band italiane e non nel pomeriggio, banchetti di cd e merch, e buona compagnia.
ENDLESS PAIN
Aprono le danze i bresciani Endless Pain, formazione attiva da ormai qualche anno nell’underground death metal, in un clima ancora piuttosto freddo; si nota infatti la differenza in termini di atmosfera e affluenza rispetto alle ultime 3 edizioni, che si erano svolte tutte e tre in un sabato assolato di settembre, decisamente più invitante di questo nebbioso e umido 13 dicembre. Quindi, benché sia già pomeriggio inoltrato, la gente sta soltanto iniziando a riempire il locale, spulciando tra i vari banchetti dei cd, questa volta, naturalmente, tutti all’interno. Nel frattempo i cinque sul placo danno prova di una prestazione intensa e a tutti gli effetti meritevole della posizione d’onore d’apertura. Lo stile ripercorre i lineamenti caratteristi del genere, ma strizza l’occhio a influenze più moderne, garantendo impatto ma anche molto groove e sezioni assolutamente movimentate. Nonostante questo e le numerose richieste di movimentare il pit, il pubblico è piuttosto restio a muoversi e anche un tentato wall of death va pigramente verso il fallimento. Non mancano però applausi incoraggianti per i nostri, che sfoggiano tecnica e coesione su un songwriting nella norma, ma con exploit convincenti e solidità esecutiva.
SVART CROWN
Vengono invece da Nizza gli Svart Crown, gruppo black/death che ha avuto modo di far parlare parecchio di sé negli ultimi anni, con apparizioni notevoli su svariati palchi europei, tra cui, ricordo in prima persona, quella dell’Hellfest 2013. Lo stile dei francesi è piuttosto particolare, ed evita per lo più schemi e cliché dell’estremo per ricercare l’anima più oscura del black, ricordando Azarath e a sprazzi le sperimentazioni dei conterranei Deathspell Omega, o per parlare più chiaramente, il lato più atmosferico dei Behemoth. La velocità non è protagonista assoluta, ma è invece il plotter chitarristico a dominare le composizioni dei quattro, con largo impiego di accordi diminuiti e melodie ricercate che rendono la proposta musicale degli Svart Crown meno immediata ma decisamente permeante, perlomeno per chi abbia deciso di ascoltarli. Eccellente è inoltre l’intreccio vocale, che rende particolarmente godibili anche le sezioni più lente. Il set relativamente lungo porta alla luce del pubblico italiano diversi estratti dell’ultimo Profane, che mi appresterò quindi a sentire con attenzione.
HYADES
È di nuovo il turno di una band nostrana, con gli ormai ben noti varesini Hyades, che attirano l’attenzione della componente thrash (quasi tutta) del pubblico, mostrando la devozione dei metalhead nostrani per le proprie band thrash in ascesa, riproponendo lo stesso calore che era stato in passato mostrato verso Game Over, Hellstorm o National Suicide. Più che onorevole direi, e anche la prestazione degli Hyades entra presto nel vivo, con un tupa-tupa incessante qua e là intervallato da groove più heavy e chorus cantabili che conquistano i supporters impegnati fino a pochi secondi prima nel circle pit. L’atteggiamento è quello tipicamente intransigente dei thrasher dei giorni nostri, senza strabordare in senso scenico, ma mostrando l’indiscutibile influenza di acts storici del metal statunitense quali Exodus e Vio-lence, con voce acida, riff incalzanti e assoli rapidi e schematici. Certo, il genere non manca di mostrare la corda sui propri cliché più abusati, ma in sede live questa debolezza non solo è sotterrata da una buona dose di adrenalina, ma diventa un punto di forza per attirare rinnovato interesse verso il gruppo sul palco.
