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Muse - Black Holes and Revelations
01/09/2024
( 1019 letture )
Giunti alla soglia della quarta pubblicazione i Muse giunsero ad una svolta di carriera che separerà nettamente i primi tre album da tutto il resto della loro discografia.
Dopo il successo di Absolution sarebbe stato semplice continuare a ripercorrere in maniera pedissequa il solco di un rock robusto ma tutto sommato radiofonico, con una scarpa nell’alternative e una ancorata alla musica classica. Già affermati come live band di tutto rispetto, i tre di Teignmouth potevano giocare sul sicuro. Invece Matt Bellamy e compagni hanno deciso di spaziare, incorporando nel loro sound sempre più influenze elettroniche, aprendo verso il pop e puntando su arrangiamenti sempre più complessi e ingombranti, tanto che le chitarre effettate ed esplosive, così protagoniste nelle prime tre uscite della band, in questo Black Holes & Revelations saranno per lo più relegate a comparse in mezzo agli altri strumenti.

Esempio emblematico lo offre proprio l’opener Take a Bow, dove strumenti ad arco si fondono con un synth in crescendo che solo nella parte conclusiva della canzone esplode insieme alle chitarre e alla batteria. Già in questo primo brano, un fan della band proveniente da Absolution potrebbe trovarsi spiazzato di fronte a questo arrangiamento così sbilanciato sull’elettronica piuttosto che sulle chitarre, ma è con la successiva Starlight che lo straniamento potrebbe essere totale. Base di basso pulsante, batteria in loop ridotta all’osso, melodie sfacciatamente pop. Già con Time Is Running Out i Muse avevano sfiorato la spudorata apertura radio friendly, ma con questo secondo singolo estratto da Black Holes & Revelations raggiungono (all’epoca) la vetta della commercialità. Nonostante la canzone non sia certo delle più ispirate del loro repertorio, ha quel tanto basta di appeal che la rende uno dei singoli più di successo degli inglesi. Per fortuna, ci pensa la successiva Supermassive Black Hole, primo singolo estratto dall’album, a rimescolare le carte e a proporre una versione dei tre inglesi sì inedita, ma almeno molto più convincente. Spirito funk, elettronica, ma anche chitarre taglienti, voce in falsetto effettata e un basso e una grancassa enormi suonano molto freschi e accattivanti. Nonostante non sia un pezzo fra i più pesanti del repertorio dei Muse, indubbiamente possiede un gran tiro, anche se suona in maniera molto diversa rispetto a quanto ci si potesse aspettare (da qui, scelta molto coraggiosa quella di proporlo come primo singolo estratto).
Map of the Problematique (titolo molto interessante), rappresenta la quarta traccia nonché l’ultimo singolo estratto dall’album, e nonostante sia forse un brano “minore” non per questo risulta poco riuscito o poco interessante. Anche in questo caso l’elettronica è preponderante, ma amalgamata molto bene alla chitarra, la batteria è più ancorata alle produzioni precedenti della band e il tutto, per fare un paragone, fa pensare a come potrebbero essere gli U2 se invece che basarsi sulla chitarra di The Edge si basassero su una tastiera, con una buona dose di ispirazione data dai Depeche Mode.
Soldier’s Poem è un breve pezzo acustico che fonde influenze soul, jazz e blues (con tanto di spazzola suonata da Dominic Howard) in una ballata dolente e nichilista nei confronti della pace e della giustizia del mondo, vista dagli occhi di un soldato ferito a morte sul campo di battaglia.
La successiva Invincible riporta alle atmosfere degli album precedenti, specialmente ad Absolution, con questo crescendo marziale di batteria che accompagna il brano declamato come un’attestazione di autoaffermazione personale, ma anche di lotta di classe (tutto l’album è molto politicizzato). Peccato che al contrario di brani simili della band, come Apocalypse, Please o Butterflies & Hurricanes (o la splendida b-side Coma), manchi di quella drammaticità a cui Matt Bellamy e soci possono aver abituato, e risulti un po’ insipido. Non male l’assolo di chitarra posto in coda al brano.
La sberla in faccia rappresentata da Assassin è totale. Riff killer di chitarra, basso pulsante e un Dominic Howard mai così protagonista costituiscono uno dei pezzi, se non IL pezzo, più violento del repertorio dei Muse. Indubbiamente uno dei momenti migliori dell’album.
Exo-Politics rimane il brano più debole del lotto, senza nulla di particolare da dire né dal comparto strumentale né dalla performance canora o in scrittura da parte di Bellamy. La chiusura dell’album, concettualmente si può identificare con le melodie latineggianti delle ultime tre tracce, molto diverse fra loro ma tutte altrettanto riuscite. City of Delusion è un gioiellino in cui risaltano le capacità di tutti i componenti dei Muse, e quelle compositive di Bellamy, in un brano dall’ottimo tiro che fonde classica e latina esplodendo in refrain tirati veramente ben integrati. Hoodoo parte con un solo di voce e chitarra dolente di chiara ispirazione anche qui latina, per poi esplodere in maniera drammatica nella seconda parte. Brano che riporta direttamente alle origini della band, parendo quasi un estratto dei primi EP o del primo album Showbiz. Gran lavoro di chitarra e voce che ritorna a essere (ab)usata come in passato, dopo che per tutto l’album Matt Bellamy l’ha sempre utilizzata in maniera molto addomesticata, rinunciando in molti casi all’aspirazione che lo ha reso celebre e iniziando a lavorare molto più di diaframma piuttosto che di gola (anche a causa dei problemi di salute riportati in precedenza proprio a causa degli sforzi vocali di inizio carriera). Il capitolo definitivo spetta a Knights of Cydonia, brano folle ma irresistibile, cavalcata lisergica fra western e scifi, una prima parte debitrice a Ennio Morricone e agli spaghetti western che poi muta in una cavalcata rock indiavolata nella seconda. Sarà proprio questa ultima traccia a diventare un vero cavallo di battaglia della band in sede live.

