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22/03/25
THE MEFFS
ASTRO CLUB - FONTANAFREDDA (PN)
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The Vision Bleak - Carpathia (A Dramatic Poem)
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15/02/2025
( 641 letture )
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The Deatship Has a New Captain, fulminante esordio targato 2004, dei The Vision Bleak, (in arte Ulf Theodor Schwadorf e Allen B. Konstanz), aveva ricevuto i plausi della critica e il consenso del pubblico, grazie ad una riuscita alchimia tra tematiche romantiche ed esoteriche e un’interpretazione personale del gothic metal. I due musicisti sono stati alfieri fin da subito di un sound ibridato con altre forme di musica estrema e non solo, traendo ispirazione tanto dalla darkwave quanto dal black metal sinfonico. Forte di un debutto così riuscito ed accattivante, il duo tedesco non ha atteso molto a scrivere, comporre e produrne il seguito, lavorando incessantemente alla stesura dei brani inediti che sono andati a costituire il secondo full length dei The Vision Bleak, Carpathia. Il sottotitolo, A Dramatic Poem, preannuncia a chiare lettere che la nuova opera del duo teutonico è a tutti gli effetti un concept album che narra le vicissitudini di un uomo d’affari (il protagonista rimane volutamente anonimo), che ha la fortuna o la sfortuna, di ereditare la casa di famiglia, ubicata nella catena montuosa dei Carpazi. Un nome questo che richiama il classico dello scrittore irlandese Bram Stoker, Dracula e, in generale, la letteratura gotica imparentata con il mondo notturno dei vampiri. Eppure, i The Vision Bleak rifuggono da questi stereotipi, attingendo invece alla prosa di un altro grande della letteratura horror, lo statunitense H.P. Lovecraft, sovrapponendo le tematiche tipiche dello scrittore di Providence alle nebbiose e suggestive montagne della Transilvania.
Di pari passo la musica di Carpathia sembra seguire questa strada, andando ad erigere un palazzo che rispecchia stili architettonici diversi, seppur eretti su fondamenta gotiche. Dopo un’introduzione sinfonica, la prima vera composizione, Secrecies in Darkness, deflagra con un impatto veemente: ritmi sostenuti e riff di chitarra al limite del thrash fanno da base al canto greve ed enfatico di Allen B. Konstanz, accompagnato per l’occasione dalla cantante lirica Sophia Brommer, alla quale è affidato il compito di addolcire e smussare un brano affilato come un rasoio. La title track prima e Dreams in the Witch-House poi, virano su territori prettamente gotici: il pianoforte e le partiture sinfoniche acquistano un peso ed una presenza scenica maggiori, conferendo alle composizioni una dimensione da colonna sonora di film horror, senza però che le chitarre, robuste e potenti, abbandonino mai il campo. La forza di Carpathia, per tutta la sua durata è quella di non sbilanciarsi mai sul versante sinfonico e operistico, mantenendo il metal, nelle sue varie forme, come struttura portante dei brani che lo compongono. Dopo Sister Najade (The Tarn by the Firs), ibrido tra Paradise Lost e The Sisters of Mercy, i The Vision Bleak sfoderano una trilogia di brani che chiudono in un crescendo tragico e disperato le trame di Carpathia. L’atmosfera generale delle ultime composizioni è permeata da un’aura maligna, non a caso proprio nei brani che si legano indissolubilmente alla letteratura di HP Lovecraft e a quella frangia del metal che trae dall’esoterismo e dall’horror le sue principali fonti d’ispirazione. The Curse of Arabia, sorretta da orchestrazioni orientaleggianti e un riffing affilato e tagliente, possiede infatti il pathos dei migliori Mercyful Fate, band che per tematiche e stile ha da sempre una forte influenza sulla musicalità dei The Vision Bleak. Ma è con Kutulu! che il duo tedesco può mettere magistralmente in scena il genere che definisce come horror metal: il tono sempre più cupo della chitarra e il battito pulsante di basso e batteria dipingono con suoni e note distorte il rituale che ha richiamato entità maligne da un altro piano dimensionale, mentre la congrega di fedeli intona con ipnotica cadenza il blasfemo incantesimo d’evocazione. La conclusiva suite, The Charme is Done, richiama gli inglesi Cradle of Filth, in una versione più lenta, tetra e martellante del black metal sinfonico trademark della formazione albionica, e per l’occasione la voce di Allen B. Kostanz, austera e declamatoria per tutta la durata dell’album, è accompagnata da Ulf Theodor Schwadorf che può lasciarsi andare ad un raro sfogo di harsh vocals. La sezione conclusiva del brano viene affidata interamente alle orchestrazioni che chiudono Carpathia con un greve e malinconico finale, dove non viene lasciata speranza alcuna alle sorti dello sfortunato protagonista.