THE MONOLITH DEATHCULT
Il nome dei The Monolith Deathcult è uno dei più particolari che si sia mai letto su un bill del Rock Hard Festival. Personalmente, conoscevo un paio di lavori dei deathster olandesi quando ancora proponevano un death tecnico di matrice Nile e Hate Eternal con imponenti dosi di atmosfera, ma la scritta che capeggia sul background "Svpreme Avantgarde Death Metal" è tutto un programma e fa certamente presagire che sia la seconda componente ad aver prevalso sulla prima. Infatti il plotter musicale dei nostri è molto aperto a incursioni atmosferiche, ritmi tribali ed etnici e notevoli influenze elettroniche, quest’ultime castrate da un fatale problema al pc che lascia i nostri senza basi, metronomo e orchestrazioni aggiuntive, nonché con un settaggio sonoro piuttosto scarno destinato a lasciare insoddisfatti fino alla fine. Lo stile è decisamente meno impattante di quanto aspettassi, con groove di batteria assestati su tempi più seguibili, e raramente impegnati in blast se non nelle tracce più datate della formazione, che punta invece sull’effetto straniante dei cori e delle aperture più sperimentali. A causa del problema molto limitante, però, il risultato è decisamente compromesso, ma non manca comunque l’interesse di una nutrita schiera di presenti ad assistere allo show dei quattro.
VEKTOR
Davanti ai Vektor si stende la folla più nutrita e fomentata della giornata, rimpolpata sia dai maniacs più giovani che dai fan più esperti del techno-thrash attirati sotto il palco dalle incredibili doti musicali e compositive mostratici da questi astri nascenti del metal attuale. Già durante il line check e l’assemblaggio della batteria si alzano cori a profusione e la tensione è palpabile. Sarà l’esibizione del quartetto della Pennsylvania all’altezza delle aspettative nutrite verso la loro primissima data italiana? L’opener Cosmic Cortex spazza immediatamente via ogni dubbio, con riff taglienti come lame, ritmi incalzanti (che sfogano la tensione del pezzo nell’azzeccatissimo blast sul chorus, una rarità nel thrash) e la voce acutissima del cantante e chitarrista David DiSanto, che copre in maniera eccellente entrambi gli onerosi ruoli. Lo stile dei nostri ricorda il songwriting vario e preciso dei Coroner, con la creatività lungimirante dei Voivod e l’atmosfera spaziale e futuristica dei migliori nomi del thrash tecnico di fine anni ottanta, dai Watchtower agli Aspid. Le compattissime sezioni veloci sono intervallate talvolta da eccellenti assoli e azzeccate aperture atmosferiche che lasciano respirare noi del pubblico, ma senza sottrarre un’unghia della tensione originaria del quartetto. La scaletta pesca tanto dall’acclamatissimo Black Future, in un certo senso più tetro, e dal più recente Outer Isolation, ancora più ambizioso, come dimostra la perfetta Tetrastructural Mind, ma i Vektor non mancano di deliziarci con un estratto inedito, Ultimate Arteficier, che sentiremo probabilemente sul loro terzo full. La chiusura Asteroid, al termine di un set notevolmente esteso, rappresenta il momento più speed metal-oriented della scaletta dei nostri, e quindi il meglio adatto a scatenare il mosh più gremito della serata, alla quale non si può non partecipare per salutare al meglio i musicisti.
DEICIDE
Forse non così attesa era d’altra parte l’esibizione dei leggendari Deicide, dato che l’aria si fa più respirabile e una parte del pubblico sembra suo malgrado essersi allontanata, lasciando le prime file piuttosto spolpate. Eppure, l’impatto dei nostri è immediato e doloroso: i suoni sono ottimamente calibrati e il growl di Glenn Benton è in forma oltre ogni aspettativa, proporzionalmente alla sua pancia e alla frequenza di sguardi malvagi che lancia verso il cielo. Bene, l’attitudine non manca e anche l’esibizione risulta serratissima, con i primi pezzi, tratti dall’ultimo In The Minds of Evil, lanciati uno dietro l’altro senza parole di contorno. Qualche sentito ringraziamento e si riprende con i classici dagli storici Once Upon The Cross e Legion, degnamenti rappresentati sia per gli estratti scelti, sia per l’intensità dell’esibizione, squadrata e diretta, sia dietro le pelli che sui manici, uno dei quali sorretto da uno dei chitarristi più importanti del death metal statunitense, sir Jack Owen, che nonostante la sua nota preparazione musicale si attiene al copione dei Deicide e agli assoli slayeriani che questo include. Nel giro di nemmeno troppo tempo Benton e soci riescono a schiaffare ben 17 pezzi e a generare un fomento inaudito tra i supporter, io per primo non essendo mai riuscito a vederli prima. La chicca è però nel finale, con una tripletta da panico: Lunatic of God’s Creation, Suicidal Sacrifice e Dead By Dawn sono quanto di meglio studiato per scatenare il pit più nervoso e violento della giornata, nonché lo scapocciare collettivo scandito dal ride di marchio Asheim e dalla voce profonda di Glenn, intervallata qua e là da qualche scream poco rassicurante, così come da tradizione Deicide. Ultimissima è Homage for Satan, pezzo più che azzeccato per la chiusura, con tanto di sezione solistica particolarmente ricercata (come scritta a suo tempo da Santolla) e resa un po’ freddamente dal nuovo chitarrista Quirion – ma sono cose che sicuramente contano poco in esibizione di questo monicker leggendario. Di dubbi ne hanno lasciati ben pochi.
