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Arctic Monkeys - Favourite Worst Nightmare
11/08/2024
( 1003 letture )
Iniziare la propria carriera con un disco che letteralmente ha fatto sfracelli, battendo record di vendita, ricevendo premi a destra e manca e diventando un vero caso a livello mondiale, per essere stati il primo gruppo a ricevere una investitura promozionale direttamente dalla rete, prima ancora di avere un contratto e un disco in vendita, è esaltante quanto impegnativo. Ma nel caso degli Arctic Monkeys, band di Sheffield che con il debutto aveva in effetti saputo realizzare uno di quei dischi “che restano” e che diventano una pietra di paragone, questo era davvero solo l’inizio. Poche storie, gli inglesi potevano contare su un talento fuori dall’ordinario come quello di Alex Turner e su uno dei migliori batteristi della scena, al quale si affiancò un grande bassista come Nick O’Malley, andando così a formare una delle coppie ritmiche più interessanti del rock moderno e la pubblicazione del primo disco, non fu che un passaggio. Per tutto il resto del mondo probabilmente no, con la stampa -in particolare inglese- impegnata a costruire la "leggenda" attorno alla band e tutti gli altri che provavano a digerire l’ennesimo esageratissimo lancio nazionalista di NME e compagnia bella, salvo poi arrendersi all’evidenza che sì, gli Arctic Monkeys erano davvero qualcosa di molto interessante, che arrivava in un momento di vero trionfo della scena britannica. Ma per il gruppo, il lungo tour e l’abbandono del membro fondatore Andy Nicholson, le acclamazioni, le esaltazioni esterne, la pressione e l’obbligo di diventare la nuova Leggenda del Rock, non sono che fasi di passaggio: l’urgenza compositiva, il desiderio e la necessità di andare oltre quanto fatto col debutto e oltre anche se stessi e la macchina che si stava costruendo loro addosso, erano molto più importanti. L’uscita dell’EP Who the Fuck Are Arctic Monkeys, nell’aprile 2006, ad appena tre mesi dal primo album, fu visto come un tentativo di capitalizzare e monetarizzare l’attenzione, ma era in realtà figlia della stessa urgenza, che portò la band a comporre velocemente il secondo disco, che fu infatti registrato nel dicembre dello stesso anno e pubblicato ad aprile del 2007.

Inizialmente esaltato e poi piano piano capito, metabolizzato e ridimensionato rispetto al primo disco, Favourite Worst Nightmare ci porta una band in via di maturazione, più sicura e spigliata e che, per questo, si prende qualche rischio in più e allarga il proprio spettro compositivo, dando il via a quella costante mutazione che diventerà caratteristica primaria del loro sound. Ancora fortemente ancorato al dominio chitarristico, il secondo album registra anzitutto l’ingresso e il notevole apporto di O’Malley, col suo suono pieno e corposo e la sua notevole presenza, tanto nel mix quanto nelle trame ritmiche, che grazie a lui e allo straordinario Matt Helders diventano ancora più centrali, prendendosi il lusso di spingere verso dinamiche complesse, diversificate e di più ampia estrazione. Le influenze garage, post punk, alternative ci sono tutte, ma ora non mancano passaggi surf rock, funk e perfino tre brani che si rivestono da ballate e rinunciano, in parte o in toto, all’intervento delle chitarre. Questo nulla toglie al gran lavoro dello stesso Turner e del sempre ottimo Jamie Cook. Anzi, inizialmente, la critica sembra cogliere soprattutto una vena comunque piuttosto aggressiva, veloce e “pesante” nel disco, che in effetti viaggia spesso su tempi elevati. Lo stesso Turner prende sicurezza e consapevolezza nel proprio ruolo di cantante e paroliere, mantenendo al contempo l’attitudine strafottente, ironica e imprevedibile, un po’ provocatrice e un po’ altezzosa, di quello che giudica gli altri e attribuisce patenti e meriti. Soprattutto, c’è ancora quel modo particolare, personale e originale di mettere insieme brani ed evidenti influenze, senza essere assolutamente innovativi, ma al contempo senza essere prevedibili, senza offrire mai veramente l’impressione di essere inscatolabili ed etichettabili in maniera chiara e definitiva.
Dodici brani per meno di quaranta minuti di durata ci parlano di un disco compatto, diretto e con pochi fronzoli e, in effetti, con soli due brani che raggiungono i quattro minuti, gli Arctic Monkeys flirtano apertamente con i tempi radiofonici, da band che ha ormai una dimensione pop dalla quale non si sente vincolata, ma dalla quale neanche desidera scappare. Il risultato è un equilibrio difficile e non sempre raggiunto tra comporre brani comunque tosti, originali, impegnativi e al contempo immediati e facilmente apprezzabili da chiunque, anche a digiuno di competenze tecniche o pretese “artistiche”, che siano però anche materiale da digerire per chi invece ha queste ambizioni. Da classifica, ma con abbastanza personalità e inventiva da soddisfare anche palati più esigenti. Un risultato che un singolo come Brianstorm raggiunge solo grazie alla spinta del successo che stava elevando il gruppo in quel momento. Non per una carenza del brano in sé, sicuramente molto più “duro” di quanto i media mondiali avrebbero apprezzato, ma anzi, proprio per il suo scarso appeal commerciale, che non regala un refrain tormentone, a fronte di un riff “orientaleggiante” che è difficile non apprezzare e di un’aggressività che piacerà a chi è abituato a sonorità più "estreme". Una sorte che tocca anche al secondo, Teddy Picker, che ricorda vagamente i The Raconteurs ed è decisamente più orientata all’alternative. D Is For Dangerous si ricorda quasi più per avere al suo interno il riferimento al titolo del disco che in sé, mentre Balaclava scorre innocua e quasi indifferente, per quanto possa esserlo un brano degli Arctic Monkeys: folle, tecnicamente complesso e divertente al tempo stesso e siamo già all’altro singolo, Fluorescent Adolescent. Qua il tono piuttosto uniforme dei primi brani cambia, con un riff rock’n’roll che ben si adatta alle liriche, con una signora piuttosto anziana che ricorda le proprie prodezze amatorie di gioventù. Un brano decisamente più “leggero” seppur sempre nella sua ironia sprezzante, che apre alla prima ballata del disco: Only Ones Who Know, bella, notturna e sospesa (il giro iniziale ricorda quello di Hallelujah), con Turner che si atteggia a crooner con disinvoltura e senza calcare la mano, dando una buona interpretazione di una canzone di livello, dopo un inizio album divertente, suonato alla grande e convincente, ma non esaltante e che si apprezza soprattutto per le invenzioni ritmiche sempre goduriose. Sarà un caso, ma da qui in avanti la band spara le proprie cartucce migliori, aumentando intensità e complessità, a partire dalla splendida Do Me a Favour, con la sua partenza soffusa e il finale in crescendo incandescente, la psicotica This House Is a Circus con la sua ritmica straniante e una linea melodica vincente, odiata dai critici mainstream e terreno di pura goduria per tutti gli altri, che si collega direttamente all’altrettanto straniante e spettacolare If You Were There, Beware, con i suoi cambi di umore e la potentissima distorsione della seconda parte. Bad Thing e la sua ritmica funk riporta un po’ di tranquillità dopo un trittico di fuoco, seppure sempre con un tempo piuttosto elevato e incalzante, che diventa particolarmente intenso, ancora, sul finale. Nuovo riff alla Seven Nation Army per Old Yellow Bricks, che alterna ancora strofe tutto sommato orecchiabili e piacevoli a cambi di atmosfera e ritmica piuttosto repentini e che confermano come sotto la patina di band radiofonica gli Arctic Monkeys abbiano ben più spessore di quanto faccia piacere ricordare. Organo che apre 505, arpeggio spettrale e notturno che ritorna protagonista, come in molte altre canzoni del disco, ma stavolta la ritmica è ben presente e il brano è nuovamente costruito in un crescendo di gran spessore, che esplode dopo circa metà canzone e regala belle soddisfazioni melodiche ed emotive.

