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07/12/25
BATTLE BEAST + DOMINUM + MAJESTICA
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)
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11/10/2025
( 835 letture )
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Il ritorno dei Witchcraft è il risultato di un percorso travagliato che dopo l’ottimo Nucleus del 2016 ha visto un cambio di rotta da parte del fondatore Magnus Pelander verso una produzione acustica che ha sorpreso per il tipo di proposta, ma non per le idee al suo interno che offrivano ottimi spunti. L’ironicamente intitolato Black Metal, infatti, vedeva come unico membro della line-up il chitarrista e cantante, impegnato nella proposizione di un repertorio acustico con influenze folk, distante dalle precedenti produzioni incentrate su un heavy rock tendente al doom.
Riassemblata una line-up, Pelander ci presenta quindi un nuovo lavoro che va ad unificare in un full length il sound storico della band svedese e quest’attitudine più intimista. Idag, in svedese “oggi” vuole proprio presentarci lo stato attuale della band con un art work che rivela un vincolo alla tradizione a cura di John Bauer ed un sound ibrido, ma dopo un lungo ascolto il disco perplime e stupisce. Abbiamo questa scelta della lingua madre dei brani posti in apertura che può risultare innovativa, considerando la discografia. “Faccio l’accento svedese?” chiederebbe il ragioniere Ugo Fantozzi, ok va bene, ma perché quel vibrato melodico da parte del vocalist quando la titletrack ci sta finalmente donando un riffing così incisivo e sinistro? Certo, ci sono delle sbavature in fase di produzione, ma il brano permette di tornare indietro nel tempo e comprendere che quell’aura storicamente pregna di fuzz non si è spenta; veniamo però interrotti da alcuni cambi repentini che forse andavano sviluppati diversamente, talmente superflui che non si può neanche dire “avrebbero potuto usarli per un intero pezzo”. Il canovaccio prosegue con la successiva Drömmar av is molto generica e monotona ed una leggera variazione si presenta solo dalla terza traccia, qualche appiglio fuzzoso che tiene in piedi Drömmen om död och förruttnelse. Om du vill riprende l’ultimo lavoro acustico con Pelander più che dignitoso, ma incerto su alcuni passaggi chitarristici, di sicuro molto più pulito l’interludio strumentale di Gläntan. Un riffing “molto italiano” apre Burning Cross, ricordando sia per attitudine che per la tipologia le atmosfere di Paul Chain, ed il brano costituisce la prima variazione significativa allo sconfortante panorama presentatoci: finalmente cominciamo a sentire i Witchcraft. La successiva Irreligious Flamboyant Flame ci consegna definitivamente un brano degno di nota influenzato dal blues e dall’heavy rock con qualche inserto garage nella sua struttura; gli strumenti si intrecciano in modo coeso per la prima volta dall’inizio del disco. Purtroppo, segue un’altra traccia acustica, trovata che si sta purtroppo presentando in maniera ridondante. Christmas è un ottimo brano, sicuramente il migliore delle precedenti acustiche, ma inserirlo a questo punto del disco risulta sconveniente: sei minuti di brano dopo due tracce in elettrico che avevano finalmente destato l’interesse dell’ascoltatore risulta controproducente, soprattutto se a seguire vi è una traccia come Spirit. Il brano in questione infatti riprende l’influenza doom a cui ci avevano abituato gli svedesi tempo addietro -la memoria va a Legend- con un sapiente dosaggio chitarristico che distorce e dispensa psichedelia, un cantato adeguato -per quanto straniante sia il parlato in alcune parti-, un lento incedere di batteria e un basso abissale. L’outro viene affidato al reprise acustico e vocale di Om du vill.
Non è la produzione che disturba, perché un sound più fangoso può essere un marchio di fabbrica e divenire caratteristica di alcuni progetti, ma manca un bilanciamento vero e proprio che si riflette sul suono di basso e batteria. Si nota, infatti, che il bassista Philip Philossian e il drummer Pär Hjulström sono in grado di sostenere Pelander e di avere spunti interessanti su determinati brani, ma manca l’inventiva e risultano quindi nel complesso abbastanza piatti, se non per le tracce in lingua inglese. Per non parlare dei suoni altalenanti dei tre strumenti: la stessa chitarra acustica risulta registrata in maniera totalmente diversa nelle tracce di cui è protagonista e se ciò può essere una caratteristica più che positiva, qui sembra assumere una connotazione maldestra. La gestione compositiva risulta poi schizofrenica, ascoltando il disco si ha l’impressione di un’attitudine simile agli album solisti di Syd Barrett: spunti interessanti, idee che sembrano buttate giù per riempire un disco e una mancanza di criterio che risulta più il flusso di pensiero del mastermind. Per carità, si può apprezzare la volontà di non etichettarsi e non seguire una linea dopo venticinque anni di carriera, ma da ascoltatori bisogna esprimere un parere obiettivo ed in questo caso molto amaro per la storia che c’è dietro i Witchcraft, soprattutto perché sarebbe bastato davvero poco per rilasciare un album che sembra essere stato costruito sulle tracce centrali in fretta e furia. Sarebbe stato meglio fermarsi un attimo a ragionare, togliendo qualche brano dalla tracklist, snellendone un altro e definendo meglio parti di basso e batteria, dando poi una maggiore stereofonia in fase di produzione.
