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InfiNight - Apex Predator
27/10/2015
( 759 letture )
Attivi da quasi quindici anni, gli InfiNight sono una band tedesca che unisce con passione un mix di heavy, power e thrash metal in una proposta moderna che si rifà a band polivalenti e cerca di unire le influenze di band quali Nevermore, Metallica, Queensryche, Iced Earth e Symphony X. Il quintetto di Illingen, quindi, dimostra di voler mettere un nutrito quantitativo di carne al fuoco, giunti al loro terzo full-length, per un disco dalla durata superiore all’ora di riproduzione, il che può avere i suoi pregi, quanto i suoi difetti, soprattutto in un genere che deve attenersi a stilemi ben definiti, per quanto spazianti dall’heavy al thrash. Nella loro carriera, i nostri vantano più di un centinaio di concerti europei, alcuni dei quali condividendo il palco con Blind Guardian e Children of Bodom, vantando anche una partecipazione al Wacken Open Air. Certo, in quindici anni di attività, i numeri non sono propriamente impressionanti, ma le premesse per un disco interessante e catchy per tutti coloro che apprezzano le sonorità più moderne dell’heavy metal ci possono essere. Vediamo come si sono comportati in studio di registrazione, come di consueto per la band, in completa autogestione ed autoproduzione.

Apex Predator apre il disco alla grande, senza lasciare spazio a dubbi o fraintendimenti sul perché sia stata scelta come title-track. Il tiro del pezzo è grandioso, con un riff che richiama i Symphony X più thrashy delle ultime release. Le chitarre si dilettano in linee cadenzate ed aggressive, sotto le quali la sezione ritmica costruisce un tappeto solido anche se sobrio. Eppure, uno dei limiti che viene già fuori in uno dei pezzi più ispirati del lotto, riguarda la voce del frontman Martin Klein, un po’ troppo scontata per il genere e senza un minimo di personalizzazione; sicuramente una scelta un po’ più aggressiva -o harsh- avrebbe giovato al risultato complessivo del pezzo. Dopo un inizio col botto, almeno strumentalmente, gli InfiNight cominciano a rallentare, dedicandosi a pezzi ancor più cadenzati sino a sfociare in vere e proprie ballad, ascoltabili ma tutt’altro che memorabili. Creator Created si distingue per una piacevole linea solista, senza però colpire l’ascoltatore con il suo refrain scontato; Enforcer (The Fire Deep Inside) richiamano un accenno di atmosfera di Marylin Manson (e non solo nell’assonanza tra il riff iniziale e la sua cover di Sweet Dreams), lasciando tuttavia una buona base heavy/thrash che viene un po’ penalizzata da linee vocali non all’altezza. La sensazione è che quando le chitarre vengono meno, nei momenti di pausa per valorizzare le vocals, il gruppo si spenga e non offra quella potenza d’impatto che si può riscontrare benissimo in pezzi come Beyond the Apex e Council of Fools. Time Goes By e Masks sono due delle suddette ballad, discretamente valide dal punto di vista strumentale, ma prive di quel mordente che riesce a far entrare nella testa di un ascoltatore, anche distratto, un pezzo. Il che, in una ballad per una band heavy/power/thrash è tutto ciò su cui si deve puntare. Se si fallisce, si fallisce il brano nella sua interezza. Per fortuna, a risollevare le sorti di un disco poco memorabile, ci pensano alcuni tra i pezzi della seconda parte di setlist, tra cui Electrolita, maggiormente heavy nel suo incedere e con un buon lavoro delle chitarre. Questo pezzo, unito ai tre succitati, possono garantire una sufficienza all’album in sé, senza tuttavia essere in grado di elevarlo al di sopra dell’ammasso di proposte discografiche che giungono da ogni parte del mondo.

Alla fine, il disco si lascia ascoltare anche se il principale difetto è una durata fin troppo eccessiva, che rende il tutto difficile da apprezzare in una sola riproduzione. Non mancano le buone idee, le scelte stilistiche e le linee chitarristiche di grande effetto, ma il songwriting si dimostra un po’ troppo altalenante per ottenere una valutazione più che sufficiente. Eccessivo il numero di brani dall’incedere lento, nei quali si scoprono maggiormente le limitazioni della band soprattutto a livello vocale, dove il frontman Martin Klein sfoggia una timbrica delicata ma fin troppo scontata in una band del genere, senza un minimo di personalità. Strumentalmente, i brani come l’opener Apex Predator ci dimostrano di quanto la sezione ritmica Schmidt/Reimann sia affidabile e di come le due asce di Grewenig e Raber possano sciorinare riff catchy ed aggressivi, salvo poi adagiarsi sugli allori nelle già citate ballad. Se fossero stati tagliati due o tre pezzi, concentrandosi maggiormente su brani riusciti quali Apex Predator, Beyond the Apex e Council of Fools, staremmo parlando di una valutazione ben più positiva. In questo caso, purtroppo, il disco non riesce a distaccarsi dalla sufficienza complessiva, dimostrandosi un discreto esempio di heavy/thrash melodico tedesco, consigliato soprattutto agli amanti del genere. Gli altri, molto probabilmente, potrebbero trovarli eccessivamente prolissi ed annoiarsi. Certo, da una band attiva da più di una decade, è lecito attendersi di più.



VOTO RECENSORE
60
VOTO LETTORI
85 su 3 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2015
Autoprodotto
Heavy
Tracklist
1. Apex Predator
2. Creator Created
3. Enforcer (The Fire Deep Inside)
4. As Time Goes By
5. Masks
6. Council of Fools
7. Everdown
8. Electrolita
9. The Hundred Thousand Kingdoms
10. Beyond the Apex
11. Conquer Your Heart
Line Up
Martin Klein (Voce)
Dominique Raber (Chitarra)
Marco Grewenig (Chitarra)
Kai Schmidt (Basso)
Hendrik Reimann (Batteria)
 
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