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16/07/25
SATCHVAI BAND
ARENA SANTA GIULIANA - PERUGIA
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Tetrarch - The Ugly Side Of Me
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25/06/2025
( 585 letture )
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Il nu metal è ormai da qualche anno entrato nella sua fase revival e a dimostrarlo parlano i grandi concerti evento americani (Sick New World), il ritorno di band storiche (da quelle di prim’ordine ad altre già ai tempi nelle retrovie), la scoperta effettuata dalle nuove generazioni, la ciclicità dei trend e persino la letteratura (Nu Metal Resurgence di Matthew Karpe).
In questo andirivieni temporale va situata anche la nascita degli epigoni, formatisi con questo genere di musica ed ora impegnati a riproporlo in una visione attuale dove la nostalgia incontra suoni e tecniche produttive contemporanee. L’elenco sarebbe lungo ma tra i nomi che più sono riusciti a distinguersi vanno quantomeno tirati in ballo gli schizofrenici Tallah, i deftonesiani Loathe, gli I Prevail, i From Ashes to New, i Bloodywood e ovviamente i Tetrarch, autori nel 2021 dell’eccelso Unstable, un déjà vu al cardiopalma tramite il quale rivivere la lezione dei big dell’epoca aggiornata al presente. Dai numi tutelari Korn agli Slipknot fino alla melodia dei Linkin Park (diamine, vi erano persino ombre dei Coal Chamber), il secondo album del gruppo ha saputo riassumere al meglio le peculiarità del nu metal abbinandole a certe influenze metalcore (es. il breakdown “a grandine” di Take a Look Inside) e dando libertà di manovra agli assoli di Diamond Rowe, importante evoluzione rispetto ad un passato di totale dominio ritmico.
Divenuta nel frattempo Signature Artist della Jackson (modello DR12MG EVTN6), la chitarrista in The Ugly Side of Me ha potuto anche togliersi lo sfizio di esordire dietro al microfono in un paio di episodi, l’unico e a dire il vero nemmeno imprescindibile elemento innovativo di un disco non in grado di competere ai livelli del folgorante predecessore. La ricchezza e la pluralità di linguaggi nu metal esclusivi di Unstable vengono infatti dimenticate nei meandri di composizioni ripetitive, erette su mid-tempo statici e omologati, percorsi da un riffing lineare accompagnato da un background elettronico alla stregua di mero riempimento e quasi mai valore aggiunto. Egual rammarico attanaglia la performance vocale di Josh Fore, a sorpresa monocromo e incapace di replicare linee melodiche esaltanti o i ritornelli killer ammirati quattro anni fa; salvo alcune circostanze limitate, il frontman non riesce più ad assestare quegli hook vincenti (alla I’m Not Right, You Never Listen, Sick of You, Addicted) e il grigiore del suo timbro ben si accoda -purtroppo- ad un lotto di brani intercambiabili l’uno con l’altro, non secondo un accezione particolarmente favorevole. L’addomesticamento dei Tetrarch ad ogni modo non produce scivoloni e neppure cadute di stile imperdonabili; a mancare sono la grinta, l’incisività della melodia e la caratterizzazione delle singole tracce, alquanto lontane da quelle di Unstable in un ipotetico raffronto diretto. Tale stasi creativa è percepibile nella spinta depotenziata dell’inaugurale Anything Like Myself quanto nei solchi imbrigliati di Never Again (Parasite), blande e solo accennanti la caratteristica indole groovy del nu metal. Se l’urto para-slipknotiano si è liquefatto e l’alone dei Korn va opacizzandosi il rimedio porta il nome degli Static-X, evocati nell’arrogante rifferama quadrato e nelle particelle elettroniche del binomio Live Not Fantasize/Cold, industrial-ripartenza segnata da una maggiore personalità ritmico-solista e da una prova canora distintiva di Josh, finalmente in palla nel ruolo di trascinatore. Le chitarre, figlie (riconosciute) di Head e Munky, tengono il passo nell’andatura sincopata di Erase ma il voltaggio cala di nuovo in Best of Luck (troppo breve lo sfogo urlato del bridge), si attiva ad intermittenza in Crawl e trova una stabilità nelle buie atmosfere di Headspace, ornata da synth alla Queen of the Damned e da una convincente alternanza dei registri harsh/clean utili a movimentare il dinamismo del brano. L’aura dei Linkin Park di Meteora si adagia benevola sulle riuscite trame melodiche di The Only Thing I’ve Got e la carta dell’emozionalità funziona anche nella title-track a due voci, schematizzante l’obiettivo di raccontare e accettare i lati “spigolosi” del proprio essere, complicati da interiorizzare ma allo stesso tempo quelli che rendono una persona originale o addirittura unica.
L’exploit di un top-album come Unstable, avendo innalzato i Tetrarch a portabandiera della nuova ondata nu metal, recava legittime aspettative in merito ad una riconferma di pari qualità e invece con The Ugly Side of Me la band ha frenato senza alcun preavviso. Una tracklist meno varia, il potenziale quid degli assoli non sfruttato a dovere, una strisciante prevedibilità e un range melodico inferiore al talento espresso nelle antecedenti uscite danno forma ad un ampio divario che, malauguratamente, costa al quartetto la perdita del trono, ad oggi in attesa di un erede che sappia governare il neo-formato esercito.
Del resto, conservare la leadership è molto più arduo che ottenerla.
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3
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Ascolterò con curiosità, mi associo ai complimenti per la recensione, soprattutto per la capacità di sintesi nel track by track, una rarità. |
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2
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Non ho sentito il disco ma la recensione mi è piaciuta. Bravo Jacopo.
Magari andrò a recuperarmi il disco precedente, a questo punto.
Confesso che mi piacerebbe vederci chiaro sul perchè molte band del nuovo corso partono col botto per poi implodere al terzo album (al massimo)... boh... |
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1
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Peccato sia andata così, il precedente era davvero notevole. Magari proverò comunque a darci un ascolto. Ottima recensione, come al solito. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Anything Like Myself 2. Never Again (Parasite) 3. Live Not Fantasize 4. Erase 5. The Only Thing I’ve Got 6. Best of Luck 7. Crawl 8. Cold 9. Headspace 10. The Ugly Side of Me
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Line Up
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Josh Fore (Voce, Chitarra) Diamond Rowe (Chitarra, Voce su tracce 2, 10) Ryan Lerner (Basso, Cori) Ruben Limas (Batteria)
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