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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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24/07/2018
( 2790 letture )
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Dalle ceneri dei celebri e compianti pionieri del black metal di Cascadia Agalloch e dei forse meno noti, ma affatto trascurabili californiani Giant Squid, tessitori di intricate trame tra post, prog, rock e sludge, nasce Khôrada, nuova entità a stelle e strisce nel campo del… post metal. Ebbene sì, come giustamente spiegato ai nostri microfoni dallo stesso Don Anderson, questo nuovo progetto che vede ¾ degli Agalloch unirsi alla storica voce dei Giant Squid punta (riuscendoci nel più dei casi) a liberarsi appieno delle reminiscenze di ambo le formazioni, per ripartire da zero, dopo un coraggioso tabula rasa, con qualcosa di nuovo, condiviso e spontaneo.
Ciò che la Prophecy Productions porta dunque oggi alle stampe, semplicemente titolato Salt, è un blocco di sette capitoli dal minutaggio sostanzioso (al netto della sola Augustus) che, fin dal tormentato artwork e dagli angosciosi testi (tutti a cura del frontman Gregory), ci catapulta in una visione preoccupata e turbata del mondo moderno e del futuro del pianeta terracqueo, non priva di paure e incertezze, dove non mancano critiche dirette a tutte quelle distorsioni e distruzioni mai tanto vive come in questi ultimi anni, negli States come altrove. Tale sentimento viene declinato tuttavia in una varietà di forme che, pur mantenendo il mood del disco piuttosto melanconico, mischiano disillusione (Water Rights) e inquietudine (Season of Salt), bricioli di speranza destinati a durare poco (Augustus) e tensione (Wave State), irruenza (Glacial Gold) e rabbia con lo stesso dinamismo con cui i diversi elementi del sound a marchio Khôrada, che declina in maniera personale e mai banale momenti post rock a richiami sludge, reminescenze black a riff doom fino a sfumare in tocchi psichedelici, si alternano tra loro. Pur fallendo nell’impresa di stupire con picchi ineguagliabili o soluzioni che lascino senza fiato, la band snocciola dunque tracce caleidoscopiche e vigorose, tanto eleganti quanto mai imprevedibili, nelle quali si può piacevolmente apprezzare la caratura, la maturità e il talento di tutti i musicisti coinvolti: dalla peculiare voce di Aaron John Gregory, senz’altro da assimilare per i non avvezzi, ma in grado di variare e modulare la propria performance muovendosi fluentemente tra clean e harsh, coadiuvato da un Anderson monolitico nelle sue ritmiche e puntuale nei momenti solisti, nonché da un Dekken in ottima forma, mai preso in contropiede dalle continue variazioni di tema presenti sin dall’opener Edeste e fin giù nelle viscere della conclusiva Ossify, unico singolo sinora estratto da Salt. A supporto dei momenti più sperimentali, nonché ambiziosi, ecco invece il solido lavoro di Walton al basso, nonché il ritorno del trio di ospiti Perez Gratz/Beeson/Southard di Giant Squidiana memoria, nonché del trombettista Nathan Perkins, prezioso portatore di ossessiva inquietudine in pezzi quali Wave State.
In definitiva, la creatura Khôrada supera il banco di prova senza eccessivi tentennamenti, anche se a tratti l’impressione resta quella che fin troppa sia la carne al fuoco, fin troppe le idee che si inseguono e intrecciano lungo i 55 minuti di Salt. Il che comunque fa ben sperare, perché con un’ulteriore limatura e lucidatura del post metal proposto, questi quattro musicisti sapranno (ri)farsi un nome a livello internazionale e indubbiamente un nuovo seguito. Il talento, la passione, l’ambizione, la voglia di mettersi alla prova ben al di fuori dei sicuri sentieri di generi canonici, chiari e definiti, sfuggendo alle nette definizioni, sono tutti presenti, e si vede. Se cercavate qui gli Agalloch che non avete ritrovato nei Pillorian o una rinascita dei Giant Squid, rimarrete certo delusi. Ma se vi approccerete al disco con curiosità e interesse, gli statunitensi sapranno intrigarvi, con una formula non facile né immediata da assimilare, ma che difficilmente trova eguali.
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Disco ben suonato e ben prodotto ma di una pesantezza disarmante, difficile all ascolto e poco fruibile. Un 65 ci sta tutto, forse anche 70 per la qualità proposta a livello esecutivo e produttivo, ma la prolissità di alcuni pezzi fa si che il tasto Skip venga schiacciato spesso. |
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Cedric Wentworth è l'autore della copertina. Molto bella e con delle pennellate davvero disturbanti, sono andato a curiosare perchè mi ha immediatamente ricordato il videogame Medievil.. son rimasto interdetto... ho visitato il suo sito e nonostante sia principalmente uno scultore, mostra degli oli su tela da paura, mi piace molto quel tratto post-vangogh. Scusate l'OT  |
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Kribbio mi state tentando.
Mi ricordo il primo contatto con gli Isis, mi fecero letteralmente schifo. Poi son diventati uno dei miei gruppi preferiti.... |
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Si effettivamente nel calderone del post metal ci stanno mettendo un pò di tutto ultimamente, anche io inizialmente ho fatto parecchia fatica ad orientarmici.
