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02/11/24
EREGION
HEADBANGERS PUB, VIA TITO LIVIO 33A - MILANO
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21/10/2024
( 952 letture )
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Heavy Lifting è il primo album inedito degli MC5 da oltre cinquant’anni a questa parte, 53 per la precisione. Sarà anche l’ultimo. Wayne Kramer e Dennis Thompson, gli ultimi membri ancora in vita della formazione classica, si sono spenti all’improvviso questa primavera, a soli 75 anni. Appena a tempo per registrare i 13 brani che compongono il lavoro in questione, ma troppo presto per poterne cogliere i frutti. Un destino beffardo e crudele che, per pochi mesi soltanto, ha fatto di Heavy Lifting un disco postumo -e che non può non lasciare l’amaro in bocca. Anche perché, per realizzare il terzo full-lenght del gruppo -quarto se si considera il seminale Kick out the Jams, originariamente un live album-, Wayne Kramer ha fatto le cose in grande. Autore delle composizioni assieme al cantante Brad Brooks, il chitarrista si è circondato di ospiti di rilievo; innanzitutto il compianto batterista Dennis Thompson, presente su due brani, ma anche e soprattutto artisti del calibro di Slash, Tom Morello, William DuVall (Alice in Chains), Vernon Reid (Living Colour) o Tim McIlrath (Rise Against). Musicisti che agli MC5 devono molto e che citano il gruppo del Michigan tra le loro più importanti influenze; la loro presenza su Heavy Lifting non è dunque casuale, ma fa da ponte tra due generazioni fondamentali per lo sviluppo della musica dura. A completare questo palmarès da capogiro ci pensa il produttore Bob Ezrin (Lou Reed, Alice Cooper, Kiss), che ha supervisionato le registrazioni.
Al di-là delle circostanze tragiche che accompagnano l’uscita del disco, le premesse sono dunque più che positive. Ma rimane una domanda cruciale, relativa all’ingombrante logo che campeggia sulla copertina: è legittimo riesumare il nome degli MC5 per un lavoro che è fondamentalmente un album solista di Wayne Kramer? Certo, il Nostro è (era) accompagnato da una (notevole) band di supporto, oltre che da una marea di ospiti prestigiosi ma, in qualsiasi modo la si rigiri, il legame con i lavori precedenti appare sulla carta un po’ forzato; non solo perché la maggior parte dei membri originali sono scomparsi, ma soprattutto perché il contesto storico ed artistico, in special modo per quanto riguarda lo sviluppo del Rock, sono completamente diversi. D’altro canto, non possiamo negare che, se Heavy Lifting fosse stato pubblicato sotto un altro nome, forse non saremmo qui a parlarne, o in ogni caso con aspettative ben differenti. In fondo, quello che più conta non è il moniker sulla copertina, ma la musica che si cela sotto di essa. Forse, la maniera più facile di dare una risposta al quesito di cui sopra è proprio lasciar parlare la musica. E questa parla chiaro.
Inutile girarci intorno, Heavy Lifting è una bomba. Il disco deriva liberamente tra rock muscolare, blues, rock’n’roll, sprazzi psichedelici e afflati funk, senza fissarsi su un genere preciso ma dipanandosi in maniera coerente e solidissima. Il risultato è esplosivo e, come mostrato sin dalla title-track posta in apertura, capace a tratti di picchiare parecchio duro. Heavy Lifting è un macigno. Il brano rotola schiacciato tra un riff incendiario e una sezione ritmica tellurica, arricchito dalle trovate chitarristiche di Tom Morello. Spicca la voce carismatica di Brad Brooks e, soprattutto, la produzione, sanguigna, spessa, spettacolare. Un elemento questo che nobilita senza dubbio i brani del disco e che mette in luce un songwriting stratificato e complesso, ma che non pregiudica l’immediatezza estrema delle canzoni. Tra gli altri episodi più duri segnaliamo anche la seguente Barbarians at the Gate, hard rock d’antologia che sfoggia un ritornello in crescendo davvero riuscito. Il testo porta sull’attacco contro il Campidoglio del 6 gennaio 2021 e mostra come Kramer non abbia mai davvero abbandonato il militantismo degli esordi. Uno dei momenti migliori del lavoro. Black Boots unisce una volta di più impatto e ammiccamenti melodici, così come Edge of the Switchblade, brano che vede gli interventi di William DuVall e Slash, autore di un bell’assolo. Certo, siamo lontani dalla potenza primitiva sprigionata da Kick out the Jams, ma sarebbe stato sciocco aspettarsi il contrario; una tale intensità non è mai più stata eguagliata nemmeno all’epoca, dall’intera formazione originale, figuriamoci oggi. Se dovessimo azzardare un parallelo, Heavy Lifting si pone abbastanza vicino al precedente High Time (1971). Vi ritroviamo lo stesso rock spesso e carnoso, con 50 anni di esperienza in più nelle mani, dei comprimari inimmaginabili e una produzione stellare; questo per dire che il paragone diretto è impossibile, ma il nuovo lavoro degli MC5 ha parecchie frecce al suo arco. Come le belle melodie che lo attraversano, specialmente nei suoi momenti più “leggeri”. Così l’hook memorabile di Can’t be Found, il refrain pomposo e trionfale di Twenty-Five Miles, o ancora Blind Eye, solare e trascinante. Citiamo anche Because of Your Car e Blessed Release, giocosa e scanzonata la prima, più groovy e torbida la seconda. Change No Change si scioglie invece in un andamento tremolante e psichedelico, attraversato dalle incandescenti scariche delle chitarre, fino all’ipnotico ritornello. Le influenze funky evocate sopra si palesano con forza nella divertente I am the Fun, brano smaccatamente seventies, così come nella conclusiva Hit it Hard, animata dal sassofono di Joe Berry (M83).
