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Paul Chain - Violet Art of Improvisation
08/03/2025
( 710 letture )
La musica è universale, esiste aldilà degli uomini, gli uomini vi sono dentro.
Paul Chain

Pubblicato per la prima volta nel 1989 su doppio LP da Minotauro Records, Violet Art of Improvisation e un’opera unica e a tratti atipica in una discografia che negli anni Ottanta aveva già iniziato a recidere i legami più stretti e soffocanti con il doom e il rock in generale. Infatti, parallelamente ai Death SS, il musicista pesarese Paul Chain aveva formato, con alcuni membri della band madre, i Paul Chain Violet Theatre, con l’obbiettivo di sviluppare una musicalità più aperta e sperimentale, seppur entro determinati canoni. Questo progetto dopo lo scioglimento dei Death SS, era divenuto il centro nevralgico della filosofia artistica fuori dagli schemi di Paul Chain. Negli stessi anni si era unito, in veste di tastierista, alla garage glam band Boohoos, fautori di un rock melodico e alternativo, divenuti ben presto richiestissimi dal vivo. Sono anni dettati da ritmi vertiginosi che, come ammesso dallo stesso Paul Chain, ne hanno minato la salute e il fisico: l’alternanza del lavoro presso la Camera di commercio di giorno e l’attività live quasi tutte le sere in giro per l’Italia con due diverse band, un matrimonio nato e fallito in pochi anni, la morte di uno dei suoi più cari amici, il fotografo Giuseppe Cardone, sono tutti elementi che hanno logorato l’artista fino a spingerlo o forse obbligarlo a compiere una scelta di vita diametralmente opposta. Sciolti i Paul Chain Violet Theatre, Paul Chain decide di mollare anche il lavoro da impiegato e investe i risparmi di quegli ultimi anni nella creazione di uno studio di registrazione privato presso il quale produrrà oltre che il proprio lavoro tantissime realtà indipendenti della scena italiana. Anticipato da alcuni EP dove già figura il moniker Paul Chain, Violet Art of Improvisation rappresenta a tutti gli effetti un rito di passaggio: l’abbandono della vecchia vita, costituita da impegni e fitte scadenze, per quella nuova contraddistinta da una ritrovata e consolidata libertà artistica.