SETLIST DEICIDE
In the Minds of Evil Thou Begone Godkill When Satan Rules His World Serpents of the Light Children of the Underworld Conviction Dead but Dreaming Trifixion Scars of the Crucifix Once Upon the Cross Beyond Salvation End the Wrath of God Lunatic of God's Creation Sacrificial Suicide Dead by Dawn Homage for Satan
CORONER
I Coroner tornano a Trezzo a distanza di oltre 3 anni dalla precedente calata, questa volta senza lo storico batterista Marquis Marky, che ha lasciato pochi mesi fa il trio svizzero per essere sostituito da Diego Rapacchietti, che affianca già il chitarrista Tommy Vetterli nei 69 Chambers. Si spera, come consolazione, che il cambio nella line-up abbia portato i nostri a rinfrescare la setlist, che nel tour della reunion, comunque impressionate, fu per gran parte incentrata su Grin e il materiale addirittura successivo, rendendo meno merito agli altri capolavori targati Coroner. In effetti, il desiderio risulterà tutto sommato esaudito: numerosi gli estratti dagli album centrali, con No More Color e Mental Vortex eccellentemente rappresentati. L’apertura è infatti affidata a Divine Step, che mette in luce egregiamente l’aspetto più tecnico e musicale tanto quanto quello più unico e ricercato dei Coroner più atmosferici. D’altra parte, i momenti di godimento chitarristico non mancano tra un Read My Scars e una Tunnel of Pain, per la prima volta suonata dal vivo dopo la reunion, ma altrettanto intensi risultano i momenti più ragionati di Metamorphosis (peraltro intervallata da una lunga jam) e Semtex Revolution. Ad intermezzare i pezzi più cervellotici sono invece i classici del discusso Grin, l’album del definitivo distacco dalle sonorità thrash, in favore di tempi più lenti, ossessivi, asettici e suggestivi, su cui la voce distaccata e fredda di Ron Royce ottiene un effetto assolutamente unico. Inoltre, sono proprio questi pezzi a sfoggiare la compattezza quasi disumana del trio, che si dimostra coeso a livelli computeristici, mantenendo una dinamica invidiabile di basso e batteria su cui costruire i groove chitarristici. Pezzi come Serpent Moves o soprattutto la title track permettono di giocare sull’effetto più psichedelico della musica dei Coroner: l’ultima citata infatti termina in un turbinio di luci a intermittenza da nauseare quasi, che rende l’esperienza del concerto anche più profonda di quella meramente musicale, già di per sé incredibile. Certo, è inutile dire che il pubblico abbia mostrato più coinvolgimento su un classico su Masked Jackal, magari reagendo meno prontamente alle sezioni più riflessive della musica dei nostri, ma è la conseguenza immediata di una proposta musicale così particolare, che è sicuramente anche il motivo per cui i Coroner sono quello che sono, e per cui stanno suonando come headliner di questa quinta edizione del Rock Hard. L’encore soddisfa invece tutti con l’immancabile Reborn Through Hate, che risveglia gli astanti dall’ipnosi della precendente Grin (Nail Hurts). Il piacere uditivo prosegue con la successiva e non annunciata Die By My Hand, uno dei pezzi migliori del trio e purtroppo omessa nel concerto del 2011, ma fortunamente rispolverata per l’occasione. Magistrali!
