|
|
07/12/25
ECLIPSE + REACH + ANDY AND THE ROCKETS
LEGEND CLUB - MILANO
|
|
Pain of Salvation - Remedy Lane
|
23/08/2025
( 1399 letture )
|
C’è qualcosa di profondamente disturbante e irresistibile nel modo in cui Remedy Lane si apre, non un tema strumentale d’impatto, ma una voce, registrata come fosse un pensiero: spezzata, riflessiva, intima. Un dialogo interiore, che arriva da lontano. Poi è il turno degli strumenti, metallici e oscuri, e comincia il nostro viaggio, si capisce che non siamo davanti a un semplice disco progressive metal, ma a qualcosa di diverso, qualcosa di vivo. I Pain of Salvation nel 2002 sono una band nel pieno della maturità creativa. Avevano già conquistato il rispetto della scena prog con Entropia, e The Perfect Element, Part I, ma con Remedy Lane Daniel Gildenlöw decide di alzare ulteriormente la posta: scrivere un concept album non su un personaggio immaginario, come nell’eccezionale One Hour By The Concrete Lake, ma su se stesso. Su esperienze realmente vissute, relazioni finite, dolore fisico ed emotivo, senso di colpa, ricerca di senso. E nel farlo, non si limita a raccontare: si mette completamente a nudo.
Il titolo dell’album è già una dichiarazione d’intenti: Remedy Lane è una via verso la guarigione, una strada tortuosa lastricata di memorie, errori, desideri e perdite. Ogni brano è un frammento autobiografico che si incastra in un racconto più grande, non lineare, ma coerente. Non c’è un eroe, non c’è una morale, non c’è salvezza definitiva, c’è solo la ricerca. Questa è la chiave per comprendere Remedy Lane: non è un concept nel senso tradizionale, con personaggi e capitoli ben definiti, ma un flusso continuo di emozioni che si rincorrono, si sovrappongono, si ripetono. Il dolore torna in forme diverse, la colpa si ripresenta mascherata, il desiderio si confonde con il rimorso. È la vita, insomma, raccontata con la lucidità di chi ha deciso di non voltarsi dall’altra parte. Il racconto autobiografico ritornerà 15 anni dopo con un altro splendido capitolo, In the Passing Light of Day ma in quegli anni era un modus operandi ancora inedito per i nostri.
Gildenlöw, in questo album più che in qualsiasi altro, scrive come un poeta, ma con l’onestà di un uomo ferito. I testi sono carichi di immagini forti, simboliche ma mai criptiche. In A Trace of Blood la metafora dell’aborto spontaneo diventa uno dei momenti più laceranti mai messi in musica, in uno dei brani più struggenti della loro intera discografia. In Undertow, invece, il dolore si fa quieto, rassegnato, come l'acqua che scorre lenta sopra una ferita ancora aperta. Le liriche non sono mai retoriche o barocche: sono dirette, crude, a tratti spietate. Si parla di sesso, solitudine, vuoto, crisi identitaria, senza maschere. Eppure, si mantiene sempre un’eleganza rara, una capacità di trasformare la sofferenza in arte senza mai compiacersi del dolore.
A livello musicale, Remedy Lane è una sintesi perfetta tra forma e contenuto. I Pain of Salvation evitano il virtuosismo fine a sé stesso e mettono la tecnica al servizio dell’emozione. Le strutture sono complesse, certo, ma mai incomprensibili. Ogni variazione di tempo, ogni passaggio strumentale, ogni riff è funzionale a raccontare qualcosa. A Trace of Blood alterna momenti di rabbia e introspezione, Rope Ends è schizofrenica e frenetica, probabilmente l’episodio migliore e più progressive metal in senso stretto, Chain Sling gioca con la dolcezza acustica ed è indubbiamente la più eclettica del disco, anticipando alcuni temi sonori del successivo Be. Beyond the Pale, traccia conclusiva, è un capolavoro nel capolavoro: una suite emotiva di quasi dieci minuti che condensa l’intero spirito dell’album con una maestria strumentale ed una tecnica senza pari.
Tutto questo sarebbe impensabile senza una band in stato di grazia. Johan Hallgren alla chitarra è melodico e misurato, capace di alternare riff graffianti e assoli evocativi. Kristoffer Gildenlöw al basso è preciso ma emotivo, i brani migliori al basso si hanno proprio con il fratello minore del frontman. Infatti, dopo la sua dipartita verranno rilasciati gli episodi peggiori della loro discografia: Scarsick e gli assoluti orrori sonori di Road Salt One and Two. Johan Langell alla batteria è dinamico, versatile, con un drumming preciso: il leader silenzioso del sound iconico della band. E poi c’è lui, Daniel Gildenlöw. Cantante, chitarrista, autore, mente e cuore pulsante del progetto. La sua voce è uno strumento espressivo fuori dal comune: riesce ad essere dolce, rabbiosa, ironica, disperata, con una naturalezza disarmante. Non canta per impressionare, ma per comunicare e riesce a farlo con una profondità che pochi artisti, in qualsiasi genere, possono vantare.
