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Novembers Doom - The Pale Haunt Departure
01/11/2025
( 455 letture )
Freschi di una nuova uscita il 19 settembre 2025, i Novembers Doom sono una delle band più longeve e progenitrici del doom metal al di là dell’Oceano Atlantico. Attivi sin dalla fine degli anni Ottanta a Chicago, con Paul Kuhr che frequentava la scena death/thrash statunitense fino a partorire nel 1992 la band, ecco che con Major Arcana sembrano addirittura tentare di riprendere lo stile degli esordi. Eppure, nonostante una figura carismatica come quella del cantante, la band non riuscirà mai ad emergere completamente e a scrivere dischi da essere conosciuti da tutti in ambito doom, al pari degli inglesi My Dying Bride e Paradise Lost, pietre miliari del sound più oscuro. Penalizzati forse anche per la mancanza di una line up stabile, a parte il solo Paul e certamente anche per la provenienza geografica: infatti, il doom negli Stati Uniti non ha mai attecchito particolarmente. Io stessa, ormai accanita ascoltatrice del genere negli ultimi anni, ammetto di averli scoperti tempo dopo, ma del resto per chi ama follemente il doom metal, ogni emanazione musicale dal suddetto è sollievo per le proprie orecchie e pane di cui nutrirsi avidamente. Dal punto di vista musicale, pur appartenendo chiaramente al sottogenere del doom metal, i Novembers Doom sono partiti da un doom metal molto classico, pesante ed opprimente e i loro primi album sono effettivamente i migliori, pur non possedendo una particolare originalità. In seguito, hanno provato a inserire maggior atmosfera e partiture più ariose e studiate, progressive, che li avvicineranno agli Opeth di Mikael Åkerfeldt; il cantato in growl di Kuhr, infatti, ricorda molto il cantante svedese.

L’album in questione, The Pale Haunt Departure, rientra perfettamente in questa fase stilistica ed è stato pubblicato nel marzo 2005, anche se come atmosfere è decisamente più adatto all’autunno e scriverne la notte del 31 ottobre è un privilegio ed un onore che non ha prezzo, è come essere accarezzata e trovare rifugio in tanta decadente bellezza poetica, ed esserne al contempo trafitta, plasmata e trasformata. Del resto, i Novembers Doom non hanno mai lasciato nulla al caso, hanno sempre curato la parte artistica nei minimi dettagli, unendo meticolosamente, testi, atmosfere, copertine, tematiche. Il dipinto in copertina è opera dell’artista ungherese Attila Kis e raffigura degli spaventapasseri, di cui uno in primo piano, su uno sfondo minaccioso e agreste dai colori caldi ed autunnali. Paul in una vecchia intervista scovata sul web racconta che il filo conduttore che lega tutti i brani dell’album, anche se non c'è un concept, è la battaglia fra la fede e la speranza, che lui confida maggiormente nella speranza, piuttosto che nella fede e questo parallelismo è rappresentato nel confronto fra lo spaventapasseri e la croce.

It all extends from the title track, "The Pale Haunt Departure". It's basically a struggle between faith and hope. It symbolizes the end of your days and it is loosely based also on Christianity. The scarecrow and the crucifixion are similar. To me, the song is basically saying if there is a possibility that there is nowhere to go when you die, you are pretty much stranded and left behind. You've had faith your entire life and it's been for nothing. The scarecrow is pretty much left to live out his fate as a shell, an empty being. (www. musicstreetjournal.com)

La prima traccia, la tiletrack, è pervasa dal rimpianto di una recente perdita di una persona cara:

Only those who have suffered long
Can find the light within the shadows
A first hand trial of mislead hope
For this is the day of our wake

Light escapes this shell of mine
The pale haunt departure
A dying wish to rise again
And leave behind a scarecrows fate


Come ammesso da Paul, le liriche delle canzoni sono molto autobiografiche e scrivere per lui è come una terapia ed una catarsi. Dopo alcuni secondi, un drumming secco, potente, granitico, imperterrito ci investe e accompagnato un riff ribassato, semplice ma efficace, permette alla voce in growl di Kuhr, molto alla Mikael Åkerfeldt, di scendere negli abissi della malinconia umana.
Swallowed by the Moon alterna momenti acustici, melodici, voce pulita e riff e growl in una dicotomia musicale che spezza a metà in molti momenti la canzone, il rimpianto di un padre che ha lasciato questo mondo troppo presto e ricorda con rammarico la figlia che ha tenuto fra la braccia e cullato:

Will you remember when I held you tight?
Will you remember the sound of my voice?
Once again the daylight fades, and I'm swallowed by the moon
Will this experience scar your fragile mind?
Will you remember when we would both laugh?

