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17/06/25
DEFTONES
CARROPONTE, VIA LUIGI GRANELLI 1 - SESTO SAN GIOVANNI (MI)
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11/05/2025
( 3190 letture )
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L’ascesa implacabile dei Messa non conosce battute d’arresto: la band italiana nell’arco di un decennio non solo ha conquistato un meritatissimo posto al sole, ma dopo aver raggiunto la piena maturità con il terzo album, Close, pubblicato nel 2022, ha iniziato a rifulgere di luce propria influenzando ed inspirando tanti giovani artisti alle prime armi. Già dall’esordio, Belfry del 2016, racchiuso dalla suggestiva copertina raffigurante il campanile dell’antica chiesa di Santa Caterina di Curon Venosta, sommersa nel 1950, era chiaro che il terreno era giusto per far germogliare una proposta artistica personale, fuori dagli schemi e perennemente in evoluzione. Il passaggio a Svart Records per la pubblicazione del terzo album, quello della consacrazione, aveva finalmente permesso alla formazione tricolore di uscire con forza dai confini della madrepatria e farsi conoscere a platee più ampie e sofisticate, complice un accattivante e originale mix di doom, occult rock e world music mediterranea. Il successivo Live at Roadburn ha infine testimoniato e suggellato proprio questo importante passaggio artistico, il momento nel quale i Messa hanno ricevuto un’investitura dall’alto da parte del pubblico europeo, pronto ad accogliere a braccia aperte una nuova realtà di assoluto valore e rilievo. Un piccolo terremoto che deve aver scosso le sedie degli attenti talent scout della Metal Blade Records, i quali, nel giro di pochi mesi organizzano infatti un blitz chirurgico e mirato e il 14 Ottobre 2024 annunciano in pompa magna di aver messo sotto contratto la band italiana. Nel frattempo, la formazione guidata da Sara e Marco non è stata certo con le mani in mano e nell’estate dello stesso anno ha inciso e mixato il successore del fortunato Close, presso gli studi di registrazione La Distilleria di Bassano sul Grappa. Una formazione a quattro elementi stabile, rodata ed affiatata combinata a un nuovo contratto con una delle più prestigiose label in ambito metal: un perfetto allineamento degli astri sembra benedire dall’alto la pubblicazione del nuovo attesissimo album, The Spin, avvenuta l’11 Aprile 2025.
Bissare l’album precedente a livello artistico non è certo un compito facile e in fase di composizione i Messa sono consapevoli che ricalcare le orme di Close non farebbe che generare un emulo minore, un’eco più flebile di quanto prodotto e suonato in precedenza. Probabilmente un’altra band avrebbe riproposto pedissequamente musica già sentita, sfruttando la maggiore visibilità garantita da una label discografica di prestigio come la Metal Blade Records, ma i Messa si assumono il rischio concreto di sbandare, nel tentativo di far evolvere e dirigere la propria arte verso altre ignote (e incerte) destinazioni. The Spin, già dal primo ascolto, mostra una decisa riduzione di tutti quegli aspetti folk e mediterranei che avevano in parte fatto la fortuna di Close mirando, nella sezione iniziale dell’album, a una maggiore essenzialità delle composizioni, con l’intento di proporre soluzioni più mirate e dirette. Dal doom delle origini, passando per suggestioni folk e world music, la band padovana sembra infatti proiettarsi verso sonorità affini alla darkwave e al gothic rock; trame intessute di luce e aria si tingono ora di colori scuri e vellutati, mentre la voce languida e sensuale di Sara interpreta senza paura generi nuovi e paralleli. The Spin non è certo un album di rottura, né uno spartiacque tra passato e presente, ma abbraccia armoniosamente il cambiamento, introducendo seducenti novità già nell’apertura affidata a Void Meridian. Il basso pulsante sembra per