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Rory Gallagher - Tattoo
( 5101 letture )
Gli anni Settanta, per tutti gli appassionati di blues rock, rappresentano l’epoca d’oro della musica, esattamente come lo sono gli anni appartenenti al decennio successivo per un amante dell’heavy metal. Precisiamo che già negli anni Sessanta questo genere aveva tanto da dire, ma solo in seguito si creò una vera e propria scena, comprendente nomi provenienti direttamente dal blues, dal rock folkloristico e progressivo o ancora dall’hard rock. Tanti nomi -inutile stare qui ad elencarli- ma un unico concetto: musica dal valore inestimabile. Tutto ciò che è emerso in seguito, a partire dalla fine degli anni Settanta, ha in qualche modo a che fare col blues e col rock, ed inevitabilmente la crescita e l’esperienza degli artisti nati in quel periodo storico è legata strettamente al genere fin qui descritto.
Tra i più importanti musicisti dell’epoca vi è naturalmente Rory Gallagher, l’istrionico chitarrista -e polistrumentista- irlandese, il cui valore non è mai stato riconosciuto pienamente nel tempo -perlomeno non quanto quello dei vari Eric Clapton, Bob Dylan e altri loro illustri colleghi- sebbene il testamento musicale di cui ci ha fatto dono affermi ben altro. Una discografia, la sua da solista, che ha inizio nel 1971, con la pubblicazione dell’omonimo album d’esordio e di Deuce, il secondo disco in studio, entrambi molto acclamati e di enorme spessore musicale. Lo stesso anno di Blueprint, il terzo disco uscito nel 1973, il prolifico artista nordeuropeo fa uscire anche Tattoo, album di primissimo livello che dimostra come il genio artistico non abbia bisogno di tanto tempo per potersi esprimere, e quando è presente occorre rivelarlo al mondo.

Nella formazione fanno ormai parte anche il tastierista Lou Martin e il batterista Rod de’Ath (successore di Wilgar Campbell già a partire da Blueprint) e sono ancora preponderanti le influenze blues/jazz degli album precedenti, per quanto il rock sembri emergere sempre con più forza e la sperimentazione tocchi in certi frangenti vette inaspettate. L’iniziale Tattoo’d Lady può essere vista come un ottimo esempio del tipico sound-Gallagher: cantato sporco ma non eccessivamente, movimentati riff di chitarra ai limiti tra il blues ed il rock, una sezione ritmica libera di rimarcare l’andamento leggero della canzone ed una tastiera a sottolineare i momenti più blues del pezzo. L’altrettanto bella Cradle Rock è invece esemplare per quanto concerne la sperimentazione e la libertà musicale dei quattro musicisti: sembra a tratti di perdersi nei meandri di questo brano, ma alla fine ci si accorge che tutta la confusione da loro creata era perfettamente equilibrata e non si può che restarne affascinati. Leggermente sottotono 20:20 Vision, dall’andamento troppo scialbo -perdonatemi il termine- per poter essere paragonata alle altre gemme qui presenti, che ci fa ritornare in parte coi piedi per terra, salvo poco dopo restare di nuovo a bocca aperta di fronte a quel capolavoro dal titolo They Don’t Make Them Like You Anymore, canzone che sembra omaggiare i grandi artisti jazz del passato, i quali, così come Gallagher ha influenzato negli anni a venire numerosi altri musicisti, hanno precedentemente avuto la loro influenza sul chitarrista irlandese. La frizzantezza di questo brano ci trasporta ai due pezzi successivi, Livin’ Like a Trucker e Sleep on a Clothes Line, non certo due capolavori, ma in grado di reggere bene per tutto il loro minutaggio, la prima percorrendo le linee più canoniche del sound blues rock di Gallagher, la seconda lasciandosi andare maggiormente ad un rock’n’roll divertente e da cui traspare una serenità d’esecuzione non di poco conto. La parte finale del disco scorre fluida e senza ulteriori intoppi, sempre che non s’intenda Admit It una sorta di riempitivo. In ogni caso, Who’s That Coming e A Million Miles Away ci deliziano con ogni sotterfugio stilistico e compositivo di cui è capace il nostro genio della chitarra, mentre è appunto la canzone di chiusura a non essere propriamente un pezzo all’altezza dei precedenti. Ma al buon Rory si può perdonare anche questo minimo calo di tensione.
La versione rimasterizzata del disco include altre due tracce, Tucson, Arizona e Just a Little Bit, con la prima che non aggiunge nulla alla bontà di questo lavoro e la seconda che si erge invece ad ulteriore capolavoro emerso dal cappello del grande Rory.

