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Blind Golem - Wunderkammer
10/02/2025
( 1279 letture )
Il controllo delle passioni è da sempre uno dei punti chiave di letteratura, poesia, psicologia, teologia, filosofia mondiali, nonché inevitabilmente uno degli aspetti più complessi e controversi dell’arte del vivere. Riuscire cioè ad avere il controllo delle proprie pulsioni e non divenirne schiavi, disposti a tutti pur di soddisfarle e incapaci di capire quando questa fame insaziabile sta divorando la nostra stessa vita, conducendoci verso gorghi di insoddisfazione dai quali non è possibile scappare. Prendendola un po’ larga, è questa una delle possibili chiavi di lettura che si può scegliere trovandosi davanti l’opera dei Blind Golem. La band veronese, infatti, come prima di loro avevano fatto i magnifici Wicked Minds, ha scelto di dedicare totalmente se stessa all’amore per il rock settantiano e, in particolare, per quell’hard prog venato di epicità che ha fatto la fortuna degli Uriah Heep, dei Magnum e, in diversi frangenti, di Deep Purple e Rainbow. Dopo l’ottimo debutto A Dream of Fantasy del 2021, nel quale la band coronava anche il sogno di avere come ospite proprio Ken Hensley, il gruppo era chiamato a superarsi, confermando quanto di buono emerso e, in qualche misura, per dimostrare di essere capaci di andare oltre quello che era il marchio di fabbrica dei Maestri ispiratori.

La realtà è però che i Blind Golem adorano davvero quello che fanno e la musica che li ha ispirati, a un livello tale che la loro proposta risente in maniera così evidente della matrice identitaria settantiana, da non sentire il bisogno di staccarsene in alcun modo. Anzi, Wunderkammer non fa che ribadire e implementare questa dimensione, tuffandosi appieno nelle atmosfere di Demons & Wizards, The Magician’s Birthday e Sweet Freedom. Non mancano evidenti richiami anche a Deep Purple e Magnum, come anche qualcosa di diverso, del quale parleremo dopo; ma, in sostanza, ascoltando le undici canzoni per quasi un’ora di musica che compongono Wunderkammer è inevitabile sentirsi trasportare di peso verso un periodo e un’epoca ormai lontani eppure quanto mai ancora affascinanti. Merito inevitabilmente di una compagine di ottimi musicisti, grandi interpreti ciascuno del proprio strumento, come testimoniano tanto le parti soliste, quanto gli splendidi e curatissimi arrangiamenti strumentali e vocali. Se gli Uriah Heep riuscivano a creare tutto questo con un ritmo compositivo che ha pochissimi eguali nella Storia dell’hard rock, i veneti non sono da meno in termini qualitativi, riuscendo a tirar fuori un secondo disco di grande livello e spessore. Dieci sono le composizioni originali, mentre Green Eye è una cover proprio degli Uriah Heep e la sfida è quella di rendersene conto, rispetto al resto del materiale composto dalla band. Perfino la prova vocale di Andrea Vilardo, che pure contiene qualche indiscutibile inflessione metal, è totalmente riconducibile a un attento studio dello stile di David Byron e Bernie Shaw. Naturalmente, in quest’ottica, la copertina di Rodney Matthews costituisce solo la ciliegina sulla torta di un album interamente voluto e sentito secondo una precisa Maniera.
Quasi inutile scendere nel dettaglio delle canzoni, dovendo per forza poi far riferimento quasi sempre agli stessi modelli, ma sarebbe quasi crudele non evidenziare la grandezza di brani quali Endless Run, che alza decisamente il livello dopo la discreta opener Gorgon e l’ottima Some Kind of Poet, la quale contiene un break centrale che non dispiacerebbe affatto a Glenn Hughes. Semplicemente perfetta la sequenza successiva, fino a It Happened in the Woods: difficile non emozionarsi di fronte al refrain di Man of Many Tricks, se si amano certe sonorità, o per i sempre melodicamente perfetti assoli di Silvano Zago, che sceglie di far cantare la propria chitarra rifuggendo lo sfoggio tecnico ed esibendosi anche con la slide; ancora, il riff portante di Golem! non potrà non risvegliare certi ricordi e certo tutto il brano fa scorrere brividi revivalistici, come la dolcezza di Just a Feeling. Discorso a parte per It Happened in the Woods: questa è la traccia più propriamente prog del disco e anche quella in cui la band osa qualcosa in più in termini di personalizzazione. Il risultato è decisamente premiante, trattandosi di uno dei brani più belli e interessanti del disco, segno che i Blind Golem hanno qualcosa di più da dare che non il comunque ottimo gusto manierista. La parte finale del disco è anche la più rockeggiante, con il ritmato singolo Born Liars, Green Eye e il piacevolissimo quanto giustamente autocelebrativo strumentale Golem Reprise… Enter the Wunderkammer, con uno Zago spumeggiante.