un istante rievocare le sonorità ottantiane dei The Sisters of Mercy e dei transalpini Soror Dolorosa, mentre il ritornello ultramelodico ci porta in territori ai confini dei The Gathering più sognanti. Alternative e gothic rock vanno a braccetto pure nella successiva At Races, brano che culmina in un assolo inebriante di Alberto, mentre la seguente Fire on the Roof reinsedia la matrice doom dei primi lavori dei Messa, dando libero sfogo ai riff ed una sezione ritmica martellante. La prima sezione di The Spin centellina le novità stilistiche e si attesta su composizioni strutturate e facilmente assimilabili, probabilmente studiate per una resa live più coinvolgente ed efficace. Poi, come lo stesso titolo dell’album sembra preludere, The Spin compie un giro, una sterzata verso territori più sperimentali e sale in cattedra l’estro della chitarra di Alberto, che complice gli studi in ambito jazz e blues, arricchisce di sonorità diverse dal rock la parte centrale del quarto full length dei Messa. La semi ballad Immolation ha un piede nella lounge music e vede Sara, in una veste quasi inedita, cantare con tonalità più soffuse e morbide adattandosi ai tocchi magistrali di pianoforte. Il brano poi si infiamma ed esplode in un lungo assolo di chitarra, mentre granitici riff, come un’onda nera, prendono il sopravvento spazzando via ogni traccia di melodia. E poi arriva The Dress a scombussolare nuovamente ogni parvenza di struttura. Se i primi minuti del lungo brano sono caratterizzati da un meraviglioso gothic rock alla The Gathering, ecco che nella sezione centrale della composizione le distorsioni lasciano il posto ad arrangiamenti jazz, dove la chitarra abbraccia suoni caldi e vellutati, dialogando e rincorrendo le note squillanti della tromba del musicista ospite Michele Tedesco. Un intermezzo tanto straniante quanto riuscito nel saper spezzare l’andamento prevedibile della composizione e donarle una forte connotazione personale, un marchio di fabbrica che rende la musica dei Messa unica e distinguibile. Dai fumosi locali di New Orleans si passa al delta blues dell’incipit di Reveal, brano che nel proseguo vira in territori decisamente metal, con tanto di blast beat nel finale. Il doom torna ad emergere nella conclusiva Thicker Blood, alternando riff monolitici a sezioni in cui Sara canta quasi senza accompagnamento (con forti echi del precedente Close), dimostrando, come se ce ne fosse bisogno, di saper interpretare qualsiasi ruolo le venga chiesto di mettere in scena, vestendo tanto i costumi della diva jazz che della sensuale e conturbante regina gotica.
Il quarto album dei Messa segna un ulteriore cambiamento nella musicalità del gruppo, che anche in sede di registrazione abbandona l’approccio live, preferendo incidere le tracce dei singoli strumenti separatamente. La produzione conferisce così maggiore forza d’impatto ai brani e la limpidità dei suoni permette alla chitarra di Alberto e alla voce di Sara di risplendere. The Spin si presenta come un lavoro dai due volti, dove si avverte il chiaro desiderio di svoltare stilisticamente verso soluzioni più immediate, senza tuttavia rinunciare in toto a quella verve sperimentale, a quel desiderio di rinnovamento artistico così forte nel DNA della band italiana. Se il lavoro precedente era ricco di contaminazioni e suggestioni etniche del Mediterraneo, tangente a volte alla world music, in The Spin i Messa sembrano dirigersi invece verso le rive limacciose del Mississipi, alla ricerca di suoni nuovi, sempre e comunque divergenti, in grado di arricchire e donare nuova linfa ai generi metal che interpretano con estro e fantasia. E forse proprio perché il Mediterraneo è la nostra culla e la nostra casa, questo nuovo viaggio intrapresa dai Messa verso altre mete e destinazioni, ci lascia con un pizzico di nostalgia e saudade per le note calde e sognanti di Close.
