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07/12/25
BATTLE BEAST + DOMINUM + MAJESTICA
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)
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Dying Wish - Flesh Stays Together
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02/11/2025
( 575 letture )
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“Lentamente e dolorosamente ci avviciniamo alla fine che meritiamo.”
Sono queste le parole di Emma Boster per descrivere in poche battute la visione di Flesh Stays Together, terzo lavoro in studio dei Dying Wish. Formatasi a Portland nel 2016 con il nome di Trust Issues, la band assume il nome attuale due anni dopo, quando pubblica il primo singolo Enemies In Red con Bryan Garris dei Knocked Loose. Seguiranno l’album di debutto Fragments Of A Memory (2021) e Symptoms Of Survival (2023). Siamo quindi al terzo lavoro, che appare come l’album della maturità sonora per i Dying Wish: un disco prodotto nel New Jersey con il supporto di Will Putney, chitarrista dei Fit For An Autopsy, che ha contribuito a definire un sound più strutturato e riconoscibile. Questo percorso ha portato la band a sostenere dal vivo progetti più esposti, come Spiritbox e Poppy, e successivamente a intraprendere un tour da headliner in Europa e negli Stati Uniti. Il metalcore, grezzo e massiccio, che la caratterizza mette in mostra la forza esponenziale della band in maniera più gratificante, muovendosi con equilibrio tra le linee vocali pulite, fragili, lunatiche e malinconiche e le urla graffianti e sofferenti che trasformano in catarsi il nichilismo intrinseco di Flesh Stays Together. È un disco privo di visione positiva, dove la crudele natura umana accetta sé stessa e realizza di essere peggiore del proprio creatore: un prodotto fallato, un essere dal potenziale enorme ma sprecato, usato nel modo peggiore possibile, destinato ad un’inevitabile fine. Un conto alla rovescia che potrebbe raggiungere la sua scadenza da un momento all’altro, mentre gli individui vivono insulsamente le proprie vite, inconsapevoli di avere una data di scadenza già impressa. D’altronde, il nome stesso della band è un messaggio chiaro ed inequivocabile di ciò che i Dying Wish vogliono essere e comunicare. Flesh Stays Together è un lavoro di circa trentacinque minuti che si snoda tra cime turbolente e trasgressive, cariche di urla irose, e paesaggi più nostalgici arricchiti da arpeggi di chitarra eterei e ipnotici.
Il livello è alto fin da subito: I Don’t Belong Anywhere innesca una bomba a orologeria che esploderà nelle orecchie dell’ascoltatore, richiamando la versione più deflagrante dei primi Walls Of Jericho. L’inizio è evocativo, con una chitarra viscerale che sostiene la vocalità intimidatoria di Emma, pronta a sputarci in faccia parole minacciose e demoniache. Il brano parla del sentirsi perdenti, senza alcuna possibilità di cambiare la propria convinzione. La successiva A Curse Upon Iron conferma quanto i testi appaiano incredibilmente maturi, sottolineando violenza, ingiustizia e mancanza di speranza per un’umanità in declino, quando l’uomo gioca a fare Dio; un Dio che, se esiste, ci ha abbandonato al bacio della morte, rendendoci tutti vittime, nessuno escluso. Musicalmente, nulla è lasciato al caso: le strofe sfiorano l’hardcore per poi sfociare in un breakdown devastante. Il ritornello, profondo, contrasta con la voce soave di Emma; dopo due minuti la chitarra si fa cupa e arpeggiata, creando un’atmosfera ancora più inquietante grazie al buon intreccio tra basso e batteria. Ottimo inizio, non c’è che dire. I’ll Know You’re Not Around valorizza il timbro e la vocalità di Emma, che dimostra di saper scrivere melodie incredibilmente accattivanti quando il tema è la solitudine, mentre Revenge In Carnage torna a spingere con frustrazione e ferocia sui suoi witch screams, in un brano più groove e quasi thrash. Il breakdown è più cadenzato e il pezzo, che dura appena due minuti e mezzo, lascia comunque il segno. Nothing Like You mette nuovamente in evidenza l’alternanza tra riflessività e collera: qui la cantante si ripromette di non volersi accomunare alla miseria valoriale circostante, e pare essere la traccia preferita della band. Surrender Everything fa invece all-in sul metalcore, consolidando l’impronta sociale e ribelle dei Dying Wish. Moments I Regret è probabilmente uno dei brani di punta, con l’inciso forse più riuscito e memorabile dell’intero lavoro. Empty The Chamber punta sull’impatto incendiario, mentre Heaven Departs, più sensibile ai temi traumatici che stanno sconvolgendo il Medio Oriente, chiude idealmente il cerchio prima del brano finale: la title track Flesh Stays Together, che funge da degno riassunto sonoro, quasi romantico, dell’universo dei Dying Wish.
Nel complesso, Flesh Stays Together è un lavoro solido e maturo rispetto ai precedenti, che sta proiettando questo quintetto nell’occhio del ciclone del metalcore contemporaneo. Si sviluppa attraverso un continuo equilibrio tra provocazione metal e melodie vocali introspettive, riuscendo a mantenere intensità e coerenza per tutta la sua mezz’ora abbondante. I Dying Wish hanno fissato un nuovo standard, più alto rispetto al passato, e con questo disco dimostrano di non temere la propria evoluzione. Se questo è il loro presente, il futuro non potrà che essere ancora più feroce.
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Ciao, sono d\'accordo con la recensione. Penso però che quest\'album abbia appiattito il sound della band, in breve, mancano i riff. Mancano quei riff Metalcore stupendi dei due album precedenti, graffianti e \"in your face\". Ho dato comunque 80 a quest\'album, perchè il livello è alto, però a Symptoms of Survival do un 90 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1.I Don’t Belong Anywhere 2.A Curse Upon Iron 3.I’ll Know You’re Not Around 4.Revenge In Carnage 5.Nothing Like You 6.Surrender Everything 7.Empty The Chamber 8.Moments I Regret 9.Heaven Departs 10.Flesh Stays Together
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Line Up
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Emma Boster (Voce) Pedro Carrillo (Chitarra) Sam Reynolds (Chitarra) Jon Mackey (Basso) Jeff Yambra (Batteria)
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RECENSIONI |
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