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Stone of Duna - Moonsplitter
26/12/2023
( 9168 letture )
Anche se l’informazione sembra essere andata appannandosi a causa di una seconda parte di carriera che ha molto diviso i fan e la critica, è indubbio che i Mastodon siano stati la più importante e influente band emersa negli anni Duemila. Altri nomi potrebbero ambire a questo titolo e ognuno avrà i propri, ma è certo che l’ibridazione compiuta dalla band di Atlanta tra sludge, heavy metal classico, prog, psichedelia e alternative metal, con un’attitudine trasversale e aperta, che ha sempre scelto la libertà artistica al rispetto delle aspettative altrui, abbia aperto la strada verso il futuro a un sacco di altre band. In tal senso, quasi tutti i gruppi successivi, specialmente in ambito sludge, stoner e post metal, hanno dovuto fare i conti con loro (come con i Maestri Tool, a partire dai Baroness), con un’ondata di cui si continua ad avvertire il riflusso di modernità.
Questa premessa diventa fondamentale per inquadrare tanti lavori che escono negli ultimi anni e sicuramente per avere una idea iniziale di cosa contenga il debutto degli Stone of Duna, Moonsplitter. Formatisi recentemente a Gothenburg, Svezia, per opera di tre amici, ai quali si è unito il chitarrista e cantante Marcus Asplund Brattberg (ex Grimner), gli Stone of Duna hanno subito iniziato a lavorare su materiale originale, pubblicando qualche singolo anticipatore nel corso del 2023 e producendo in proprio Moonsplitter, disco di debutto, sul finale di anno.

Composto da cinque lunghi brani per un totale di quasi trentanove minuti, Moonsplitter è una piacevole e riuscita sorpresa. Come premesso, l’approccio della band è sincretico, unendo tra loro le evidenti basi sludge/stoner e doom a una vena prog che richiama in maniera esplicita i Tool e porta alla memoria, appunto, Mastodon e Baroness, anche per qualche venatura alternative che, invece, potrebbe ricordare i Soundgarden. Avendo fatto tutto da soli, ci si potrebbe aspettare una qualche più che comprensibile sbavatura e, invece, Moonsplitter è un disco già piuttosto maturo e consapevole dei propri mezzi, anche a livello di produzione, praticamente perfetta. Certo, maneggiare brani che viaggiano dai sei agli oltre dieci minuti non è mai facile e il rischio che un ascoltatore meno attento si perda nelle spire dei brani è tangibile, ma nel complesso il difficile equilibrio ricercato può dirsi raggiunto in pieno. Strutture aperte, seppur con linee melodiche e ritornelli quasi sempre ben identificabili, poliritmie, quintali di riff, arpeggi, cambi di atmosfera e via discorrendo: il repertorio è quello che abbiamo ormai imparato a identificare, collegato a questo tipo di proposta. Dal canto loro, oltre all’evidente padronanza strumentale, gli Stone of Duna cercano di non somigliare soltanto a qualcuno, ma di proporre una sfumatura propria e riconoscibile e, in questo, la bella e versatile voce di Marcus può senz’altro aiutare. Certo, per ora la matrice di partenza risulta ben visibile, ma a livello compositivo è già evidente quel qualcosa in più che in pochi possiedono e che fa la differenza, in un campo letteralmente straboccante di emuli improbabili.
In maniera intelligente i quattro piazzano in apertura il brano forse più forte a livello melodico: Dirge for Fallen Giants riflette infatti l’atmosfera della stupenda copertina (che ricorda e non poco quelle dei Captain Beyond), proponendo uno sludge pesantissimo, ma tecnicamente raffinato e pieno di cambi di tempo, sul quale si cala una bella linea melodica dell’ottimo Marcus, che libera un refrain epico, spettacolare e coreografico, quasi da colonna sonora sci-fi, al quale si aggiunge un break basso/chitarra che non può non ricordare i Tool, omaggiati in maniera esplicita. Canzone da urlo, poco da dire e apertura col botto. Deathbright coi suoi sei minuti scarsi è il brano più corto del disco, ma a livello di complessità strumentale non teme confronti, anzi. Anche in questo caso, compaiono quei cori già sentiti nel brano precedente e opera del batterista David Wijing che, in ottica futura, potrebbero elevare il grado di personalità della band. Sviluppo interessantissimo del brano, che riesce a ricavarsi momenti di apertura molto validi nel contesto di claustrofobia tipico del genere, con ancora un refrain coinvolgente. Stygian Slumber richiama influenze doom, ma a questo punto a prendere il sopravvento sono le melodie alternative e le armonizzazioni validissime che contrastano melodicamente l’atmosfera cupa e opprimente della musica. Perfetto il break centrale atmosferico arpeggiato, con un lavoro clamoroso di basso e batteria e il ritorno di atmosfere "futuribili" e sci-fi, completano un brano tutto da scoprire. Scelto come singolo, The Three Aspect Snake è il brano più vicino allo stoner, seppure l’ottimo e fluido solo iniziale già indichi una competenza tecnica non comune nel genere. L’atmosfera è quanto di più ai Tool, ma pur in presenza di un gran ben passaggio tra strofa e ritornello, stavolta le evoluzioni strumentali sono decisamente l’aspetto più rilevante della canzone, come a rimarcare il titolo. La titletrack, coi suoi quasi undici minuti potrebbe sembrare il brano più impegnativo. In realtà, in questo caso è l’elemento psichedelico ed epico a venire fuori, con Marcus che richiama Chris Cornell nelle strofe e un andamento ondeggiante e ossessivo, grungy, che viene poi superato dal lungo break strumentale psichedelico centrale. Bell’assolo liquido, parte cantata armonizzata e ulteriore parte strumentale, che riporta poi alla strofa e all’epico refrain, con finale in fading. Nel complesso, forse la canzone che scorre in maniera più veloce e lineare del disco.

Esordio di grande spessore per questa nuova band svedese, che solleva chiare aspettative di ulteriore crescita. Tecnica di alto livello, qualità compositive superiori alla media, melodie vincenti e ancora migliorabili, un cantante che fa la differenza, e un immaginario che rimanda a band di valore assoluto senza che queste oscurino l’identità degli Stone of Duna. Difficile chiedere di più a un debutto, che pure conserva una complessità strumentale non indifferente e ulteriori margini di miglioramento. Volendo cercare il pelo nell’uovo, visto che persino copertina e produzione sono praticamente perfette, forse il monicker prescelto non è proprio il massimo dell’originalità e rischia di passare inosservato; il che sarebbe un vero peccato. Nome da segnare e da seguire con estrema attenzione, per l’ennesima ottima sorpresa di un anno che ha lasciato il segno. Fateli vostri.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
90.66 su 3 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2023
Autoprodotto
Stoner/Sludge
Tracklist
1. Dirge for Fallen Giants
2. Deathbright
3. Stygian Slumber
4. The Seven Aspect Snake
5. Moonsplitter
Line Up
Marcus Asplund Brattberg (Voce, Chitarra)
Max Hed (Chitarra)
Arvid Enemar (Basso)
David Wijing (Batteria, Voce)
 
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