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Inferiore a Close ma comunque un discone.. per me almeno 80/85 |
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Continuano me poserate inutili. Eccellenza italiana! Ahahah |
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Non sopporto la voce, quindi non riesco proprio ad apprezzarli. Idem la roba precedente. |
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Devo dire che preferivo il loro rock psichedelico e mediterraneo. E devo dire che all\'inizio ho storto il naso per queste atmosere 80s (per quanto io mangi pane e new-wave). Mi sembravano davvero snaturati. Però devo dire che dopo qualche ascolto la parte new-wave scompare sotto la voce di Sara, davvero strumento numero uno del songwriting. Un bell\'album davvero; forse con meno effetto sorpresa rispetto a Close però Comunque diverso e interessante
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Album, secondo il mio punto di vista,, meno \"ambizioso\" del precedente, ma altrettanto valido.. Era difficile superarsi, però il risultato è di assoluta qualità. |
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Questo sfuggire dalle collocazioni e dai generi senza snaturarsi è il loro punto di forza, e a me questo suono di chitarra dark anni \'80 piace un sacco, mi ha riportato tra gli altri ai mitici Cult periodo Dreamtime/Love. Sette pezzi uno più bello dell\'altro, da assaporare piano piano, nel tempo. Non so se sia meglio di Close, forse si per i miei gusti. In ogni caso, per ora, il mio disco dell\'anno insieme agli Avatarium. Per me 85 |
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Grazie Terzadose! Li sto ascoltando e in generale mi stanno piacendo non poco! Li trovo poco impegnativi (ed è un complimento) e perfetti come sottofondo per diverse attività. Ottimo consiglio! |
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@DraKe, Abstract Void. |
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Le Marquis de Fremont son gusti soggettivi e come il buon vino, comunque buono rimane a prescindere! A me piace proprio il largo uso dei synth, orecchiabili nelle melodie e lisergici nei tappeti...ma mi fermo qui, siamo troppo O/T. Grazie per i consigli, ascolterò in questi giorni, e se @Terzadose ti viene in mente il nome della band che vorresti consigliare son ben felice di sapere di chi si tratta! Ho visto anche io una video intervista ai Messa e sì, a volte è meglio non andare ad indagare troppo a chi sta dietro alla musica per non venire deluso dalle proprie aspettative, ma l\'impressione buona per me è stata che hanno le idee ben chiare sulla direzione che vogliono dare alla loro musica e una cosa molto importante è che sanno che quest\'ultima è una faccia di un universo artistico/creativo fatto anche di un universo/immaginario che fa più che da corredo alla proposta...due aspetti a mio avviso imprescindibili e su cui pochi artisti fanno perno. Bisogna saper trasmettere qualcosa di originale in tutte le forme d\'arte e non possibili! |
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Lavoro bellissimo. Complimenti ai Messa. |
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Visto che sono stati citati i LS, ho provato a dargli un ascolto ma secondo me non ci siamo. E dire che ho sempre gradito chi, in ambito BM, aveva aperture \"cosmiche\"...
Sulle contaminazioni \"estreme\", c\'è quel gruppo (mi pare che siano russi, ma non ricordo) che mescola black e retrowave, però mi sfugge il nome. |
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Album bello davvero, ma Close è un capolavoro. |
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Rispondo a Monsieur DraKe sui Labyrinthus Stellarum. Ho sentito solo Rift in Reality ma pour moi sono un po\' troppo danzerecci. Vedrò comunque di ascoltare anche i precedenti. Segnalo invece The Roots of a Sacred Tree degli Askeesi e The Sound of Solitude dei russi Bloodbark. Scusate l\'OT.