La seconda fatica sulla lunga distanza dei The Vision Bleak vede il duo riprendere ed espandere quanto proposto nel debutto, concatenando le singole composizioni in un’unica vicenda, con il risultato di perdere in parte in varietà stilistica e imprevedibilità, ma di arricchire le trame della propria musica di suggestioni visive mai così vivide ed evocative, con immagini e paesaggi che scandiscono il progredire della storia. L’accompagnamento sinfonico e le orchestrazioni, a esclusione dell’incipit e del gran finale, rimangono sempre al servizio di un gothic contaminato dai differenti generi del metal, riconducibili tutti alla narrazione in musica dell’arcano e dell’orrore in tutte le sue forme. La cura dei dettagli, sia in fase di arrangiamento che nella scelta delle immagini e fotografie che impreziosiscono le edizioni in vinile e in CD dell’album, sono il degno completamento di un’opera ricca di riferimenti e citazioni. Carpathia è a tutti gli effetti un prodotto artistico che acquisisce un appeal trasversale, stuzzicando l’ascoltatore ed invitandolo ad approfondire non solo la musica, ma pure i testi che rievocano pagine e fotogrammi di tanta letteratura e cinema horror. Il coinvolgimento è totale, bastano infatti pochi minuti di ascolto ad occhi chiusi per farsi trasportare là dove la storia è incominciata: ad accoglierci sarà in principio il sibilare del vento tra le cime e, infine, riaprendo gli occhi, lo spettacolo esaltante ed inquietante delle foreste nebbiose e taciturne al crepuscolo, perduti per sempre nella magia dei Carpazi.
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8
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Grazie della recensione. Ho scoperto quest\'album stasera, e ne sono lieto. |
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7
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@Graziano Grazie anche a te, consigli preziosi |
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6
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Ciao Barfly, anche per me Deathship e Carpathia. Comunque non hanno mai fatto album album negativi. Per chi ama letteratura e cinema horror è sempre divertente scoprire riferimenti e citazioni nella loro musica. |
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5
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@Enry Grazie, allora ascolto prima Carpathia |
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4
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Barfly, probabilmente si insieme al debutto, dischi brutti mai fatti secondo me. I primi sono più diretti l\' ultimo più dark e atmosferico, ma sempre buona qualità complessiva. |
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3
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Ho apprezzato molto l\'album del 2024 e prima non li conoscevo. Chiedo a chi ne sa più di me...è questo Carpathia il loro più bello? |
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2
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Finalmente qualcosa di interessante!
Qui erano ancora ottimi e li vidi pure dal vivo durante il tour di questo album! Secrecies in darkness era una bella legnata!
Loro musicalmente mi ricordavano abbastanza un mix tra i Diabolique e i Type of Negative. |
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1
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Grande album, il loro migliore. Band che all\'inizio mi aveva illuso di poter fare album capolavori e che poi si è sgonfiata con discreti lavori un po\' tutti uguali. Peccato. Voto 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Drama of the Wicked 2. Secrecies in Darkness 3. Carpathia 4. Dreams in the Witch-House 5. Sister Najade (The Tarn by the First) 6. The Curse of Arabia 7. Kutulu! 8. The Charm Is Done
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Line Up
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Ulf Theodor Schwadorf (Chitarra, Basso, Voce) Allen B. Konstanz (Voce, Batteria)
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RECENSIONI |
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