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10/05/24
SLUG GORE RELEASE PARTY
LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO
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NILE + HATE ETERNAL + VITRIOL + OMOPHAGIA - Revolver Club, San Donà di Piave (VE), 21/09/19
27/09/2019 (1676 letture)
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Sebbene una serata interamente dedicata al death metal più estremo possa costituire per molti un tour de force non indifferente, non capita spesso l’occasione di vedere due mostri del calibro di Nile ed Hate Eternal non lontano da casa, motivo per cui recarsi all’appuntamento del 21 settembre era, se non obbligatorio, quantomeno altamente consigliabile.
IL CREPUSCOLO SCENDE SOPRA IL TEMPIO DEL SERPENTE Il percorso per arrivare al Revolver Club di San Donà è lo stesso che fa un buon numero di veneti per recarsi in vacanza al mare, ma parto al calare della sera consapevole che lo stesso tragitto mi condurrà questa volta ad un altro tipo di sabbia, molto più antica e per certi versi Lovecraftiana. Confesso di essere pervaso da una certa perplessità di fondo riguardo la riuscita del concerto, non tanto per la dipartita di Dallas Toler-Wade avvenuta ormai mesi fa, quanto per la scelta della setlist sbirciata a tradimento il giorno prima. Senza nulla togliere alla grandiosa epicità della nuova Long Shadows of Dread o alle due bombe deflagratorie che rispondono al nome di Kafir e Call to Destruction, non riuscivo a capacitarmi per l’assenza di Black Seeds of Vengeance, Ramses Bringer of War e Unas Slayer of the Gods, escluse quindi anche dalla playlist di ripasso pre concerto. Fortunatamente le mie preoccupazioni si riveleranno infondate e si tornerà a casa ampiamente soddisfatti, ma andiamo con ordine e riavvolgiamo la clessidra. Troppo ingenuamente parto ad un orario normale, sottovalutando il periodo di intensa attività vinicola della zona, un errore che si rivelerà fatale, poichè trovando nel traffico molti più ostacoli del previsto mi perderò gli opener della serata. Con sommo dispiacere e una buona dose di vergogna, non riesco ad arrivare in tempo per assistere alla performance degli Omophagia, band che mi aveva fatto una buonissima impressione su album, e stando all’opinione di alcuni tra i presenti si rivelano essere altrettanto validi dal vivo. Giungerò in tempo per la prestazione dei Vitriol, arrivando alle porte del Revolver Club con una fretta tale da non farmi avere una percezione nitida dell’ambiente circostante, tanto che mi sembrerà di scorgere un Kollias tranquillamente fuori dal locale, una visione poi rivelatasi corretta, ma che sul momento attribuirò ad un’allucinazione dovuta al deserto egiziano.
VITRIOL Salgono sul palco gli americanissimi Vitriol, gruppo che mi dimostra per l’ennesima volta come le prime impressioni si rivelino spesso sbagliate. Se non li avessi già ascoltati qualche giorno prima onestamente avrei ipotizzato facessero thrash, o comunque che fossero orientati ad una concezione più classica di metal estremo, sia per via del nome ma soprattutto per il look con cui si presentano sullo stage. Invece i quattro di Portland si abbattono sul Revolver Club con un blackened death devastante, talmente serrato che a primo impatto faccio fatica a distinguere la sezione strumentale. Nel loro sound, oltre alla perfetta miscela di death metal brutale e sfuriate black, è evidente anche l’influenza degli Hate Eternal, tant’è che con il cambio di line up che arriverà in seguito non si avvertirà troppa differenza di genere. La band dell’Oregon è attiva già da sette anni e lo si può facilmente riscontrare dalla padronanza delle proprie capacità d’esecuzione e dalla perfetta sinergia tra i componenti, una buona fetta dei quali provenienti dai Those Who Lie Beneath. A lasciare particolarmente il segno saranno principalmente il batterista e il frontman, mentre il bassista si rivelerà particolarmente cordiale con il pubblico al termine della serata.