Memories is all that you have
And I'm sorry I failed you in life
I wanted more for you then I could provide
Be strong and make your mother proud


La successiva, splendida, dolcissima Autumn Reflection è dedicata alla figlia Rhiannon, la stessa che canterà in alcuni brani di Hamartia e prende vita dipanandosi a metà fra una preghiera e una dichiarazione d’amore. Altamente emozionante, fa quasi venire un groppo alla gola, è la canzone che ogni figlia anelerebbe ardentemente sentirsi dedicata dal proprio padre:

I thank the heavens above
For the angel beside me today
The guardian of my sanity
The one who will save my soul
If I ever doubt the faith I hold
I only need one smile from you
And an autumn reflection
will deliver me to your arms

Someday you will understand
How much you mean to me
for every day that passes me by
I long for the person you will become


La presenza di un musicista della caratura di Dan Swanö alla chitarra, riesce a tenere alto l’interesse di un brano come Dark World Burden che, pur pregiandosi di un ritornello melodico e orecchiabile, con protagonista un uomo schiacciato dal peso della vita e di un mondo tetro e minaccioso sia nel passato che nel futuro, risulta essere meno incisivo dei brani precedenti, seppure alternando nuovamente il growl e più incisività musicale a maggiore melodia e cantato in clean.
Da segnalare l’intro con il basso in evidenza.

I live in a dark world, where no light shines through
I carry this burden with every step I take
Thrust myself into a new days end
And focus on the hour glass, to help pass the time


Dan Swanö contribuisce con un bel assolo piazzato che rinvigorisce e rincalza il climax del pezzo.

Arrivati al giro di boa del platter ci troviamo al cospetto degli otto minuti di In the Absence of Grace: in tutta la sua sfacciata bellezza progressiva, è il brano più evidentemente vicino al sound e al mood degli Opeth. Una chitarra acustica introduce un growl improvviso e diretto e una ritmica sostenuta, intervallata dalla melodia, che ci fa pensare di essere più vicino a territori melodic death e progressive death, che al doom e seppure ci sia qualche rallentamento soffocante, spiccano partiture prettamente acustiche e melodiche e il growl in evidenza, con la voce in clean a fare da contraltare. Ritorna il tema padre/figlia e il rimorso del tempo passato insieme.

I'll give my life for you, You'll see the fallen man

The Dead Leaf Echo sorprende con il suo intro folk/country e la voce di Paul che sembra interpretare un cowboy tormentato, poi la tensione sale con il growl e il saliscendi emotivo è reso in modo magistrale attraverso il susseguirsi di rallentamenti doom, un death viscerale e un sommesso canto in pulito e intermezzi acustici.

In circles spins my mind, and the vertigo makes me sick

Through A Childs Eyes è un tuffo nell'onirico decisamente delicato con in apertura delle risate di un neonato e anche se Paul Kuhr, all'epoca dichiarò che non è un concept album, il tema del rapporto padre/figlio/a è presente nella quasi totalità dei brani. Anche se qui in effetti sembra più che un uomo guardi al passato attraverso gli occhi di un bambino:

Looking back through a childs eyes
I have been betrayed by time
Now I dream with a sense of pride
I grieve the shame of mankind


Cantato totalmente in voce pulita ha un arrangiamento completamente acustico con un meraviglioso assolo dal terzo minuto.

Chiude il lavoro Collapse of the Falling Throe che ritorna a sonorità più classicamente doom e un cantato in pulito che ricorda Aaron Stainthorpe dei My Dying Bride.

Concludendo The Pale Haunt Departure è un album riuscito nella discografia dei Novembers Doom, che concentra tanti elementi, influenze e ispirazioni al suo interno, spaziando dal death/doom tradizionale, al progressive death, fino a venature gothic e, seppure non originali, tutte queste diverse venature riescono ad incastrarsi tra di loro. Il risultato è un puzzle di sfumature, emozioni, poesia, nostalgia, rimpianto e malinconia, un crocevia musicale.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
45.33 su 9 voti [ VOTA]
Graziano
Sabato 1 Novembre 2025, 19.40.21
1
Bella recensione. Una band che alterna buonissimi album a prodotti poco ispirati. Questo è uno dei migliori.
INFORMAZIONI
2005
The End Records
Death / Doom
Tracklist
1. The Pale Haunt Departure
2. Swallowed By the Moon
3. Autumn Reflection
4. Dark World Burden
5. In The Absence of Grace
6. The Dead Leaf Echo
7. Through a Child’s Eye
8. Collapse of the Falling Throe
Line Up
Paul Kuhr (Voce)
Larry Roberts (Chitarra, Tastiera)
Vito Marchese (Chitarra)
Mike Le Gros (Basso)
Joe Nunez (Batteria, Percussioni)

Musicisti ospiti
Dan Swanö (Chitarra Traccia 4)
Eric Burnley (Tastiera)
Tommy Crucianelli (Tastiera)
 
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