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Heaven Shall Burn - Whatever It May Take
01/11/2025
( 581 letture )
Won't listen to your melodies, this lie will not be lived. Won't listen to your melodies, this lie will not be lived.

Whatever It May Take è un piccolo classico della scena melo-death/metal-core di inizio anni 2000. Nonostante il vero salto qualitativo avvenga con il successivo Antigone (2004), gli Heaven Shall Burn mark-I sanno difendersi e lo fanno con una piccola, ma efficace armata di spade e scudi che, nella versione OG del qui presente Whatever It May Take (successivamente ri-editato con copertina e tracklist differenti), non lesina violenza abrasiva, epica battagliera e suoni rimaneggiati provenienti da Svezia e USA, con il metallo furente intinto di Nord Europa, HC e death. Una forma snella ma possente che, nel corso del tempo, trova la sua via definitiva grazie ad album sempre in crescendo che hanno conquistato un po’ tutti.

In formazione troviamo ancora lo storico chitarrista/produttore Patrick W. Engel, (anche autore di belle ri-edizioni in campo classic metal), gli HSB di Whatever It May Take spazzano letteralmente via il pur sufficiente Asunder (2000), calibrando e affilando le armi. In un veloce e coerente flusso che non accetta resa, l’album si dipana lungo 10 tracce (più into e bonus) e parte a razzo con Behind a Wall of Silence, canzone tuttora molto richiesta e che imprime a fuoco il trademark dei Nostri, coniugando testi profondi, muri sonori alla Bolt Thrower, con l’hardcore metallizzato degli Earth Crisis e -ovviamente- imperanti dosi di death melodico. Il suono grezzo come un pungo d’acciaio in pieno volto ci investe senza remore, fregandosene altamente delle produzioni pulite del periodo. La bontà dell’opener e di The Worlds in Me ci sconquassano mascella e budella senza stravolgere i canoni del genere, ma andando in qualche modo a migliorarne resa e interpretazione. E se non sempre la tecnica è al servizio o all’altezza delle idee messe in tavola, ci pensa l’impeto accattivante e brutale a compensare. The Martyr’s Blood spinge sul dramma pennellando un brano dal retrogusto black, dove un infervorato Marcus Bischoff (qui non ancora perfettamente bilanciato) comanda la band senza tentennamenti. Il breve bridge sospirato spezza la caccia al fuoco nero, mentre It Burns Within (prima) e Implore the Darken Sky (dopo) rappresentano il doppio spettro sonoro di Whatever It May Take , con le mitragliate death/black di It Burns Within e le costanti accelerazioni e decelerazioni, potenziate all’infinito durante l’epica dark di Implore the Darken Sky , lunga composizione che si veste di D&D e di primissimi Amon Amarth per uscirne vincitrice. Brano-perno dell’album e composizione altisonante, ITDS è un rituale metallico che anticipa di qualche anno le composizioni di album storici quali Antigone (2004), Iconoclast (2008) e Veto (2013).

E se non tutti gli ingranaggi sono perfettamente oliati (Ecowar), abbiamo di che gioire e godere grazie a una seconda parte altrettanto valida, dove la title-track, la breve The Few Upright e Naked Among Wolves fanno la voce grossa. The Few Upright parte a razzo lambendo territori thrash/death per poi evolversi in un innevato brano nordico, con cenni acustici e tastiere atmosferiche. Un crescendo dominato da doppia-cassa e poesia nascosta alimenta le fiamme, mentre la quinta marcia innestata da Whatever It May Take è un piccolo, tuonante ricamo Swed-core. Un modus operandi che –più o meno direttamente- copieranno moltissime band del filone grazie all’amalgama pressoché perfetto di metal, sfrontatezza HC e chitarre melodiche.
Le chitarre duellanti, padrone di quasi tutto Whatever It May Take, si lasciano andare ad accelerazioni e up-tempo vorticosi durante i 4 minuti della sopracitata Naked Among Wolves che, pur senza strafare, colpisce nel segno anticipando il finale di The Fire grazie a un bridge da brividi - un’ultima fiammata brucia-tutto che mette il punto definitivo.

Marcus Bischoff, Eric Bischoff, Patrick W. Engel, il leader Maik Weichert e Matthias Voigt confezionano un album che pone le basi per l’ascesa definitiva. Ancora parzialmente “vittime” dell’attitudine DIY di In Battle… e Asunder, gli Heaven Shall Burn di 23 anni fa suonano decisi e al limite del contagiri. Una bontà non per tutti ma assolutamente vera e sostanziosa. Da ascoltare e avere per capire e apprezzare le origini di una delle migliori HM band teutoniche.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
71 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2002
Lifeforce Records
Melodic Death
Tracklist
1. Intro
2. Behind a Wall of Silence
3. The Worlds in Me
4. The Martyr’s Blood
5. It Burns Within
6. Implore the Darken Sky
7. The Few Upright
8. Whatever It May Take
9. Ecowar
10. Naked Among Wolves
11. The Fire
12. Casa de Caboclo (Bonus)
Line Up
Marcus Bischoff (Voce)
Maik Weichert (Chitarra)
Patrick W. Engel (Chitarra, Tastiera)
Eric Bischoff (Basso)
Matthias Voigt (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Andre Moraweck (Voce, Cori)
Jojo Destiny (Voce, Cori)
 
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