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07/12/25
BATTLE BEAST + DOMINUM + MAJESTICA
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)
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05/10/2025
( 1026 letture )
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Con alle spalle un debutto come Turn On the Bright Lights, non deve essere stato semplice per gli Interpol approcciarsi alla scrittura del successore. Aspettative altissime, un pubblico diviso fra appassionati in attesa di un disco di uguale spessore e detrattori da convincere di non essere l’ennesima sterile deriva dei Joy Division con un cantante, Paul Banks, clone del compianto Ian Curtis. Provare a ripetere la formula con il rischio di sembrare meno freschi e più scontati, cambiare pelle e reinventarsi con tutti i rischi del caso.
Gli Interpol, da outsider quali sono, decisero la terza via. Prendere quanto fatto sul disco d’esordio e tentare di affinarlo e semplificarlo, con lo scopo di renderlo più diretto, fruibile e incisivo. Il risultato fu Antics, un album che pur rinunciando ad alcune vette emotivo-compositive del debut e alle sue sperimentazioni sonore, rimane il più coeso e qualitativamente valido nel suo insieme; nonché, quello in cui la band darà sfogo al suo lato più melodico. In seguito e cioè dal self titled in poi, gli Interpol inizieranno un percorso nuovamente più sperimentale e sempre più ermetico e criptico, sia nei contenuti lirici che nella proposta musicale. Ma nel 2004, anno di uscita di questo secondo full length, i Newyorkesi scarnificarono all’osso gli arrangiamenti dando invece spessore e “ciccia” agli strumenti basilari del loro arsenale: chitarre, basso e batteria. E a fare a volte da collante, a volte da contraltare, la voce più matura e consapevole di Paul Banks, a veicolare con il suo tono profondo sì, ma soprattutto drammatico, storie d’amore e altre tragedie.
Così Antics si apre con la malinconica, lenta e vagamente retrò Next Exit, sostenuta dal suo incedere ritmico minimale e cadenzato, per poi passare subito ad uno dei brani più conosciuti dell’intera discografia degli Interpol nonché singolo di maggior successo, quella Evil il cui trascinante ritmo di basso fa da base a una delle linee di voce e chitarra più “ariose” della band. Narc, più riflessiva e sensuale, si snoda pigra rotolando su un altro grande giro di basso di Carlos Dengler. Take You On A Cruise è più complessa e stratificata, con le sue pause e ripartenze proprio come le tappe di un viaggio in crociera citato nel titolo. Slow Hands è al contrario veloce e diretta, primo singolo estratto dall’album, un rock’n’roll per celebrare un amore finito male. La seconda metà del disco si para con il ritmo martellante di cassa, rullante e l’incalzante basso di Not Even Jail, anch’essa traccia più dura e diretta di quanto sentito sul disco d’esordio, che anche se non ha la velocità di Slow Hands ha dalla sua parte una delle interpretazioni più drammatiche di Paul Banks. E se Public Pervert riprende il concetto più intimo e sensuale di Narc, C’mere torna a calcare il solco di Slow Hands sia per quanto riguarda il rock più immediato e veloce sia per quanto concerne i temi di amore non corrisposto, in maniera ancora più esplicita. Lenght of Love è inqueta e oscura, legata più al mood del primo album, come la conclusiva A Time To Be So Small, pezzo più vecchio del lotto e risalente alle prime demo dei Newyorkesi, ancora più crepuscolare e decadente.
Antics in conclusione non ha dalla sua parte l’effetto novità e la freschezza di Turn On the Bright Lights, né possiede dei picchi emotivi ragguardevoli come il disco d’esordio, ma propone una band già matura, solida, estremamente coesa e indifferente ai trend e alle mode, non solo composta da quattro musicisti notevoli (nel loro campo tutti superiori alla media) ma capace di prendersi il tempo per raffinare il suo sound in maniera meno spontanea e più ragionata, e senza dubbio dotata di una classe non comune nel proporre un rock formale senza mai scadere nella banalità.
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12
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Guarda, gli Interpol li seguo da quando sono usciti e li ho visti pure due volte live, a Prato e Milano. Se leggeste bene la recensione avreste letto non che sono una clone band dei Joy Division ma i detrattori li etichettarono così all\'epoca (basta andare a leggere qualsiasi articolo del tempo della stampa più mainstream per rendersi conto che venivano paragonati ai JD e Banks a Ian Curtis). Se proprio vi interessa l\'accostamento vocale più azzeccato è quello con Patrick Fitzgerald dei Kitchens Of Distinction, ma nessuno avrebbe notato il paragone. Per quanto riguarda la versione della band, se li conosceste bene sapreste che in più di un\'occasione hanno ribadito di non essere influenzati da altri gruppi quando compongono. E sì, gli Interpol mi appassionano, ma una recensione non si può scrivere di pancia oppure è una recensione viziata. |
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11
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Si GT_oro, un disco così o ne parli perché ti appassiona o lasci stare, il web è strapieno di recensioni. Come Ant Music rilevava siamo in presenza di forti influenze dei The Sound di A. BORLAND, meno dei Chameleons ma qui Joy Division non spiccano nell\' alfabeto (come in TOTBL).
Secondo me il fascino risiede nei contenuti da Maniaci dei testi... ma con vena poetica alla Bukowski. Nulla di personale ma banalizzare i dischi migliori è un\' aberrazione. |
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10
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El Faffo: riferito alla recensione? |
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9
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Non si può scrivere profanita\', quindi ricordo una cosa che mi dicevano i vecchi: se non sai una cosa, non parlarne (scriverne?). |
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8
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L’ho sempre preferito al celebre esordio, li seguo ancora con attenzione ma rispetto ai primi 4 la seconda parte della discografia è molto più fredda. |
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7
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@ant music Concordo.....recensione buttata lí |
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6
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E mi permetto di aggiungere che questa recensione, come quella di turn on, è veramente senza anima e superficiale. Buon sabato a tutti, ma non ai brutti. |
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5
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Questo e turn on the bright lights spazzano via qualitativamente quasi tutte le minchiate che recensite in questi anni. Sarebbe il momento anche di parlare dei mostri sacri ai quali si sono ispirati Banks e soci, come Chamaleons, The Sound, Television, Sad Lovers and Giants... nominare solo i Joy Division mi sembra davvero una mancanza grossolana, dato che il webzine esiste da 20 anni. |
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4
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Tanto derivativo quanto bello. Canzoni riuscite, tutte. Ce ne fossero di dischi così! |
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2
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Grazie Testamatta, è stato tosto essere obiettivo in quanto stravedo per gli Interpol da sempre. Concordo anche io che Curtis sia irripetibile, anche se Banks a inizio carriera e Tom Smith degli Editors siano dei buoni \"rimpiazzi\". |
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1
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Bellissimo. Recensione ottima: snella, fruibile ed esaustiva oltre che assolutamente condivisibile. Banks, comunque, non può essere ritenuto il clone di Curtis che resta un interprete unico e irripetibile in ogni sua sfaccettatura (Davide tranquillo, ho capito che non è un tuo parere ma hai riportato opinioni altrui). |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1 Next Exit 2 Evil 3 Narc 4 Take You on a Cruise 5 Slow Hands 6 Not Even Jail 7 Public Pervert 8 C’mere 9 Length of Love 10 A Time to Be So Small
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Line Up
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Paul Banks (Voce, Chitarra) Daniel Kessler (Chitarra) Carlos Dengler (Basso, Tastiera) Sam Fogarino (Batteria)
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RECENSIONI |
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