SETLIST CORONER
Divine Step (Conspectu Mortis) Serpent Moves Internal Conflicts D.O.A. Son of Lilith Read My Scars Tunnel of Pain Semtex Revolution Status: Still Thinking Metamorphosis Masked Jackal Grin (Nails Hurt)
---- ENCORE ----
Reborn Through Hate Die by My Hand
BULLDOZER
Resta solo il concerto dei Bulldozer, in tarda serata, preparato all’occasione per commemorare il trentennale del demo The Exorcist, che valse al trio italiano l’attenzione di King Diamond e un contratto con la Roadrunner. Lo spettacolo si apre quindi con l’omonima intro e un mimato esorcismo da parte di un prete alle prese dunque con un indemoniato AC Wild. Come ci si poteva aspettare, l’intro è quindi la stessa Cut-Throat, e in generale le prime battute del concerto vengono dedicate all’album di debutto The Day of Wrath; per l’occasione viene anche rispolverata una delle canzoni meglio riuscite dei classici Bulldozer, The Great Deceiver, che nel 1985 rappresentava in maniera eccellente l’anima speed metal rozza, veloce e irriverente del trio lombardo, oggi riproposta egregiamente dalla rinnovata line-up attuale, che già più volte aveva dato prova di un tiro assolutamente eccezionale (in particolare, nell’esibizione al Rock Hard Festival del 2012). Lo show promette la partecipazione di numerosi ospiti, annunciati da Contini con la solita immediatezza e semplicitù che lo rende poco tagliato per essere un frontman da presentazione, ma piuttosto un cantante carismatico. Il primo ospite è quindi Flegias dei Necrodeath, che canta assieme ai nostri la storica Whiskey Time, con energia e una non trascurabile componente alcolica. Resa evidente l’intenzione di ripercorrere la discografia classica spulciando tra i vari album degli anni ’80, si prosegue senza troppa attesa con un’altra chicca che non avevo ancora mai sentito dal vivo, Don’t Trust the Saint dal celebre The Final Separation, assieme alla più gettonata, in termini di frequenza live, Ride Hard Die Fast, in cui si sente notevolmente l’indispensabile apporto della sezione ritmica di basso e batteria presa in prestito dagli ottimi Death Mechanism, nonché quello solistico di Giulio, affiancando Andy Panigada, chitarrista storico dei Bulldozer, che si occupa solo delle ritmiche. Anche lo spazio dedicato ai successivi IX e Neurodeliri, seppur molto più breve di quello di solito concesso alle due pietre miliari in questione, non manca di qualche sorpresa interessante, come la presenza sul palco dell’artista Marco Comerio, che curò gli artwork di entrambi i lavori mostrati sul palco, ad intervallare il classico medley di IX e Desert! e una We Are … Italian, non proposta nella scorsa comparsa del festival. Presentando inoltre lo split dei Bulldozer con un’altra leggenda nostrana, i Death SS, non può mancare una cover di Murder Angels, in cui lo stesso AC Wild suona il basso, accompagnata dalla cantante dei Deathless e dalla showgirl degli stessi Death SS, che propone uno show piuttosto movimentato e poco vestito, come potrete immaginare, in assenza di Steve Silvester che, seppur invitato, non ha potuto presenziare. Ma l’apice è con la comparsa di Mantas (avete letto bene), chitarrista storico dei Venom, che ha suonato con i Bulldozer le leggendarie Welcome To Hell e Countless Bathory, prima che il combo nostrano chiudesse con la propria The Derby. Uno show non troppo concitato, ma ricco di sorprese e piuttosto vario, in un clima quasi familiare e rilassato rispetto a quello dettato dalla giornata di festival, che ha reso l’esibizione non certo tra le più intense dei nostri, ma certamente una delle più particolari.
