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07/12/25
ECLIPSE + REACH + ANDY AND THE ROCKETS
LEGEND CLUB - MILANO
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Rory Gallagher - Calling Card
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( 4501 letture )
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La chitarra a oggi, specialmente nello sconfinato universo del rock, è probabilmente lo strumento che meglio ritrae un’immagine di musica. Assoli e accordi che si aprono in tutta la loro libertà di melodia, complessità d’intrecci e follia compositiva. Tra le innumerevoli divinità consacratesi nel Gotha delle sei corde, i nomi che si fanno finiscono per essere talmente abusati che appare necessario dedicare qualche parola in più a uno che alla porta di quel maledetto paradiso, almeno a livello di riconoscimento internazionale, sta ancora bussando: signore e signori, Rory Gallagher. Nome spesso oscurato su un muro di effigi splendenti. Chitarrista istrionico, cantante seducente e frequentemente, puntualmente dimenticato dalla lista di quelli bravi. Grave, imperdonabile errore. Animale da palcoscenico di cui spesso si ricordano solo le esibizioni dal vivo, Rory in studio ha in realtà partorito delle vere e proprie perle del blues-rock. Calling Card è tra queste.
Dopo successi come Deuce, Tattoo e Blueprint, Gallagher, ancora affiancato dagli ormai collaudatissimi Gerry McAvoy al basso, Lou Martin alle tastiere e Rod de’Ath alla batteria, la formazione che ha segnato il suo periodo d’oro, nel 1976 porta alle stampe l’ennesimo grande album. Calling Card si lancia immediatamente con il turbo: Do You Read Me propone un hard-blues al limite, con sonorità a volte quasi raggae. Lo stile rimane quello dei classici precedenti come A Million Miles Away, con strofe divertenti e ritornelli più quadrati con bei picchi di insieme. Grande risalto è dato alle tastiere di Lou Martin. In Country Mile la chitarra di Rory tiene un ritmo frenetico e subito il resto della band la segue dando vita a una cavalcata che lascia col fiatone, su cui vengono costruiti assoli di piano e chitarra. Il riff però a lungo andare risulta monotono, non si evolve mai e il pezzo non scoppia. Risultato, un rockabilly più veloce che non sa di molto. Ma il livello si risolleva immediatamente: Moonchild è uno dei pezzi migliori del disco e lo si capisce già dall’intro in puro stile hard rock. Le trame della chitarra fanno volare alto il brano fino a vedere distintamente il bambino della luna. Rory è ispiratissimo e il solo è bellissimo. Con Calling Card i toni tornano a placarsi con un mid-tempo blues che dà un po’ di respiro. Piano e basso sostengono il canto melodico di Rory, inframezzato con pezzi di chitarra letteralmente pizzicata. Bello anche l’intreccio finale di chitarra e piano. Con I'll Admit You're Gone, classica ballata country, le melodie delle corde e voce si fondono morbide, mentre lo slide corre sulle corde. In Secret Agent il nostro guitar hero torna a fare ciò che gli riesce meglio: l’hard blues duro e sporco. Il ritmo incalzante e i bei soli in stile Deep Purple esaltano il pezzo che si esprime con le tipiche sonorità dell’epoca. La sezione finale è una manna per chi porta i capelli lunghi e chi adora l’air guitar ci si può davvero sbizzarrire. In Jack-Knife Beat un plettro che accarezza corde stoppate e atone fa da intro a un atmosfera degna del miglior Santana. La chitarra, insieme a basso e piano, disegna una spiaggia di Copa Cabana su cui balla una donna che si dimena selvaggiamente. Un urlo qua e là rincara la dose di follia del brano. Con il numero 8, Edged in Blue si palesa una chitarra che tocca le corde più profonde del cuore, e poi arriva il cambio che non ti aspetti. Repentinamente il brano si sposta su ritmi freschi e quasi pop, ma poggiati su un song writing da sogno. Lou Martin si sbizzarrisce seguendo solerte il leader della band. Il solo finale è da urlo. Il disco si chiude con Barley & Grape Rag e un sonoro ritorno al country. Ritmi divertenti da feste popolari della Louisiana con la spiga tra i denti accompagnano per tutto il brano con Gallagher che si esibisce anche con la armonica. Chiudendo gli occhi ci si aspetta quasi di vedere ragazze dalla lunga sottana che saltano su grossi palchi in legno assieme a giovanotti con camicia, stivali e bretelle. Più che la chitarra, qui spicca l’armonica di Rory che chiude cantando di ciò che più gli piace: il whiskey.
