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17/06/25
DEFTONES
CARROPONTE, VIA LUIGI GRANELLI 1 - SESTO SAN GIOVANNI (MI)
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05/06/2025
( 849 letture )
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Tornano sugli scaffali gli italici Wheels of Fire, band dedita al rock melodico/AOR, con alle spalle già una buona esperienza. Il quartetto vede i suoi natali nel 2006, grazie al cantante Davide “Dave Rox” Barbieri a cui si sono uniti il chitarrista Stefano Zeni ed il batterista Fabrizio Uccellini per completare la formazione inziale. L’esordio discografico giunge 4 anni dopo, con il disco di debutto titolato Hollywood Rocks, che ottiene buone recensioni, in seguito bissato nel 2012 dal secondo album, mentre la terza pubblicazione viene stampata nel 2019: oggi a sei anni di distanza arriva il loro quarto lavoro da studio, con il qui presente All In. Un sound, il loro, che ha sempre fatto riferimento e strizzato l’occhiolino ai grandi nomi della scena americana (Bon Jovi-Journey-Bad English-Hardline), oggi con il passare del tempo i ragazzi hanno affinato le proprie matrici, immettendo nella loro miscela musicale anche altre derivazioni, curando sempre più attentamente ogni dettaglio racchiuso tra scrittura dei brani, esecuzione e produzione.
L’album si apre con Fool’s Paradise, sfoggiando un bel riff class metal che confluisce in un ritornello corale molto ben costruito, la voce del singer è decisamente convincente così come il solismo della chitarra ipervitaminizzato: ottima partenza, seguita subito da Under Your Spell, innervata da un giro di chitarra irrequieto, trapanante e un chorus memorizzabile al primo ascolto, ennesimo centro sul bersaglio, condito da cori di pregiatissima fattura. End of Time è oscura nonostante le tante tastiere presenti, l’incedere appare raffinato e i rimandi al class metal degli anni dorati è evidente (chi ha pensato ai non si sbaglia), il refrain, ancora una volta, appare azzeccato ma sono le atmosfere, gli arrangiamenti e i cori estesi a vincere e ad imporsi: bellissimo lo scambio solistico tra le key e una sei corde tecnica e ispiratissima. Resonate è una ballad potente che nasce dai sentimenti e dal cuore, rotonda, levigata e scritta con grande abilità, toccando certe leve emozionali, con un cantato che domina ogni millimetro sullo spartito e porzioni orchestrali che incidono, ricordando alcune cose degli immensi Bon Jovi, mentre 99 Lies è song saltellante che pesca a piene mani nella tradizione del genere, contraddistinta da controcori cazzuti e anthemici e da un ritornello di lignaggio elevato; bentornati negli anni Duemila con quelle ricercatezze che erano proprie di una grande band come i The Poodles. Neverland è una traccia diretta con parabole melodiche impastate con guitar infuocate e linee vocali scatenate, oltre ai consueti, pregiatissimi cori; EmpTV (bellissimo titolo) esplode su un riff gonfio e tracimante all’insegna del class, ancora una volta, con punteggiature sagaci dei tasti d’avorio; 9.29 è un’altra sventola borchiata con la chitarra di Stefano Zeni che ara il territorio con gli ampli a mille, fabbricando atmosfere molto dokkeniane soprattutto sull’inciso, e un singing, a tratti maligno, con una riuscita finale del brano di grandissima piacevolezza. Poi arriva Invisible con il suo piano e il panorama muta radicalmente gli elementi: una ballata delicata, solare, che rimanda a percezioni a metà tra la tradizione americana e la consolidata scena svedese ormai caput mundi da decenni, il tutto raggrumato intorno a striature melodiche di grande impatto per una track commovente e toccante, scritta da una band che, altroché, se sa il fatto suo. Walking on the Wire riprende a bombardare senza confini; Heaven Is Sold Out sfodera una chitarra terrosa e indomita, coralità forzute e sul ritornello porzioni melodiche a raggiera che illuminano, poi la pianistica Staring Out the Window chiude il sipario, presentando inizialmente uno slow acustico, farcito con impennate elettriche eruttanti e un percorso melodico che colpisce nel segno: ottimo come sempre il solo della sei corde.
Un disco che non ha nemmeno un momento di stasi, canzoni tutte molto belle e nessun filler, arrangiamenti di livello e una band che pesta duro all’insegna del class e dell’hard melodioso, ma con un’anima in acciaio. Un’uscita sorprendente per un combo molto maturato negli anni, che ha saputo fondere le proprie influenze, forgiando un sound calibrato, potente e tostissimo, poi chiaro che nessuno inventa nulla. Colpisce la fluidità del sound e l’abilità nel songwriting, per non parlare di una perizia esecutiva di prim’ordine: un singer bravissimo ed evocativo, chitarre piroclastiche, indomabili, una batteria che mena e un basso atletico. I Wheels of Fire sono una band tutta da ascoltare e da gustarsi. Pollice alto per questo poker di musicisti tricolori che ha fatto All In, vincendo a mani basse la partita e portandosi a casa un bottino ricco di tantissime fiches. C’mon guys!
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3
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Avete rotto il cazzo con sto Hard Rock della minchia |
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1
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Gran bel disco. Una band di indiscusso valore. Hanno tutte le carte in regola per far bene: un cantante di qualità, con un bel timbro e, diciamolo, una dizione ben sopra gli standard italici; un chitarrista che la sa lunga; una base ritmica solidissima. Il disco scorre via piacevole: songwriting avvincente, arrangiamenti, produzione. Tutto ok. Se posso dire la mia, li preferisco nei passaggi in cui le ritmiche si fanno più serrate e animano di quel groove che ci richiama gli Harem Scarem. Averne, di band così. D\'accordo sul voto. |
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INFORMAZIONI |
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Art of Melody Music/ Burning Minds
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Tracklist
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1. Fool’s Paradise 2. Under Your Spell 3. End of Time 4. Resonate 5. 99 Lies 6. Neverland 7. EmpTV 8. 9.29 9. Invisible 10. Walking on the Wire 11. Heaven Is Sold Out 12. Staring Out the Window
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Line Up
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Davide "Dave Rox" Barbieri (Voce, tastiere) Stefano Zeni (Chitarre) Simon Dredo (Basso) Fabrizio Uccellini (Batteria)
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RECENSIONI |
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