C’è insomma tanta varietà in Heavy Lifting, tanta professionalità, tantissimo mestiere. Ma anche e soprattutto una manciata di brani estremamente riusciti e coinvolgenti, ancora prima che ben confezionati. Sul fronte puramente musicale, l’album convince dunque appieno. Heavy Lifting si lascia ascoltare con grande piacere senza presentare passaggi a vuoto o momenti meno ispirati, ma restando costantemente su ottimi livelli. La pertinenza del nome MC5 appare forse meno evidente, ma, ad ascolto ultimato, non del tutto pretestuosa. Se il contesto di uscita è radicalmente diverso, la musica è sufficientemente prossima per giustificare una tale scelta. L’impatto e l’importanza rivoluzionaria dell’esordio sono irraggiungibili, ma questo discorso vale per tutti i lavori che seguono un album precursore, per sua stessa natura irripetibile, o che vengono pubblicati dopo molti anni di silenzio discografico. Non è dunque fuori luogo vedere in Heavy Lifting un lontano, ma pur sempre diretto successore di High Time. Soprattutto, l’album fa onore al nome del gruppo, che certo non sfigura di fronte a brani di questa qualità. Difficilmente dunque Wayne Kramer poteva fare di più, e difficilmente un disco degli MC5 poteva suonare meglio nel 2024. Peccato solo che il chitarrista non sia più qui per raccogliere gli elogi che si merita per il presente lavoro e, più in generale, per il contributo fondamentale che ha dato alla nostra musica preferita. Se il suo lascito è immenso, Heavy Lifting rappresenta pur sempre un efficace, riuscito e piacevolissimo colpo di coda.
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4
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MC5 con il Logo con i Colori degli Usa o della Russia? O di entrambi? Ecumenici magari.. |
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3
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Questi progetti non mi convincono. |
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2
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Mai, mai e poi mai, questo verrà ricordato come un album degli Mc5. Forse un inedito di pezzi di Kramer, qualcosa di postumo appunto, di avanzi, insomma, tutto fuorchè pensarlo un album della leggendaria band di Detroit. Poi c\'è pure quel prezzemolo comunista (che però ha fatto soldi con la Sony) di Morello. Che valenza può avere come ospite uno del genere? è stato pure ospite di quella band...come cazzo se chiama?... non ricordo, insomma, quelli pompati dalla stampa e che mi son pure ritrovato sulle bollette della Tim.
Mc5: Kick out the Jams-Back in the USA-High Time. bastano questi semi per l\'immortalità. |
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1
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La copertina però è decisamente ORRIDA. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Heavy Lifting 2. Barbarians at the Gate 3. Change, No Change 4. The Edge of the Switchblade 5. Black Boots 6. I Am the Fun 7. Twenty-Five Miles 8. Because of Your Car 9. Boys Who Play With Matches 10. Blind Eye 11. Can’t Be Found 12. Blessed Release 13. Hit it Hard
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Line Up
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Brad Brooks (Voce) Wayne Kramer (Chitarra, Voce) Stevie Salas (Chitarra) Vicki Randle (Basso) Abe Laboriel Jr (Batteria) Winston Watson (Batteria)
Musicisti ospiti
Tom Morello (Chitarra su traccia 1) William Duvall (Voce su traccia 4) Slash (Chitarra su traccia 4) Tim McIIrath (Voce su traccia 5) Dennis Thompson (Batteria su tracce 10 e 11) Vernon Reid (Chitarra su traccia 11) Joe Berry (Sassofono su traccia 13)
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RECENSIONI |
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