Se questa fase di approccio ad una nuova chimica di gruppo in fase compositiva verrà superata i Witchcraft torneranno a produrre materiale più che dignitoso, forse aiuterà l’ultimo cambio di line-up che ha visto Jussi Kalla e Ida Elin Tannerdal tornare nei ranghi dopo l’uscita del disco, ma al momento Idag costituisce un lavoro non all’altezza che rasenta la sufficienza.
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10
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Lucio77...siamo in Italia...bene o male lingue come lo spagnolo a ridosso del bacino mediterraneo hanno senso...ma lo svedese mi sembra un po\' troppo...come cercare di vendere i gelati ai pinguini o rifilare agli svedesi un CD di musica partenopea...i gusti saranno gusti ma non credo di essere l\' unico a pensarla in questo modo. |
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9
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Commento 8 : Pasa nada.. E\' che effettivamente ogni Lingua ha il suo perchè.. Poi la musicalità o meno, penso sia abbastanza un sentire soggettivo.. Già l\' Italiano ed il Castigliano (così Area è contento...), pur essendo idiomi simili, avendo il secondo più parole che finiscono per consonante, secondo me si avvantaggia in un contesto musicale. |
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8
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@Lucio Sorry, non avevo capito. |
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7
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Quando ho letto la rece mi è venuto in mente un altro disco doom in svedese, lo splendido Vallmo dei Besvarjelsen. Nella rece di quel disco qui su Metallized si diceva proprio che lo svedese, per le sue particolarità, desse proprio qualcosa in più all\'album e al cantato. A quanto pare i commenti qui sotto (a parte il #2 che... boh) la pensano allo stesso modo. Me lo ascolto subito. Il voto basso non mi ispira ma è compensato dalla bella copertina e, appunto, dalla lingua madre. |
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6
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Commento 5 : Forse mi sono espresso \"male\".. Era per dar credito al tuo discorso.. Ogni Lingua ha il suo perchè.. Anche il Dialetto. |
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5
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@Lucio Dire che la lingua madre sminuisce un disco è un paradosso. Un inglese in che lingua deve scrivere un album? Sul discorso che l\'inglese è sintetico, è strutturalmente più breve (meno sillabe) e si presta bene a certi tipi di musica. Come ricchezza lessicale non è secondo a nessuno. Basta leggere qualcosa di Shakespeare, Milton, Wylde, Joyce, Woolf, China Mieville, Alan Moore per rendersene conto. |
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4
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Commento 3 : C\'è un mio amico che ascolta solo Musica cantata in italiano, proprio perché dice che l\' inglese non rende come la nostra lingua.. Troppo sintetico. |
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3
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Mi fa piacere sapere che i Witchcraft ci sono ancora, seppure si ripresentino con un album altalenante. In alcuni brani si percepisce il tocco magico di Pelander. Nessun problema i testi in svedese. Anche inglesi e nordamericani scrivono nella propria lingua madre....😅 |
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2
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Sinceramente le canzoni in lingua madre sminuiscono tutti i dischi. |
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1
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Il disco non è male, anche se è poco omogeneo. Le canzoni in svedese sono davvero belle. |
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INFORMAZIONI |
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Heavy Psych Sounds Records
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Tracklist
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1. Idag 2. Drömmar av is 3. Drömmen om död och förruttnelse 4. Om du vill 5. Gläntan 6. Burning Cross 7. Irreligious Flamboyant Flame 8. Christmas 9. Spirit 10. Om du vill (Slight Return)
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Line Up
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Magnus Pelander (Voce, Chitarra) Philip Philossian (Basso) Pär Hjulström (Batteria)
Musicisti ospiti: Björn Ekholm Eriksson (Sintetizzatore su Traccia 1)
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RECENSIONI |
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