HATE ETERNAL Arriva quindi il turno della band di Erik Rutan, gli Hate Eternal, che in circostanze diverse si troverebbero a rivestire tranquillamente il ruolo di headliner della serata, trattandosi di una mezza leggenda del genere e fondamentali per lo sviluppo del death metal durante la sua seconda ondata. È proprio lo stesso Erik Rutan a prendersi subito la scena prepotentemente, trascinando la band con quella consapevolezza e quella baldanza da istrione che solo chi ha anni di esperienza alle spalle possiede. Nel suo caso si parla di esperienza con la e maiuscola, dal momento che oltre ad aver preso parte a Morbid Angel e Vital Remians è appena reduce da un’esperienza con i Cannibal Corpse, non proprio gruppi di poco conto. L’intensità con cui suona e tritura le corde della sua B.C. Rich è indubbiamente impressionante, non quella che ci si aspetterebbe da un individuo che sta volgendo verso la cinquantina. Altrettanto formidabile si rivela il bandanato John Longstreth, abile nel ricoprire il non più semplice dei ruoli, che originariamente fu della macchina assassina Tim Yeung e successivamente del picchiatore Derek Roddy. Non saprei dire se usasse il trigger oppure no, ma specialmente nella prima metà della setlist il suo drumming sarà incisivo e troverà modo di ritagliarsi uno spazio consistente nel massacro sonoro degli americani. Terminate le prime due canzoni il frontman incita al primo circle pit, puntualmente accontentato dalla parte centrale del parterre. In seguito rivela di apprezzare l’energia del pubblico e non esita a ricambiare le dimostrazioni d’affetto da parte di uno dei presenti. Verso la fine della prestazione ricorderà a tutti di recarsi al banco del merchandise, prima di tornare a tormentare la sei corde, o come la chiamerà più volte la sua “baby”, con il sorriso di chi sta per prendere a martellate la moglie. Lo stesso sorriso con il quale annuncia le ultime due schegge di violenza a cui è affidata la chiusura del set, I, Monarch e King of all Kings, due brani simbolo all’interno della loro discografia. Salutano il pubblico del locale sapendo di aver adempiuto pienamente al loro ruolo di supporter, congedandosi sommersi dagli applausi di tutti i presenti.
SETLIST HATE ETERNAL 1.Bringer of Storms 2.Behold Judas 3.Catacombs 4.All Hope Destroyed 5.Haunting Abound 6.The Stygian Deep 7.Upon Desolate Sands 8.Nothingness of Being 9.I, Monarch 10.King of All Kings
NILE Terminata l’esibizione gli addetti si preparano fulmineamente a liberare il palco, spostando la batteria per lasciare il posto dietro ad una più ampia, il trono sopra il quale andrà a sistemarsi il re di tutti i greci. Parlando del batterista, per la felicità di chi scrive dalle casse vengono sparati i brani del suo album solista Invictus, mentre gli addetti si occupano scrupolosamente e con una certa preoccupazione del soundcheck. Sempre pensato infatti che i Nile fossero una delle band più complicate da gestire in fase di missaggio dal vivo, se non la più difficile, ma i tecnici del Revolver Club adempiono in modo egregio al loro dovere, e i quattro faraoni possono così manifestarsi. Un boato accoglie l’ingresso di Karl Sanders, che saluta simpaticamente il pubblico, in modo quasi demenziale verrebbe da dire, mentre George Kollias prende posto dietro la batteria, e da quel momento in poi le sue braccia spariranno dalla percezione visiva di tutti i presenti. Con il bassista Brad Parris ed il nuovo arrivato Brian Kingsland i Nile si instaurano sullo stage, pronti a rilasciare le tredici piaghe d’Egitto. La prima risponde al nome di Sacrifice Unto Sebek, accolta con un altro boato entusiastico da parte del pubblico. L’inizio è lento ma inquietante, quasi doom si potrebbe dire, ma in due secondi si accellera a velocità vertigionse, l'egittologo strapazza la sua Dean a suon di vibrati e dive bomb a seguire, mentre Kingsland celebra il sacrificio in onore del feroce dio Sòbek, raffigurazione mitologica simboleggiante il coccodrillo del Nilo. L’intro onirico di Blessed Dead ci introduce nella dimensione più oscura degli egiziani, e già dalle prime note prendono forma le sensazioni Lovecraftiane di orrore cosmico e nichilismo deprimente, trasportandoci immediatamente nelle profondità delle catacombe. Neanche fatto in tempo a pensare "strano, questa volta non si vede nessun circle pit" che appena dietro si apre un cerchio grandissimo, non tanto nelle dimensioni quanto a livello di intensità, tanto che in seguito si avrà anche un breve accenno di rissa. Dopo due bombe devastanti come Kafir e Call to Destruction si entra nel vivo del concerto, con l’introduzione di Long Shadows of Dread ad anticipare l’uscita del nuovo album e l’orientaleggiante In