A me stesso
Tra le nebbie e il fragor di tuoni, fulmini e tempeste
D'improvviso, geremiade, sangue, morte e ira celeste
Altrui vidi in nefasta notte pervasa d'anime nere
Ch'assai parvo pur si professò gran poeta e cavaliere
Dovrebbe costui, semmai, esser munito, in tal funesta via
Di spada affilata, di giusta tempra d'un’immortal poesia
La penna intinta nel sol inchiostro di virtù e vigore
Posseder egli dovrebbe il clipeo d'antico onore
Un cavaliere sol di silente saggezza suol farsi lume
Più della morte può la penna, più del ferro, il suo acume
E tal che s'annunciò con mendaci epiteti, in verità
Vide la mia collera e serafini sol, divorar pietà
E costui che tal si credette, ma non v'era a ciò indizio
Assai tremò nel veder mutar tormento in peggior esizio
Un suono squarciò l'aere già pregno d'incombenti tremori
Fu il richiamo di Morris che gli urlò: memento mori
E poiché son io, sguainai la spada forier di grande nequizia
Esclamando di finir mesta vita che con urla inizia
Tal ceffo, il cui nome effimero non merita pronuncia
Mi si prostrò acché per viltà e codardia, sempre rinuncia
Io inver a costui chiesi di mostrar lo volto della morte
Che se il mio mostrassi gli farebbe certo più scempia sorte
Sperai che il ciel di un funesto lampo mi facesse grazia
Di esser l'ambasciator degli inferi che codesto strazia
Gioioso che versi propri fossero intrisi del suo sangue
Ignaro ch'ogni frase in oblio o fetore, sempre, langue
Chinato, erse lo scudo di paglia, quel del suo vil onore
E gl'intimai d'alzarsi di viltà e di svuotare il cuore
Sollevatosi, gettò lo scudo e brandì penna e spada
Ma nessuna delle due si ritrovò costui che non m'aggrada
Sol di pala s'armò poiché per isdegno, Marte e Calliope
Sottrassero l'armi ad egli indegno e in parte miope
Cominciò a scavare e d'arrecar danno egli credette
Quivi attesi, finché, dinanzi alla sua fossa, sedette
L'invitai ad infierir sulla sua medesima psiche stolta
Cadde, sì, a retro e la sua anima, con lui, fu sepolta
Scrissi sul suo epitaffio di seguir il fil d'ogni discorso
Per gli inferi, tra ingrati non poeti, il suo percorso
Non nacqui, per discorrere con vili pagliacci e buffoni
A ciò, fioca luce tramuto in lampi e suoni in tuoni
E' d'uso temprar azioni e parole nell'altrui ingegno
Virtù etiche e dianoetiche perseguo con impegno
Per cui sappia colui si professi cavaliere e poeta
Che sol d'onore, amore e rispetto, costui si disseta
Sir Morris