Tornando ai Messa ho visto molte interviste e video interviste recentemente. La cantante (bravissima del resto) è un po\' \"atteggiata\" e non si capisce come definiscano la loro musica. Personalmente preferisco di più la contaminazione world music di Close. Au revoir |
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Ho ascoltato solo una volta l\' Album quindi mi astengo da un parere \"definitivo\".. Comunque 20 minuti in meno di Close.. E poi, siccome non avevo letto il titolo dei Brani, se non dopo aver terminato di sentire il Lavoro, pensavo che Reveal fosse una Cover di Iron Man. |
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Ciao Transcendence, a me ricordano più i nostri Progenie Terrestre Pura come atmosfere, anche se sicuramente il black è presente in minima parte rispetto a questi ultimi...ma faccio fatica a sentirci l\'hardcore (o post hc, metalcore...) degli Architects, che tra l\'altro mi piacciono parecchio! Comunque mi interessava diffondere ad altri la conoscenza di questo gruppo, al di là di dare un\'etichetta appropriata alla musica che propongono anche perché potremmo stare a discutere per un po\' visto che è qualcosa di piuttosto originale e contaminato...dategli un ascolto, e magari qualche redattore ne faccia una recensione! |
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x@DraKe: \"Labyrinthus Stellarum\" e \"cosmic black\" sono due cose che c\'entrano rispettivamente come i cavoli a merenda, alle mie orecchie suona come la stessa pasta R&B/Pop-rock elettronico di scuola Bad Omens e Architects, che adesso viene definito \"electronic metalcore\" pure se di hardcore non ha più neanhce la puzza, synth in prevalenza, riverbero a tonnellate, chitarre in background, basso digitale, non bastano fill in doppia cassa, blast-beat a mozzichi e scatarrate al microfono per far parte di quella scena. Già per Mesarthim, Midnight Odyssey e Lumnos il termine \"black\" cozza pesantemente, Crow Black Sky ancora ancora, Mare Cognitum pure, Crow Black Sky (dal 2015 in poi) altrettanto. |
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@Le Marquis de Fremont, suggerisco a te e a chi è interessato i Labyrinthus Stellarum, band di giovini ucraini che fanno un cosmic black ammaliante!! Poi lascerò un commento anche sui Messa, sto aspettando che mi arrivino CD e LP degli ultimi due album |
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Hanno cambiato da Close, togliendo quella parte affascinante di world music del Mediterraneo, di strumenti come l\'Oud e il Duduk. Ma resta sempre un grandissimo disco. In particolare il brano The Dress, con il duetto tra tromba e chitarra che mi ha ricordato molto Ralph Towner degli Oregon con Kenny Wheeler al flicorno in album come Old Friends, New Friends. Hanno indubbiamente classe e il songwriting è interessante e ricercato. Come disco dell\'anno se la gioca con Abur dei Pothamus e siccome sono un appassionato del black atmosferico, cito anche Nightside dei Grima e The End of Journey dei Colotyphus (i primi russi e i secondi ucraini, well...). Gira già molto sui miei device. Gruppo e musica di notevole livello. Au revoir. |
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Per me un super album. Questo gruppo ha una classe innata. Sono quei dischi che non toglieresti mai. Suoni, composizioni, mood, tutto incredibile. Generalmente ascolto altri generi metal, ma i Messa hanno un suono e delle canzoni che mi attraggono in modo particolare. Bravissimi. Per me si meritano 90 con The Spin. |
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Tralasciando il fatto che sono passati tre anni da Close e sembra uscito ieri, quindi eccoci qui a invecchiare, la qualità di questa band è indiscutibile e infatti molte riviste internazionali ne tessono le lodi. Bellissimo album, è scontato dirlo, con forse un po\' più di impegno in copertina che in molti hanno sottolineato, lavoro di chitarra molto elegante e gustoso, forse un po\' meno la produzione che per gusto personale non mi ha entusiasmato con troppi effetti sia sulle chitarre che sulla voce, ma questi sono i miei gusti. Lo preferisco leggermente meno a Close ma comunque da leccarsi le dita con loro sempre. |
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Bello, effettivamente mi ricorda in molti momenti i the gathering degli anni 90... Direi che il voto è un po\' da braccino corto... |