the Name of Amun. E qui sale in cattedra la vena istrionica del frontman, che sapevo per certo fosse simpatico ma non credevo fino a tal punto. L’egittologo trova il modo di intrattenere incitando continuamente il pubblico, regalando simpatici siparietti e, mostrando una notevole perizia balistica, si diletta in molteplici lanci del plettro facendoli rimbalzare sempre sulla testata della cassa. In netto contrasto con la simpatia di Karl Sanders è la violenza dei nostri, con il drumming disumano del greco ed il growl rabbioso e catacombale sfoderato dai due cantanti, che richiama i dèmoni del deserto a cui fa riferimento The Howling of the Djinn, mentre il circle pit rispecchia sempre maggiormente il maelstrom descritto da H.P. Lovecraft. Ci si avvia ormai verso la fine, ed è a questo punto che i nostri faraoni ci regalano due sorprese. La prima avviene al termine di Sarcophagus, l’unica canzone dove i nostri rallentano, ma prendete la definizione con le pinze, ed al termine dell’incedere solenne che chiude il brano si riprende subito ricollegandosi alla parte più evocativa di 4th Arra of Dagon, cantata in coro insieme al pubblico. Come se la prima non bastasse, la seconda sorpresa è ancora migliore, affidando la conclusione del loro assalto sonoro a Black Seeds of Vengeance, inattesa ma che in fondo speravo fino alla fine di poter sentire. La titletrack ci porta al centro della dimensione oscura dominata da aberranti mostri tentacolari, nel momento forse più attesto del concerto, dove nel finale di canzone si ripete continuamente il titolo come un mantra, e ci troviamo faccia a faccia con l’abisso prima di venirne risucchiati.
SETLIST NILE
1. Sacrifice Unto Sobek 2. The Blessed Dead 3. Kafir! 4. Call to Destruction 5. Long Shadows of Dread 6. In the Name of Amun 7. The Fiends Who Come to Steal the Magick of the Deceased 8. Vile Nilotic Rites 9. Snake Pit Mating Frienzy 10. The Howling of the Djinn 11. Sarcophagus 12. 4th Arra of Dagon 13. Black Seeds of Vengeance
CONSIDERAZIONI FINALI Con in sottofondo un altro mantra, quello ossessivo dell’inquietante Khetti Satha Shemsu, i Nile si congedano da noi, salvo poi dimostrare ancora una volta la loro rinomata disponibilità incontrando i loro fan e rimanendo per concedere le foto. Nel mio caso riesco anche a coronare il mio obiettivo di riuscire a parlare con George Kollias, a cui sarò eternamente grato, avendo rinunciato ai suoi probabilmente unici minuti di libertà per rispondere a qualche mia domanda. Non si può che ritenersi soddisfatti quindi della serata, da considerarsi riuscita sotto ogni punto di vista e questa è l’impressione che si può leggere nei volti dei fan. Un plauso va anche agli organizzatori dell’evento per l’ottima gestione del locale, che dimostrano di essere rapidi e premurosi, sia quando si tratta di controllare la resa dell’acustica, sia quando hanno portato con una velocità fulminea un'enorme teglia di lasagne nella stanza dei Nile appena terminato il concerto. Un’esperienza sicuramente bellissima e che spero di poter rifare, poichè band del genere lasciano sempre un ricordo positivo, e se per la prima volta sono riuscito a vederle questa sera è anche merito del Revolver Club, luogo che merita sicuramente altre visite in futuro.
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.....i nile dal vivo sono da sempre grandiosi..... |
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7
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visti a Milano, concerto spettacolare!
Nile grandi come sempre, mi han stupito i Vitriol, davvero bravi, ma i migliori sicuramente HATE ETERNAL, Rutan uno dei migliori 3 chitarristi death metal!! |
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Corretto... Grazie a tutti. |
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Ma dal loro FB apprendo che Hannes è il drummer solo in studio, mentre live vi sarebbe John Longstreth... Nel caso possa essere utile... |
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Su Metal Archives danno Hannes Grossmann come drummer attuale |
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Grazie mille della cortese quanto educata segnalazione. Se c'e' um refuso provvederemo a correggerlo. |
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Ma le recensioni chi li fà pierino o paperino? No perchè non ero presente ma dubito che il batterista dei hate eternal fosse simonetto dato che non ci suona da ANNI. Una cosa dovete fare, e la fate di merda. |
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Grande Fabietto, contento per la bella serata che hai passato, tra sabbia dorata, scorpioni, neri semi e Catacombe. 😉 |
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