Come anticipato, accolto con gran favore dalla critica inizialmente e poi quasi subito ridimensionato, quando pur ripetendo ottimi risultati commerciali fallirà il compito assegnato dalla critica stessa di vendere di più del primo disco, Favourite Worst Nightmare ne è in realtà un ottimo seguito. La band cresce sotto un profilo strumentale e diventa ambiziosa a livello compositivo, ampliando il proprio ventaglio espressivo, senza perdere in potenza, pur presentando tre brani che potrebbero rientrare nel novero dei “lenti”. Turner cresce anche come autore di testi, critici, cinici e ironici, continuando la sua "crociata" contro le band vendute e a caccia di successo facile, col chiaro intento di dire che lui e il suo gruppo sono altra cosa rispetto a loro. Il tutto, forse mancando il singolone che avrebbe garantito loro la consacrazione totale e che non arriverà fino al quinto AM, di qualche anno successivo, ma aprendo appunto quella crescita e mutazione che in tanti non gli hanno mai perdonato e che ne rappresenta però il motivo della longevità, avendo evitato di essere stritolati dalla macchina del successo, come accaduto ad altri. Una seconda prova ottima, sotto tutti i punti di vista, che rappresenta un passo avanti per tanti versi rispetto al debutto, pur senza raggiungerne importanza e livello per quella che è forse l’alternative band più iconica e pregnante dell’ultimo ventennio.

Presuming that all things are equal
Who'd want to be men of the people
When there's people like you?



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
70.28 su 7 voti [ VOTA]
Testamatta ride
Lunedì 26 Agosto 2024, 14.58.27
3
Recensione azzeccata, vero. Ho sempre constatato che AM è sempre decantato come il loro miglior album. Bel disco, molto, tuttavia io ho sempre preferito e ritenuto Humbug il loro album artisticamente più valido.
Kurujai
Sabato 24 Agosto 2024, 21.13.45
2
Disco godibilissimo , non un capolavoro ma dopo un esordio incredibile è piuttosto difficile ripetersi . Loro sono riusciti a superare questo scoglio con intelligenza e a darci AM : il loro gioiello. Chapeau
Galilee
Sabato 17 Agosto 2024, 14.39.10
1
Grande band gran disco. D\'accordo però con la recensione. Un passo avanti rispetto al debutto su alcuni aspetti, ma anche due indietro. Voto giusto. Gli preferirò nettamente il terzo lavoro in studio e ovviamente l\'insuperabile AM.
INFORMAZIONI
2007
Domino Recordings
Alternative Rock
Tracklist
1. Brianstorm
2. Teddy Picker
3. D Is For Dangerous
4. Balaclava
5. Fluorescent Adolescent
6. Only Ones Who Know
7. Do Me a Favour
8. This House Is a Circus
9. If You Were There, Beware
10. The Bad Thing
11. Old Yellow Bricks
12. 505
Line Up
Alex Turner (Voce, Chitarra, Organo su traccia 12)
Jamie Cook (Chitarra)
Nick O’Malley (Basso, Cori)
Matt Helders (Batteria, Cori)

Musicisti Ospiti
James Ford (Chitarra su traccia 6)
Miles Kane (Chitarra su traccia 12)
 
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