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Oltre alla copertina consiglio di rivedere anche i titoli degli album, con quel nome si aprono possibilità interessanti. Per esempio un bel titolo potrebbe essere In C (Messa In C), magari in 3 movimenti: Largo, Allegro e Prestissimo (senza alcuna malizia, eh... ). Oppure Ri-Messa, album di cover. E magari per un album on the road Messa In Moto. |
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Senza alcun dubbio uno dei dischi migliori ( finora ) del 2025. Eccellenza italiana. |
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Ottimo, per me 85 minimo e assolutamente non inferiore al precedente. Quoto Shock: uno dei dischi dell\'anno |
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Buon disco, non c\'è dubbio. I precedenti non li conosco, tranne qualche pezzo sparso. |
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Bello, non come Close o Feast for the Water (il mio preferito), però bello. Ma la cosa che più gli va riconosciuta è che sono sempre stati in grado di rinnovarsi pur rimanendo coerenti con il loro sound. |
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Grandissimo disco e loro sono davvero bravi. Visti dal vivo alla presentazione dell\'album a Marghera mi hanno colpito tantissimo. Avercene di band così. |
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È un gran disco. The Dress è un po\' il pezzo che ti fa dire che non sono cambiati per niente. Nei dischi precedenti si alternavano parti, anche nello stesso brano, che potevano essere lente e pesanti oppure trascinanti ma sempre sorrette da riff da scapocciamento (come Hour of the Wolf o New Horns su Belfry, o Rubedo o Dark Horse su Close) ad altre più libere, d\'improvvisazione o che si lasciavano andare a lunghe ripetizioni drone. Magari potevano osare di più aumentando ulteriormente la durata del brano o inserendo parti del genere anche in un altri pezzi. Non sono molto d\'accordo nel parlare di svolta perché sì, rispetto a Close è molto diverso (e aggiungo anche che un brano potente, grandioso, come Pilgrim qui non c\'è secondo me) ma se prendiamo Feast for Water, già lì c\'erano parecchi rimandi dark. Spero di rivederli presto dal vivo dato che sono sempre una garanzia. |
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il voto ci sta, é proprio un bel disco. unico appunto, potevano prendersi 10 minuti in piú per una copertina una pelo piú originale 😅 |
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Confermo, Close è strepitoso |
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Shock, ascoltati anche il precedente. È davvero molto bello. |
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Non li conoscevo, è il loro primo album che ascolto, ma secondo me è stupendo. Per me questo lavoro è doom solo in parte, sento influenze di vario genere compreso un certo grunge degli AIC e Soundgarden, ma anche Dool. Fire on the roof è strepitosa! Uno degli album dell\'anno. |
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6
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Bellissimo album, lo stò ascoltando a ripetizione da varie settimane e alzerei il voto di qualche punto. Non era facile ripetersi su livelli di eccellenza dopo un\'opera come Close, ma mutando pelle ci sono riusciti. Meritano tutto il successo che hanno |
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4
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MESSA male sta band... poi che originalità mettere l\'oroboro in copertina. Veri alternativi. |
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3
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A Bassano alla presentazione del nuovo lavoro hanno fatto sold out di presenze e sicuramente sono meritati i riscontri sia italiani che esteri 🤘🎸🍻 |
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2
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Bello, i Messa si confermano una delle migliori realtà italiane e non solo. Confermo il voto 77 |
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....lo sto ascoltando in questi giorni....bel disco....diverso ma ben suonato e prodotto....anche se mi mancano i territori più doom degli esordi.... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Void Meridian 2. At Races 3. Fire on the Roof 4. Immolation 5. The Dress 6. Reveal 7. Thicker Blood
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Line Up
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Sara (Voce) Alberto (Chitarra, Piano, Tastiera) Marco (Basso, Tastiera) Rocco (Batteria, Voce)
Musicisti ospiti: Michele Tedesco (Tromba) Andrea Mantione (Tastiera)
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RECENSIONI |
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