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22/03/25
THE MEFFS
ASTRO CLUB - FONTANAFREDDA (PN)
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Killswitch Engage - This Consequence
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03/03/2025
( 986 letture )
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I Killswitch Engage non fanno metalcore, loro sono il metalcore. Quello “vero” delle origini, il guado naturale tra l’hardcore metallizzato statunitense e il death nativo di Göteborg ad inizio millennio divenuto il cardine della NWOAHM, movimento di ripresa dei principi stilistici heavy metal in un contesto all’epoca indelebilmente marchiato dal fuoco della novità.
Oggi invece il peso della storia comincia a reclamare il conto essendo trascorso un quarto di secolo esatto dall’uscita del primo album e i ricordi -comprendenti vittorie, sconfitte, gioie e dolori- si affastellano con rapidità e un pizzico di nostalgia: il grezzo metallic hardcore di Killswitch Engage, l’apogeo datato 2002-2006, la flessione del secondo omonimo, l’addio di Howard Jones e il rientro di Jesse Leach, il nuovo inizio con Disarm the Descent e in ultimo l’assestamento di Incarnate-Atonement; riavvolgendo il nastro, sono queste le tappe principali che hanno elevato il gruppo di Westfield a icona assoluta della categoria metal in esame e un modello di riferimento per tutti gli epigoni che hanno cercato di seguirne le orme.
Fermi dai tempi pre-covid (in mezzo solo l’Ep Atonement II: B-Sides for Charity e il Live at the Palladium), i KSE entrano negli anni ’20 con il nono timbro della carriera intitolato This Consequence, un lavoro atto a ribadire in maniera genuina la dedizione al versante melodico del metalcore. Artwork di Mike D. (un sepolcreto di automi incapaci di eguagliare l’esistenza umana?), sua maestà Adam Dutkiewicz a produrre, nei testi il rapporto tra la fede cristiana e i mali di un’esistenza prigioniera di guerre e odio: sì, il macrocosmo della band permea ogni aspetto della tracklist fin dall’opener Abandon Us, sostenuta nel comparto ritmico, tirata nell’aggressione vocale delle strofe, accorata e sensibile nella mestizia dei ritornelli. Gli assoli di Adam valgono come benvenuti orpelli e le modulazioni harsh di Jesse rassicurano per qualità e tenuta (un fattore non secondario dopo l’intervento chirurgico del 2018) anche quando vanno ad inasprirsi in un brano pungente come Discordant Nation, frazionato da accenti thrash, scariche di blast-beat e rifiniture di cristallino melodeath. L’estatica armonia udibile nell’intro di Aftermath cede presto il terreno allo scream di Leach (in alcune parentesi non completamente a fuoco), ma l’ultimo espressivo refrain a due voci è una degna ricompensa prima del tuffo al cuore suscitato da Forever Aligned, nel disco la vetta più alta mediante la convergenza di passato e presente, metallic hardcore e melodic metalcore uniti in un singolo perfetto dai registri unclean all’intensità vibrante dei ritornelli, dall’eco testuale di Alive or Just Breathing fino all’outro simile ad un abbraccio collettivo tra il gruppo e i fan durante l’epilogo di un concerto.
La power ballad christian metalcore I Believe rifulge grazie all’ispirato slancio melodico di Jesse, dopodiché si assiste ad un cambio di passo nell’incedere fiero e autoritario della vendicativa Where It Dies (spigoli thrash a vista e assolo inclusi), alla quale fanno seguito la rabbiosa denuncia politica di Collusion e l’inaspettata cattiveria di The Fall of Us, un assalto all’arma bianca dispiegante blast-beat, solchi gutturali e rimbombanti breakdown. Verso il termine riveste particolare interesse l’angolazione stilistica offerta da Broken Glass, due minuti in cui i ritmi si appesantiscono e le melodie canore vengono immerse in un plumbeo scenario dal taglio alternative idealmente affine agli Alice in Chains. Al contrario del titolo, Requiem non suona affatto come una resa e, nell’incrociare un’ultima volta metalcore e propulsioni thrash, divulga un inno alla resistenza fisica/spirituale da tenere a mente nel duro percorso della vita (we emerge from the pain again, this is not our requiem, I swear this is not the end, this is not our requiem).
Asciutto e dritto al punto, This Consequence riafferma con orgoglio lo status dei Killswitch Engage, veterani di lungo corso inattaccabili per esemplarità, affiatamento, passione e coerenza. I nuovi brani hanno le stimmate di quel metalcore che loro stessi hanno contribuito a far prosperare (a parte l’esperimento riuscito di Broken Glass) e, tolti un paio di ritornelli meno impattanti e qualche linea harsh stridente, la nona prova in studio costituisce un’ottima celebrazione dei venticinque anni di attività su larga scala, un traguardo meritato se posto in relazione ad una line-up che ha saputo firmare pagine ispiratissime nel diario del metal post-2000.
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3
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Lo ritengo il loro migliore, senza dubbio.
A tratti troppo indulgente nelle melodie zuccherose e troppo intriso di fede cristiana (che da buon atro anticlericale mi smonta parecchio l’entusiasmo).
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2
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Mi spiace non essere d accordo ma questa volta i KE hanno fatto un mezzo flop.
Poco ispirati e poco incisivi un paio di ascolti e finita li.
Peccato perchè ci contavo.
Se posso spoilerare dico solo il nuovo degli architects.....wow |
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1
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....grandi.....una solida certezza..... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Abandon Us 2. Discordant Nation 3. Aftermath 4. Forever Aligned 5. I Believe 6. Where It Dies 7. Collusion 8. The Fall of Us 9. Broken Glass 10. Requiem
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Line Up
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Jesse Leach (Voce) Adam Dutkiewicz (Chitarra, Voce) Joel Stroetzel (Chitarra) Mike D’Antonio (Basso) Justin Foley (Batteria)
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RECENSIONI |
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