In conclusione, Black Holes & Revelations è un disco di rottura e, come ogni disco del genere, ha estimatori e detrattori in egual misura, fra chi ne elogia la struttura più libera dagli schemi dell’alternative rock originale e chi denuncia la "svendita" allo showbiz tanto criticato dalla band stessa a inizio carriera. Mancante forse della coesione interna che rende Absolution granitico e monumentale o della grinta e della freschezza di Origin of Symmetry, come di un vero e proprio "anthem" (come furono Muscle Museum, Plug In Baby e Time Is Running Out per i rispettivi album di appartenenza), rimane però insieme al successivo The Resistance appartenente a una "età di mezzo" della band meno immediata e più sperimentale, forse mancante di una direzione precisa, ma non per questo meno interessante da riscoprire.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
76.21 su 37 voti [ VOTA]
Testamatta ride
Mercoledì 11 Settembre 2024, 20.36.33
5
Un buon album, un po\' discontinuo ma tutto sommato buono. Han fatto di meglio ma sicuramente anche di peggio. Poi contiene Knights of Cydonia che, come giustamente riportato in recensione, è forse il loro pezzo più folle e irresistibile. Non ho mai visto un loro concerto, neanche in DVD, ma immagino che dal vivo sia un gran bel pezzone. Nota di merito personale per Starlight: sulle sue note (e su Fall to piecies dei Velvet Revolver) la mia signora tirò fuori un bel video ricordo dei nostri momenti prima del nostro matrimonio. Eeeh l\'amore, che ci volete fare 😆
Elio e le storie tese
Mercoledì 4 Settembre 2024, 21.04.47
4
\"Buco nero super massiccio\" CIT.
Pietro77
Martedì 3 Settembre 2024, 12.45.18
3
L\'ultimo disco dei Muse veramente rilevante a livello artistico per quanto mi riguarda. Da qui in poi dischi un po\' altalenanti
Graziano
Domenica 1 Settembre 2024, 19.21.35
2
Per me fino a The Resistance restano una band ispirata e interessante. Poi alti e bassi fino al discreto Will of the People.
Rob Fleming
Domenica 1 Settembre 2024, 18.25.03
1
Per quanto mi riguarda, i Muse imprescindibili si fermano qua. Il resto sarà buono, ma non avrà la qualità così elevata dei primi quattro stupendi album di cui Origin è il vertice assoluto (e per me uno dei più bei dischi di quel decennio., se non IL più bello). Knights of Cydonia è un brano che a mio avviso dovrebbe definitivamente mettere a tacere i critici: perfetto. Assassin ci travolge come aveva fatto Stockholm Syndrome; Take a Bow, Starlight, l\'inclassificabile City of delusion mostrano il gruppo in formissima e privo di sbavature. Il resto è ben descritto nella buona recensione di cui contesto solo il commento su Exo-Politics (come se gli Starsailor dell\'esordio si mettessero a pestare duro). 83
INFORMAZIONI
2006
Warner Bros. Records / Helium-3
Alternative Rock
Tracklist
1. Take a Bow
2. Starlight
3. Supermassive Black Hole
4. Map of the Problematique
5. Soldier’s Poem
6. Invincible
7. Assassin
8. Exo-Politics
9. City of Delusion
10. Hoodoo
11. Knights of Cydonia
Line Up
Matt Bellamy (Voce, Chitarra, Tastiera)
Chris Wolstenholme (Basso, Cori)
Dominic Howard (Batteria)
 
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