Calling Card è un album incredibilmente vario, uno dei più eterogenei di Rory Gallagher. Non solo rock e blues, ma anche tanto country, sfiorando persino note di jazz. Ma è nell’hard rock che il chitarrista trova il suo punto forte. Qualità portata alle stelle anche grazie all’influenza di Roger Glover, bassista dei Deep Purple e coproduttore del disco. Proprio questa diversità di fondo contribuisce a scolpire anche questo lavoro tra le pietre miliari di Rory, angelo pazzo con la passione smodata per la chitarra, il suo paese e il distillato che gli fa da simbolo. E, a proposito di simboli, Rory, continua a bussare che prima o poi, in quel dannato e matto paradiso, qualcuno ti farà entrare.
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7
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Album oggettivamente ottimo con bellissimi pezzi nel complesso e con alcune gemme come "Moonchild", la title-track, "Jack-knife Beat" ed "Edged In Blue" che da soli valgono tutto quanto il lavoro. Voto 95. |
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6
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Che razza di capolavoro , un vero gioiello dove ogni nota è al posto giusto. Strumentalmente incredibile , produzione impeccabile e pezzi uno più bello dell'altro. Voto 95. |
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5
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Uno dei motivi x cui non sono entusiasta dei lavori in studio dello pur strepitoso Musicista irlandese, è proprio l'eccessiva eterogeneità di cui sopra. Intendiamoci, x molti può risultare valore aggiunto, x me lo è fino a un certo punto. Chi ama il Folk, il Country e il Blues, magari non vuole sentire anche Hard Rock o Jazz o viceversa. O magari piacciono tutti ma non nello stesso calderone. Poi lui metteva Funky e pure Beat, tutto quello che gli passava x la testa poteva farlo, anche in virtù di una Band con i controcazzi. Era un Musicista immenso e, giustamente, non gli piaceva stare legato. Calling Card fu uno dei primi CD che acquistai (con i due live e Tattoo) l'ho ascoltato millemila volte ma, a parte pezzi + immediati, non mi ha lasciato molto. Si ascolta volentieri, ma non mi fa impazzire come nei live. Va detto che sono un vero fanatico di Country, Folk, Blues e Southern. E 'mpetto a Lui non sono nessuno. Sempre giù il cappello davanti alla classe di RORY GALLAGHER. |
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4
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Da qui in poi sino a Stegestruck Gallagher iniziò a pestare autenticamente duro. Una bomba. 83 |
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3
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Fra gli album in studio questo è sicuramente uno dei suoi migliori. Edged in Blue è un gioiello di rara bellezza |
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2
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Concordo con la recensione. Rory e' un grande semplicemente un grande,lo conoscono in pochi, e forse non sara' mai famoso come altri cantanti e chitarristi, ma la musica fenaomebale che ha sprigionato dalla sua chitarra e ' immortale. |
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1
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Ricordo che era quasi l'una di notte quando accesi la televisione e tra la tanta merda che passano a quell'ora notai un documentario sulla vita di Rory Gallagher. Fu amore al primo ascolto. Davvero un musicista atipico , totalmente immerso nel suo universo musicale e capace di spaziare dalla ballata blues più malinconica all'hard rock / blues / jazz più frenetico. Per non parlare poi della sue esibizioni dal vivo. Nonostante il mio preferito sia il suo primo da solista ,Calling Card è davvero un gioiello. Un artista che ho avuto il piacere di scoprire ed apprezzare nonostante il fatto che abbia 16 anni ed il blues non sia il mio genere prediletto. Rimpiango solo il fatto che Rory Gallagher sia morto troppo presto. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Do You Read Me 2. Country Mile 3. Moonchild 4. Calling Card 5. I’ll Admit You’re Gone 6. Secret Agent 7. Jack-Knife Beat 8. Edged in Blue 9. Barley & Grape Rag
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Line Up
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Rory Gallagher (Voce, Chitarre, Armonica) Lou Martin (Tastiere) Gerry McAvoy (Basso) Rod de'Ath (Batteria)
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