Comunque, parlando del disco, penso sia uno dei lavori più ostici che abbia mai ascoltato, di giorno in giorno con gli ascolti cresce perchè si riesce ad apprezzare diverse sfumature, ma si arriva alla fine con l'acqua alla gola. |
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Post apocalittico!! Mad Max e fallout.... Effettivamente pensandolo in quel senso l'accezione è negativa... E nel post metal ormai hanno messo di tutto, è una definizione che non ha più senso. |
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mikmar, ti eri spiegato bene nel tuo secondo commento, e da una parte capisco quello che intendi  |
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Sì, ma la mia riflessione era che la parola post vicino a qualsiasi cosa non mi piace. Preferisco neo, ad esempio. Post lo collego sempre a qualcosa che è successo prima e che non sarà mai più come è stato. Gli do una accezione negativa. Tutto qua. |
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Straquoto. Basta pensare a band come Neurosis, Isis, Manes e The Ocean per citare i primi che mi son venuti amente. Decisamente gruppi più ostici rispetto al genere da cui derivano. |
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E comunque il metal non è mai morto e non lo sarà mai, visto che si evolve di continuo, senza.contare il recupero di sonorità retrò che oggi imperversa ovunque. Il post metal, come.dicevo prima, ha dato nuova.linfa e nuove idee ai sottogeneri più vecchi, ma.post non significa che qualcosa è superato, ma solo che mischia tanta roba da non avere una definizione precisa, superando ogni limite dovuto ai generi tradizionali. Il metal è immortale per la capacità di assumere forme diverse, di evolversi senza snaturarsi mai. |
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8
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Be, dire che il post metal o post rock sia roba commerciale è follia, il post qualcosa è quanto di piu difficile all'ascolto, e basta pensare a Solstafir, Neurosis, Cult of luna per capire che non è proprio musica sempliciotta e commerciale. Galilee ha spiegato meglio di me. |
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Non volevo aprire una polemica o fare il defender ad cazzum. La mia era un'analisi sulla parola post. Se c'è post davanti a qualcosa, io a livello linguistico penso sempre e comunque che quel qualcosa è superato, e questo mi fa gelare il sangue nelle vene, visto che nelle mie vene scorre il mercurio liquido e non il sangue. Sono troppo metallaro per solo lontanamente pensare che possa esserci qualcuno che pensi che il metal sia superato, e non mi va giù. |
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Non posso che dissentire l'opinione dipanata nel commento sotto. Post non significa cacca o commerciabilità per aver accesso con i bimbiminchia. Post sta ad indicare un direzione musicale che va oltre il metal tradizionale e che può annoverare influenze di ogni tipo, quali elettronica, indie rock, shoegaze, punk, post punk, jazz etc etc etc... Quindi al massimo i bimbiminchia sono quelli che pensano che post significhi cacca e che tutto sia studiato esclusivamente per vendere. Quando invece è proprio l'artista in se che ne ha pieni i coglioni dei solito 4 riff e cerca di esprimersi con altro. E quoto invictusteele. |
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capisco mikmar,non so se sia giusto o meno ma lo capisco,oggi è tutto "post",post rock,post metal.....un tempo c'era il post punk,ma questa è un altra storia,oggi leggere post-qualcosa è come leggere "cacca-qualcosa",qualcosa che prima era Vero e ora viene snaturato per la sua commerciabilità o fruizione per nuovi bimbiminkia.Si cerca qualcosa di nuovo semplicemente mettendo l'etichetta post,è più semplice...ma è una condanna a morte,e il metal c'è vicino. |
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Non so se sarà l'acquisto giuto per me. L'altro progetto ex Agalloch, Pillorian, mi è piaciuto. Ascolto e valuto. |
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Non capisco il commento sotto, metal non è un genere, è un involucro pieno di sottogeneri, tra cui il post metal, che io adoro e che mi ha dato nuova linfa vitale, visto che dopo anni e anni di generi tradizionali il mio interesse verso questi si è ridotto notevolmente, e mi.ha fatto scoprire un mondo di musica nuova |
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2
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Non ho ascoltato il disco e non conosco il gruppo, ma volevo esprime un concetto: la parola post davanti al mio genere musicale preferito mi atterrisce e non poco !!!! Post Metal !!!! Non voglio morire !!!! |
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Ascoltato per curiosità, visto che ho amato follemente gli Agalloch e Giant Squid. Un disco dsvvero ostico e ruvido, assimilabile dopo una miriade di ascolti, però intenso e avvolgente. Sinceramente penso abbiano messo troppa carne al fuoco e a tratti mi è sembrato un ppo' piatto, però il progetto è sicuramente interessante e innovativo. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Edeste 2. Season of Salt 3. Water Rights 4. Glacial Gold 5. Augustus 6. Wave State 7. Ossify
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Line Up
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Aaron John Gregory (Voce, Chitarra) Don Anderson (Chitarra) Jason William Walton (Basso) Aesop Dekker (Batteria)
Musicisti Ospiti: Scott Evans (Voce) Jackie Perez Gratz (Violoncello in traccia 4) Nathan Perkins (Tromba in tracce 1, 6) Andrew Southard (Tastiera in traccia 7) Bryan Ray Beeson (Drones in traccia 3)
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