Registrato agli studi Roasting House di Malmö nel corso del 2001, Remedy Lane gode di una produzione che, pur non essendo perfetta, riesce a catturare tutta la densità emotiva dell’album. Il suono è organico, caldo, volutamente meno "lucido" rispetto ad altri dischi prog metal contemporanei. La scelta si rivela vincente: il disco non suona mai freddo o artefatto, ma vivo, reale, umano. Le tastiere di Fredrik Hermansson, spesso usate come strumento d’atmosfera, arricchiscono l’impatto emotivo dei brani senza mai sovrastare gli altri strumenti. Anche i suoni più aggressivi mantengono sempre una componente melodica che rende ogni brano accessibile, pur nella sua complessità.
L’aspetto più sorprendente di Remedy Lane è che, pur essendo così personale, riesce a essere universale. Ognuno può riconoscersi nei suoi frammenti: chi ha vissuto una relazione finita male, chi ha provato a colmare un vuoto, chi ha cercato un senso in mezzo al dolore. È un disco che parla direttamente all’ascoltatore, senza filtri, senza sovrastrutture, un abbraccio ruvido, che non consola ma comprende. Remedy Lane è un’opera che sfugge a qualsiasi classificazione definitiva. È progressive metal, certo, ma è anche cantautorato, teatro, poesia, psicoanalisi. È un diario, un atto di coraggio, una confessione, un'esperienza. Non cerca di stupire con la tecnica (anche se la tecnica c’è, eccome), ma con la verità. Non è un disco perfetto, e probabilmente non vuole esserlo. Ma è un disco che ti guarda negli occhi. Che ti sfida, ti ferisce, e ti lascia cambiato. Ed è proprio questo che lo rende così importante.
Parliamo di uno dei lavori che ha definito il genere durante il primo decennio degli anni 2000, uno degli episodi più significativi del progressive metal. Personalmente, mi sento indissolubilmente legato ai precedenti Entropia oppure One Hour By The Concrete Lake, in quanto tendo ad apprezzare maggiormente le storie non autobiografiche e il racconto bellico, ma così umano, delle tragedie di cui è capace l’essere umano, trasformando un lago in una distesa di cemento capace di uccidere chiunque vi stia vicino per più di un’ora. Ma non si discute la maestria con cui Daniel Gildenlöw ha saputo raccontare, inscenare, interpretare vocalmente e rendere in musica episodi devastanti a livello emotivo come quello dell’aborto spontaneo della propria partner. Se volete ascoltare e soffermarvi su uno dei gruppi che ha delineato questo genere, non potete perdervi Remedy Lane, ma dopo questo album e il seguente Be il consiglio è di non continuare per evitare di rimanere profondamente delusi, ma di spostarvi verso la Reality Dream Trilogy dei polacchi Riverside per poi passare ai primi due album degli australiani Karnivool. Insomma, il meglio che il progressive metal anni 2000 ha saputo creare, dove la tecnica lascia spazio alle atmosfere e alle forti emozioni.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
20
|
|
@Rob Fleming ... arguto come sempre
|
|
|
|
|
|
|
19
|
|
@Undertow, ma...ai TOOL. Dì la verità. |
|
|
|
|
|
|
18
|
|
... e mi accorgo solo ora del nick del nuovo recensore, e capisco... capisco che amiamo le stesse cose.
(Quando ho scelto il mio nick non stavo pensando ai Pain of Salvation) |
|
|
|
|
|
|
17
|
|
Torno dopo anni e anni di assenza su questo sito e godo nel vedere che la recensione è stata finalmente sostituita... giustizia a questa perla del prog metal. Grazie! |
|
|
|
|
|
|
16
|
|
@Vicarious condivido anche la tua considerazione finale: Riverside e Karnivool sono altri gruppi di quell\'epoca che hanno prodotto piccoli gioielli, i primi con gli anni (e nonostante la grave perdita di Grudziński) hanno consolidato la propria fama, i secondi purtroppo si sono persi per strada... Ne approfitto per segnalare altri bellissimi gioielli prog metal di quel periodo, e domandarti se li potrai recensire fra i dischi del passato: i connazionali Wolverine con The Window Purpose e Cold Light of Monday, i Wastefall con Self Exile e Soulrain21 (li consideravo gli eredi dei PoS, purtroppo si persero per strada pure loro), gli Oceansize con Effloresce e Everyone Into Position, i Novact con Tales From The Soul e i Mechanical Poet con Woodland Pratterls (in realtà la recensione c\'è ma è vecchia e troppo sintetica). |
|
|
|
|
|
|
15
|
|