SETLIST BULLDOZER
The Exorcism (Intro) Cut-Throat The Great Deceiver Whisky Time Don't Trust the "Saint" Ride Hard - Die Fast IX / Desert ! / IX We Are... Italian Murder Angels (Death SS cover) Welcome to Hell (Venom cover) Countess Bathory (Venom cover) The Derby
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Bel festival con i Coroner ,a mio parere, sugli scudi. Vektor ottimi. Piaciuti molto anche gli Hyades. Deicide inascoltabili per i miei gusti. |
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Gran serata, Coroner perfetti, ottimi Vektor, Deicide già visti e hanno fatto quello che mi aspettavo, Monolith rimandati a condizioni migliori, anche se devo dire che il pubblico ha capito i problemi e li ha applauditi lo stesso. Un piacere rivedere degli amici e conoscere alcuni ragazzi del forum, alla prossima  |
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Sì, è vero, anche se ho parlato bene solo di Vektor e Coroner, i Deicide sono stati i migliori come suono ed esecuzione delle band precedenti, praticamente perfetti, il Death Metal. |
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grandissimi deicide!! non capisco come si possa esaltarsi per i vektor e restare impassibili davanti allo spettacolo di questi veterani del death metal.....( chi c'era puo' confermare) |
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che dire... una serata che attendevo da tanto... a dirla tutta più per il ritrovo tra amici e colleghi che per la musica... ero li per monolith e deicide e sono stato ripagato pur constatando scazzi e paturnie varie... corner insegnano e son i buldozzer a dirla tuta siam andati via dopo due canzoni...oramai per noi il meglio era già venuto.... serata da ricordare, bello il tutto. spiace non esser riusciti a far foto avendoci negato l'accesso con il "cannone" ma poco cambia al risultato supremo, unico neo... aver dovuto attendere un panino tutto lo show dei vektor e metà dei deicide a causa della inesperienza per affrontare certe situazioni da parte del locale... ma meno si mangia e più spazio per la birra rimane! |
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Serata stupenda. Bravi i Vektor, ottimo concerto e molto cordiali giù dal palco. David di Santo mi ha detto che il terzo cd esce a luglio 2015. Coroner di un altro pianeta, musicisti spaventosi e unici e scaletta ben bilanciata. |
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Lunga vita ai Bulldozer. |
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Darò un'ascoltata ai Vektor visto i commenti entusiasti. Peccato per essermi perso i Coroner che ascolto da 30 anni ma non me la sono sentita di sobbarcarmi il trasfertone solo per loro...i deicide ci hanno messo comunque del loro per farmi stare a casa. |
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CONCORDO con AL Vektor davvero spettacolari,divrtenti anche giu' del palco (ho fatto uno scambio di battute con chitarrista e batterista, il bassista era già andato in coma etilico XD) I Coroner davvero ineccepibili un muro di suono. i Deicide mi fanno caa' non ce la faccio ad ascoltarli per piu' di 2 minuti.. Mi spiace per il guasto ai Monolith probabilmente se tutto avesse funzionato a dovere sarebbero stati anche loro un bel macigno,su disco escono bene... I buldozzer non li ho visti manco per intero, ma non rientrano proprio nei miei interessi. |
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pare che il Svpreme Avantgarde Death Metal abbia fatto flop. Tante seghe, poca trippa. |
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CIao Lambru! Se non vado via vengo volentieri! |
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Gianluca, spero di beccarti Sabato 27 al Tempo con Extrema e Distruzione, non dirmi che mancherai.... |
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Bellissima giornata e in ottima compagnia!. Endless Pain non male ma un po’ caotici per i miei gusti. Svart crown piacevole sorpresa. I deicide non riesco proprio a farmeli piacere. I Monolith il gruppo che mi è piaciuto meno. Hyades-vektor-coroner ottimi. Bulldozer un after show divertente. Volevo però ascoltare Jingle hell!! Ahahahah! Per quel che mi riguarda i vincitori della serata sono stati i Vektor, veramente bravi. |
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I Monolith Deathcult sono olandesi, non danesi; i pezzi erano tutti recenti e non datati mentre l'assenza di metronomo ovviamente ha costretto il batterista a suonare in una maniera diversa (la velocità delle loro partiture e l'incastro con l'elettronica senza metronomo è impensabile). Wrath of the baath è anche stata suonata tagliata e vi sono stati altri scazzi piuttosto palesi. Avrebbero dovuto rifare il soundcheck per avere suoni decenti, essendo tutto il loro suono per metà impostato sull'elettronica. Peccato. Coroner da tramandare ai posteri. |
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Bellissima serata!  |
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