Il nuovo album, che nel titolo mantiene riferimenti al colore viola, tanto caro all’artista pesarese, può essere idealmente suddiviso in due parti distinte, e raccoglie inediti ed improvvisazioni registrati in vari momenti degli anni Ottanta. L’opera si apre con Tetri Teschi in Luce Viola, che con la successiva Emarginante Viaggio, proviene da jam sessions incise addirittura nel 1981, composizioni queste che vedono il musicista pesarese accompagnato dalla sezione ritmica dei Death SS, Claud Galley al basso e Thomas Hand Chaste alla batteria. La lunga suite d’apertura riflette ampiamente le sperimentazioni intraprese con i Paul Chain Violet Theatre, l’intro dell’organo prelude ad una mezz’ora delirante in cui la chitarra si lancia in lunghe e strazianti divagazioni mentre organo e synth emergono ad ondate sempre più frequenti, una marea di space rock allucinato e psichedelia elettronica che sfociano nel noise più assoluto e decostruito. Batteria e basso seguono per tutta la durata della composizione lo stesso pattern ritmico, un orologio cosmico che inesorabile ed impietoso scandisce il trascorrere del tempo. X Ray risale invece al 1984 e pur nella sua imprevedibilità, si avvicina maggiormente al proto doom e all’hard rock psichedelico di fine anni Sessanta. Nonostante la lunghezza, il brano, scarno e diretto, si fa apprezzare per le fughe solistiche di Paul Chain, che alterna riff e assoli a piacere, e la perizia della sezione ritmica che si adatta all’unisono all’umore ondivago delle improvvisazioni chitarristiche.
La seconda parte di Violet Art of Improvisation è una raccolta di tracce e idee registrate nel 1986: le composizioni si svestono quasi interamente di ogni struttura, mettendo in scena la personalità più autarchica e anticonformista di Paul Chain. Hammond, organo e synth prendono il sopravvento già in Old Way e saranno protagonisti assoluti di tutta la sessione da cui provengono questi ultimi brani (solo occasionalmente farà la comparsa il canto fonetico, quasi spoken word, di Paul Chain). Hypnosis, brano synth ambient, anticipa in embrione idee e stilemi che andranno a confluire poi nella lunga suite d’apertura di Opera 4th, Our Solitude. Emergono le influenze dei primi Pink Floyd, quelli di Syd Barrett, così come le avanguardie elettroniche tedesche degli anni Settanta. Dopo l’allucinata parentesi cacofonica in loop di Casual Two Your Mister, seguono tre composizioni che mostrano lati diametralmente opposti ma altrettanto accattivanti di Paul Chain. Celtic Rain è una suggestiva ballad dove convergono psichedelia e folk e in cui si avvertono chiaramente le influenze dei primi Tyrannosaurus Rex e dei Led Zeppelin più acustici, ma la personalità unica di Paul Chain, alle prese addirittura con la chitarra elettrica suonata con l’archetto, permette a questo brano di emergere e brillare di luce propria. Dedicated to Jesus è un canto d’amore verso il musical Jesus Christ Superstar, da sempre annoverata da Paul Chain stesso come una delle maggiori influenze artistiche e musicali. Per l’occasione alla voce compare un ospite d’eccezione, l’ex Death SS, Gilas, che si lancia in una sentita e vibrante interpretazione canora, mentre Paul Chain lo accompagna con un tappeto di synth, distorto ed inquietante riflesso dei Goblin e delle colonne sonore di John Carpenter. L’organo maligno chiude le danze in End by End, accompagnando con le sue grevi note il canto in sottofondo, inquietante e criptica preghiera di un’antica liturgia pagana, canto funebre forse, del Paul Chain del passato.

Violet Art of Improvisation è un’opera complessa e talmente ricca di idee e spunti che non basterebbero dieci recensioni a descriverne i riferimenti culturali e le influenze che lambiscono sonorità e generi disparati, se non addirittura antitetici. Paul Chain è lo stregone, il demiurgo che plasma la materia degli incubi e la trasforma nella colonna sonora della follia e del delirio. Eppure, tra cascate di synth e chitarre libere da ogni costrizione, si avvertono melodie che riverberano da dimensioni parallele, echi di note che sembrano non avere né capo né coda, ma che riecheggiano frastagliate in un infinito rincorrersi circolare. Avvicinarsi a Violet Art of Improvisation ricercando architetture già note è il modo migliore per fallire senza essere riusciti a scalfire una barriera cacofonica che di primo acchito lascia disorientati e delusi. L’unico modo per penetrare nel nucleo magmatico viola di queste composizioni è quello di lasciarsi alle spalle ogni nozione, ogni preconcetto, frantumando il guscio che costituisce la nostra osservazione analitica, il nostro spirito critico, e andare, spogliati del nostro retaggio, là dove ci porta la musica.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
75.75 su 4 voti [ VOTA]
Masterburner
Lunedì 10 Marzo 2025, 0.20.49
2
Disco super ostico, non lo ascolto da anni, devo riprenderlo con calma
Korgull
Domenica 9 Marzo 2025, 6.52.17
1
Recensione veramente ben fatta. Il disco é piuttosto complesso ma dannatamente affascinante
INFORMAZIONI
1989
Minotauro Records
Inclassificabile
Tracklist
1. Tetri Teschi in Luce Viola
2. Emarginante Viaggio
3. X Ray
4. Old Way
5. Hypnosis
6. Casual Two Your Mister
7. Celtic Rain
8. Dedicated to Jesus
9. End by End
Line Up
Paul Chain (Voce, Chitarra, Tastiera, Pianoforte)
Claud Galley (Basso)
Thomas Hand Chaste (Batteria)

Musicisti Ospiti
Gilas (Voce)
 
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