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Luigi Rubino - A Theme For The Moon
( 3128 letture )
Cari amici, oggi affrontiamo un peculiarità della musica colta contemporanea.
Non mi sento di definirla un difetto, ma nemmeno un pregio. Per semplicità la chiameremo peculiarità.
Soffermatevi attentamente sulle ultime due parole, colta e contemporanea. Sono ambedue dei termini equivoci, utilizzati in mille accezioni, e non vorrei che nel caso specifico si creassero dei malintesi.

Quando un musicista vanta alle spalle un passato di studi approfonditi (accademici) del suo strumento, esso può essere a ragione definito colto.
Luigi Rubino, pianista dell'ensemble conosciuto come Ashram, iniziò a studiare pianoforte ed organo all'età di 10 anni, sotto la guida di diversi insegnanti sia italiani che stranieri.
Luigi Rubino dunque è un musicista colto.
Quando un musicista colto, pur devoto ai maestri del passato, decide di dedicarsi ad una forma nuova, sperimentale o semplicemente diversa dalla musica studiata in gioventù, lo si può definire contemporaneo.
Luigi Rubino adora la musica del ventesimo secolo, da Debussy fino ad arrivare a Morricone, passando per Jarrett: uno spettro musicale di tutto rilievo. Tuttavia Luigi prende solo il meglio dai suoi idoli, scremandone gli orpelli e lasciandone solo la più intima forma estetica.
Luigi Rubino dunque scrive musica contemporanea.
Quello che accade sovente quando si scrive musica di questo tipo e con alle spalle un tale background, è di apparire drammaticamente fuori dagli schemi. E' un rischio del mestiere, è la peculiarità di cui parlavo all'inizio: ognuno la giudichi come preferisce, nel bene o nel male.
Nel caso del nostro Rubino sarei tentato dal giudicarla male. A Theme For The Moon non è soltanto un disco intimista, come descrivono le note biografiche. A mio avviso questo album è anche (e soprattutto) un disco minimalista. Prendete un giro di pianoforte affascinante, suonatelo con delicata passione, strizzatelo per 3-4 minuti in modo da esplorare quel singolo motivo in ogni sua sfumatura, ogni minima ghost notes racchiusa tra le armoniche del pianoforte, fatevi accompagnare da pochi ma studiati sussurri d'archi. Otterrete così il minimalismo di Luigi Rubino.

E' bello? E' brutto?
Francamente lo trovo limitante.
Un artista che ha a disposizione una simile conoscenza della tecnica e della musica, e la sfrutta per scrivere una melodia così semplice, così immediata, forse così fine a se stessa... è come se scrivesse un diario delle sue emozioni, ma senza insegnare nulla al prossimo.
Un artista che ha a disposizione un violino (ed una viola), un violoncello, un soprano, un mezzo soprano, e li sfrutta in maniera così ridotta, con note pedissequamente legate a quelle del pianoforte, senza un minimo di tensione strumentale, di controcanto, di varietà di voci... è come se rinunciasse all'esperienza del suonare insieme, del confronto.

Non aggiungo altro... la maggior parte degli ascoltatori troverà questo disco meraviglioso, garbato, emozionante. E non biasimo nessuno per questo atteggiamento. Tuttavia, credo che la musica contemporanea abbia ben altro da offrire, che sia colta oppure no. Anzi, comincio a pensare che forse sia solo la musica poco colta ad offrire boccate di aria fresca, lontana da influenze accademiche e preconcetti.



VOTO RECENSORE
69
VOTO LETTORI
27.76 su 25 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2009
Priskonovenie
Classica/Contemporanea
Tracklist
01 Last Dance
02 Nostalgie
03 Fragments
04 Les Larmes D'automne
05 Voice In The Eyes
06 Every Desire
07 Melancholic Lisbon
08 Before Love
09 Glace Of Dust
10 Behind The Clouds
11 D'inverno
12 He Is Her
Line Up
Luigi Rubino: piano
Piero Massa: violino, viola
Leonardo Massa: violoncello
Claudia Florio: soprano
Maria Portolano: mezzo soprano
Simona Giusti: voce
Sergio Panarella: voce
Matilde De Feo: voce recitante
 
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