Torniamo quindi al punto iniziale: Wunderkammer è un gran bel disco di hard prog settantiano, come non se ne sentono molti, sia in termini di prova strumentale, sia per qualità compositiva complessiva, con brani belli, stratificati, che è un piacere ascoltare. Tutto bene, quindi? Sì e no. E’ un disco volutamente fuori dal tempo, questo è chiaro. E’ anche un disco quasi totalmente derivativo, ammesso che sia semplice comporre brani in questo modo. E’ un disco che in una certa maniera esplode di passione per certe sonorità e che non esisterebbe senza questa. Ma basta la passione, quando si parla di musica? E’ la giustificazione a tutto, quando è evidente che per la quasi totalità questo è un album che prende un certo modo e lo ripropone in maniera pedissequa? L’ispirazione c’è, come detto ed è di alto livello. Il che, volendo, potrebbe anche bastare. La risposta però è lasciata all’ascoltatore: chi si crogiolerà in questo disco e chi lo troverà stucchevole e inutile, addirittura. Il fatto che il gruppo almeno in un episodio abbia dimostrato di aver qualche arma in più, spingerebbe a desiderare una maggiore personalità e un album più proprio e coraggioso. D’altra parte, l’equilibrio raggiunto dai Blind Golem è tale che sembrerebbe quasi ingiusto chiedere loro di abbandonarlo. La chiave resta l’ispirazione: vedremo dove la band saprà andare, più avanti. Intanto, Wunderkammer conferma ampiamente le qualità del debutto e certifica che i Blind Golem sono una realtà che sarebbe ingiusto ignorare.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
94.33 su 3 voti [ VOTA]
Graziano
Domenica 9 Marzo 2025, 12.37.41
7
Finalmente ho avuto il tempo di ascoltarlo. È vero che è musica derivativa ma con un songwriting simile si chiude un occhio volentieri. 🤭
Dariomet
Sabato 8 Marzo 2025, 21.12.43
6
Meraviglioso.. musica senza tempo
metaldog
Sabato 1 Marzo 2025, 22.13.05
5
Bellissimo, i veri eredi di Magnum ed Uriah Heep.
LORIN
Martedì 25 Febbraio 2025, 17.45.54
4
album bellissimo
Lizard
Martedì 11 Febbraio 2025, 12.36.48
3
@Lele: esatto... perlomeno nella mia testa bacata, almeno... corretto, grazie mille
Rob Fleming
Martedì 11 Febbraio 2025, 12.33.32
2
Qualità sempre alle stelle.
Lele ? Warhørsê
Martedì 11 Febbraio 2025, 8.40.34
1
Zago e Dalla Riva si sono scambiati gli strumenti per quest\'album?
INFORMAZIONI
2024
Andromeda Relix
Hard Rock
Tracklist
1. Gorgon
2. Some Kind of Poet
3. Endless Run
4. Man of Many Tricks
5. How Tomorrow Feels
6. Golem!
7. Just a Feeling
8. It Happened in the Woods
9. Born Liars
10. Green Eye
11. Golem Reprise… Entering the Wunderkammer
Line Up
Andrea Vilardo (Voce)
Silvano Zago (Chitarra)
Simone Bistaffa (Hammond, Tastiera)
Francesco Dalla Riva (Basso, Cori)
Walter Mantovanelli (Batteria)
 
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