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27/05/25
BORN OF OSIRIS + INGESTED + ENTHEOS + THE VOYNICH CODE
TRAFFIC LIVE, VIA PRENESTINA 738 - ROMA
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Drunken Crocodiles - Aegony
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07/05/2025
( 687 letture )
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Aegony è la seconda fatica dei parmensi Drunken Crocodiles power trio attivo dal 2012 fondato dal bassista cantante Elia “Elo” Borelli e che solo dal 2021 ha raggiunto la stabilità con l’innesto del batterista Simone Silvestre e del chitarrista Federico Pardini.
La copertina del disco non è invitante come il contenuto della musica al suo interno e se non si viene a conoscenza del concept che ne è alla base appare ad un occhio soggettivo poco rilevante. Comprendiamo successivamente come la band attraverso l’artwork abbia voluto richiamare l’idea della stretta dell’ego sull’animo umano, l’opera è infatti ispirata alle bambole di Bellmer e nonostante il suo significato intenso genera per l’estetica impressioni contrastanti.
Il full length porta a ricredersi rapidamente invogliando all’ascolto sin dall’intro First Point of Libra che ripete la frase del filosofo Emil Cioran “Siamo costretti all’io, al veleno dell’ego”, rimembrando alle nostre orecchie le intro di Antonius Rex e solo questa analogia attira subito la nostra attenzione.
Si parte con Autojektor, un’esplosione grungy dalle prime note che poi vira su coordinate stoner, il groove è possente e ben calibrato, con il cantante e bassista Elo a narrare la sperimentazione sulla mortalità di Sergei Brukhonenko. Le parti più "morbide" e la lunghezza dei brani sembrano urlare Type 0 Negative da ogni sfumatura, anche la voce di Borelli richiama in alcuni tratti le tonalità più alte di Peter Steele da una parte e l’approccio grunge novantiano dall’altra. Le caratteristiche del chitarrista Pardini rimembrano la fangosità del periodo grunge, quello in cui non vi era propria definizione di suono e i primi Nirvana di Bleach giocavano ad imitare i Melvins che quelle sonorità le stavano ancora rimaneggiando. Tuttavia le basi chitarristiche denotano una grande conoscenza per la gestione degli arrangiamenti. L’intro di Rainmaker è da manuali dello stoner, si sente qualcosa dei Kyuss mentre la struttura del cantato denota influenze doom come nell’incedere di batteria e nel flanger della chitarra.
Povero e pazzo, a seguire la fine de Le Divin Marquis, il marchese De Sade, fuzz a manetta per questo ibrido stoner rock. Le linee di chitarra e di basso sono serrate con Silvestre a martellare dietro le pelli e a variare con tempi sincopati nell’interludio, per poi lasciare campo libero sostenendo la chitarra Pardini. Ottima anche qui la prova vocale di Elia Borrelli che dimostra una grande abilità nella gestione delle tonalità. Il brano nonostante la sua durata -poco più di sette minuti- non appesantisce l’ascolto. Homo homini lupus si apre sulla batteria di Silvestre e su noise chitarristici, prima del basso distorto di Elo. La chitarra di Pardini assume connotazioni orientali prima di una progressione stoner che accompagna all’accelerazione dove inizia il cantato. Il bridge si contraddistingue anche per un riff accattivante che conclude anche la traccia. E se nel brano prevalgono le riflessioni sull’ego e sull’istinto, nella successiva Slowburn le tematiche virano su quelle dell’ego e del razzismo, la paura del diverso. L’intro del brano si caratterizza per i suoi arpeggi di chitarra armoniosi, accompagnati dai piatti e da un cantato introspettivo, finchè una rullata non apre ad un nuovo riffing, due chitarre vengono sovrapposte con il basso a riempire il suono con i suoi fraseggi. In Behavioral Sink è il basso ad aprire su una scala orientale, e l’atmosfera tribale viene enfatizzata dal drumming, il brano sale poi d’intensità con un riffing serrato aprendosi nella parti vocali e alternando parti più lente ad altre più veloci, il cantato è perfettamente intonato e dinamico, utilizzando in alcune parti il graffiato e in altre uno stile più melodico. Il testo tratta la sovrappopolazione ispirandosi all’esperimento sui topi dei primi anni 60. Infine l’outro First Point of Aries lascia con un bagliore di speranza nelle parole di Giordano Bruno.
La varietà di questo disco è ammirevole, inusuale e finalmente si può ascoltare una band che sta creando un proprio stile, i parmensi Drunken Crocodiles stupiscono per la loro abilità e inventiva, il concept funziona e attraverso il suo sound trasmette sofferenza e disagio, rabbia che investe nelle 8 tracce del disco, in un climax ascendente che ci trascina nell’epilogo verso la speranza. La durata dei brani inoltre, per quanto lunga in alcuni casi, è propedeutica al respiro delle canzoni proposte scandendo la narrazione. L’album, anche per la produzione, risulta quindi un ottimo esempio di ciò che si può fare rimodellando i canoni di un genere in maniera personale, e ciò che hanno fatto i Coccodrilli Ubriachi, per le sonorità e le tematiche proposte è davvero ammirevole.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. First Point of Libra 2. Autojektor 3. Rainmaker 4. Le Divin Marquis 5. Homo Homini Lupus 6. Slowburn 7. Behavioral Sink 8. First Point of Aries
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Line Up
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Elia "Elo" Borelli (Voce, Basso) Federico Pardini (Chitarra) Simone Silvestre (Batteria)
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RECENSIONI |
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