Ogni parola spesa per descrivere la musica dei francesi Blut Aus Nord è sempre assai rischiosa, poiché potenzialmente limitante per ciò che vorrebbe descrivere. La musica di questa misteriosa, oscura ed inquietante entità transalpina sfugge il verbo umano, poiché non appartiene alla realtà conoscibile. Giunto a due anni di distanza dal fondamentale The Work Which Transforms God (per il sottoscritto, uno dei dischi fondamentali per la storia del metal estremo), Thematic Emanation of Archteypal Multiplicity (Soundtracks for Scientists of Occult Synchretism), EP della durata di poco inferiore alla mezz’ora, prosegue sul cammino intrapreso dalla marcescente band privandolo, però, dell’elemento black metal. L’opera è strutturata come un viaggio, una discesa verso le viscere della follia, il cui ingresso è sito nella cantina del Dio trasformato: voci eteree, distanti e riverberate, accolgono l’ascoltatore, coraggioso e desideroso di abbandonarsi alla deriva dell’inesistenza, all’inizio di Enter (The Transformed God Basemet). All’improvviso, l’estrema distorsione delle chitarre di Vindsval, per l’occasione unico musicista all’opera, si accompagnano ad una drum machine severa ed austera, mentre cori maschili tessono nenie quasi ieratiche. Superata la prima stanza, è il momento di scendere una rampa di scale e raggiungere il primo piano interrato: Level – 1 (Nothing Is) è, insieme con la precedente, la canzone più vicina al sound del summenzionato disco predecessore, sebbene sia dominata da una dilatazione che la avvicina ai lidi del doom. Vindsval. L’elettronica si fonde alle ipnotiche linee anti-melodiche tracciate dal polistrumentista, in un’orgia di disagio ed angoscia la cui voce non sono ansimi di piacere ma versi distorti, ora recitati con voce profonda ed imposta, ora con uno scream graffiante e pungente. Le mura di questo piano, umide e marcescenti, sono illuminate da un’oscurità profonda ed impenetrabile, fendibile solo abbandonandosi alla deriva verso l’assenza di essere e di coscienza; l’aria è resa pesante da un passato ignoto e fatto di dolore e disperazione; da lacrime, sudore, sangue. Scendiamo ancora, già provati nel corpo e nello spirito. Level – 2 (Nothing Is Not) è, sin dal titolo, continuazione e contrapposizione del piano precedente. Le fondamenta industrial ora fungono da base per una struttura trip hop acida e logorante. Meno cupo ma non meno angosciante, questo terzo brano rappresenta forse il capitolo più interessante ed affascinante dell’intero EP, grazie alla sua atmosfera ambigua, minacciosa e rassicurante al tempo stesso, inquietante ed adrenalinica insieme, lisergica ed asfissiante. Il passaggio in questo secondo piano è sicuramente meno pesante e difficoltoso rispetto al precedente ma funge solo da preparazione per il prossimo. Level – 3 (Nothing Becomes) è la rappresentazione della stasi, dell’immobilità. Sonorità che paiono appartenere a rituali sacri orientali si ripetono per sette minuti, accompagnate da vocalizzi vuoti che evolvono in un colosso di pietra ammuffita. Nulla diviene, in questo terzo piano, tutto è ibernato in un’eternità senza tempo: è l’ultimo istante prima del definitivo dissolvimento nella follia. Exit (Towards the Asylum), capitolo finale di questa esperienza disturbante, è una breve outro priva di musica. Tutto ciò che si sente sono suoni, rumori, voci sinistre, distorsioni. È la fine: l’esistenza ha cessato di esistere.
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