Molto bene, condivido il voto e le considerazioni sul disco, finalmente dopo tanti anni è stata rifatto da capo questa recensione che avevo già contestato per quanto infima fosse, per fortuna adesso nello staff ci sono recensori competenti, di Renatoz (o come diamine si chiama) già era stata dovuta riscrivere la recensione di haven dei DT, mi auguro che venga rifatta anche quell\'abominio di recensione di since the day degli Insomnium e altre, sembra proprio che quel recensore volesse essere il più divisivo possibile e giudicare i gruppi che non gli piacevano secondo le sue simpatie e non secondo criteri oggettivi... |
|
|
|
|
|
|
14
|
|
Il mio preferito del gruppo. Second love ha l\'intensità del miglior Roger Waters e questo basta e avanza. Undertow la compongono solo i grandissimi. E che gioiellino è Dryad of the Woods?!? Condivido la riedizione della recensione, ma avrei lasciato la vecchia, per far vedere come la percezione dell\'album è cambiata nel corso degli anni. 85 |
|
|
|
|
|
|
13
|
|
Sicuramente un ottimo disco macchiato però da due aspetti negativi: produzione e batterista |
|
|
|
|
|
|
12
|
|
Grazie a tutti per i bei commenti a questa recensione, percepisco con estremo piacere il vostro apprezzamento per questa incredibile ed eclettica band. Concordo @Buddy su In The Passing Light Of Day, dove si trova uno dei brani migliori della loro discografia, cioè On A Tuesday. In generale un disco dove l\'alchimia tra le due voci di Daniel e Ragnar ha funzionato alla perfezione. @Gabriele guarda, sono un enorme estimatore dei PoS, ho adorato Entropia e One Hour By The Concrete Lake (i miei preferiti senza ombra di dubbio) e ho apprezzato largamente Remedy Lane e il capolavoro narrativo di Be, ma mi dispiace trovarmi in enorme disaccordo con te sui 2 Road Salt. Per me non passi falsi ma veri e propri abbagli. Da saltare a piè pari, e te lo dico da fan di lunga data (per quanto possibile vista la mia relativamente giovane età) |
|
|
|
|
|
|
11
|
|
L\'attore si chiama Daniel Day Lewis... comunque la somiglianza c\'è |
|
|
|
|
|
|
10
|
|
Vladimir Luxuria scusatemi... |
|
|
|
|
|
|
9
|
Daniel Gildenlöw sosia di Daniel Lee Lewis come Steve Vai è il sosia di Vladimir Lussuria...  |
|
|
|
|
|
|
8
|
|
Disco Eccezionale Ma\' Produzione Sonora Da Ergastolo, Specialmente La Batteria Di Pentole, Qualcosa Di Macabro, Chi Ha Masterizzato E Mixato Questo Album Va\' Castrato Subitissmo, Zac, Zac, Zac, Amen, Mortacci Loro !!!!!!!!!!!!! |
|
|
|
|
|
|
7
|
Ora che è stata messa una pezza per Remedy Lane, sarebbe il caso di proseguire l\'operazione di rivalutazione della discografia
Per niente d\'accordo sugli \"assoluti orrori sonori di Road Salt\".
Deluse chi si aspettava i soliti vecchi pos, ma io continuo a ritenerli due ottimi dischi, furono una ventata d\'aria fresca dopo l\'interessante ma pretenzioso Be e l\'incerto Scarsick.
|
|
|
|
|
|
|
6
|
|
...tra gli album più belli.....di questa validissima band...90..... |
|
|
|
|
|
|
5
|
|
Ottima recensione che finalmente rende giustizia all\'album. Io però reputo anche Scarsick (inizialmente mi lasciò interdetto/deluso ma presto lo rivalutai) e In the Passing Light of Day album di gran spessore nella discografia. Poi fortunatamente tutt\'oggi i gruppi che propongono un prog emozionale che non sia troppo sbilanciato verso il virtuosismo e la tecnica non mancano, vedi i vari Evergrey, Caligula\'s Forse, Teramaze... |
|
|
|
|
|
|
4
|
|
Capolavoro immenso, insieme al precedente The Perfect Element uno dei vertici del prog metal d’inizio millennio. Concordo al 100% col recensore quando parla di tecnica al servizio dell’emozione, è forse per questo che ancora a distanza di oltre vent’anni ci sono pezzi che ancora mi fanno venire la pelle d’oca. Penso a Undertow (con un Gildenlöw al top a livello interpretativo), Ending Theme, This Heart of Mine, al gran finale con Beyond the Pale (altro grande momento per il singer), o alla genialità di Fandango e Rope Ends. Musica con la M maiuscola. Imprescindibile. Voto 95 |
|
|
|
|
|
|
3
|
|
I primi quattro dei POS sono capolavori assoluti, personalmente preferisco One Hour e Perfect Element, ma devo ammettere che a livello emotivo questo è qualcosa di inarrivabile. |
|
|
|
|
|
|
|
|
1
|
|
Grazie per averlo rispolverato...ora ha un voto che merita,anche se per me è da 95. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
|
|
|
|
Tracklist
|
1. Of Two Beginnings 2. Ending Theme 3. Fandango 4. A Trace of Blood 5. This Heart of Mine 6. Undertow 7. Rope Ends 8. Chain Sling 9. Dryad of the Woods 10. Remedy Lane 11. Waking Every God 12. Second Love 13. Beyond the Pale
|
|
|
Line Up
|
Daniel Gildenlow (Voce, Chitarra) Johan Hallgren (Chitarra, Voce) Fredrik Hermansson (Tastiera) Kristoffer Gildenlow (Basso, Voce) Johan Langell (Batteria)
|
|
|
| |
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
| |
|