Tattoo è in definitiva l’ennesimo album capolavoro della discografia di Rory Gallagher, che dopo aver fatto vedere grandi cose nei Taste tra il 1969 e il 1972 ha voluto rimettersi in gioco come solista riuscendo a conquistare una fetta ancor più grande di ascoltatori. Omaggiare ulteriormente certi artisti certe volte è superfluo, ma non è questo il caso. Ricordare il suo nome al fianco di altri ben più noti è l’unico modo per portare questa musica alle orecchie dei più giovani, di chi in futuro vorrà approcciarsi a quella che è stata la genesi della musica rock. Il suo nome è Rory Gallagher, dimenticarlo sarebbe un torto.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
94.52 su 21 voti [ VOTA]
Fabio Rasta
Sabato 30 Novembre 2019, 15.20.41
6
In generale Tattoo, mi pare sia il disco in studio + conosciuto, nonché ri-conosciuto, di RORY GALLAGHER, e tuttavia non lo consiglierei ad uno che volesse iniziare ad ascoltarlo. Questo xchè gli stessi pezzi riproposti live, acquistano millemila punti in + rispetto alle rispettive versioni studio. Da approfondire a mio modesto parere, solo dopo aver iniziato a comprendere ed amare questo straordinario Artista, sparandosi flebo di Live In Europe e Irish Tour. Il rischio è quello di bollarlo come nulla di eccezionale, ad un ascolto frettoloso figlio dei tempi moderni, viste anche le aspettative create dalla ben meritata fama del personaggio. A Million Miles Away pezzone da 24 karati!!! Molto pertinenti ed illuminanti, infine, i commenti 4 e 5 dei miei "colleghi".
Andrea Salvador
Domenica 21 Gennaio 2018, 18.55.09
5
Blues Rock... Con Rory Gallagher potremmo definirlo Rock Blues, poiché questo è Rock (Hard Rock) suonato su schemi Blues. Rory Gallagher è stato un genio... Poco capito come tale, proprio perché ha innovato il Blues Rock trasformandolo in un qualcosa di nuovo ed adulto dove è difficilissimo capire dove è Blues e dove è Rock. Ed il tutto rimanendo un geniale Blues Rocker!!!
Rob Fleming
Domenica 7 Febbraio 2016, 16.04.08
4
Un altro ottimo album. Who’s That Coming è in grado di spazzare via tanti Zeppelin post IV. 80
LORIN
Lunedì 28 Gennaio 2013, 20.20.09
3
Beh,questo è uno di quei dischi che solo gli anni settanta potevano lasciarci in eredità. Un album fantastico ed un Rory stratosferico,sia dal punto di vista creativo/compositivo che da quello esecutivo. Complimenti per averlo tirato fuori e (se posso) il mio voto è 99....non so se mi spiego!!!
hm is the law
Lunedì 28 Gennaio 2013, 15.34.12
2
Grande, immenso Rory!
Lizard
Lunedì 28 Gennaio 2013, 14.55.54
1
Disco stupendo, stupendo. Da avere in tutti i modi.
INFORMAZIONI
1973
Polydor Records
Rock/blues
Tracklist
1. Tattoo’d Lady
2. Cradle Rock
3. 20:20 Vision
4. They Don’t Make Them Like You Anymore
5. Livin’ Like a Trucker
6. Sleep on a Clothes Line
7. Who’s That Coming
8. A Million Miles Away
9. Admit It
Line Up
Rory Gallagher (Voce, Chitarra, Armonica, Sassofono, Mandolino)
Lou Martin (Tastiere, Fisarmonica)
Gerry McAvoy (Basso)
Rod de’Ath (Batteria, Percussioni)
 
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