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Los Natas - Ciudad De Brahman
20/02/2016
( 1489 letture )
Viene del desierto
Trae mucha arena
Viene del desierto
Sobre un manto de seda

Viene del desierto
Trae mucha arena

Viene del desierto
Trae mucha arena
Viene del desierto
El manto de arena


... esistono luoghi in cui è facile perdersi, far finta di non esistere.
Esistono persone che non vorresti incontrare, anime che, per uno scherzo evidente del destino, finiscono con il tracciare il sentiero dei tuoi pensieri più reconditi, sporcando il tuo Io con malcelata inconsapevolezza.
Esistono strade in cui le corriere viaggiano assonnate, consce di non avere una direzione definita, non uno scopo palese; fuggono e basta, nell'infinito.
Così facendo aprono il pericoloso flusso dei ricordi, delle incertezze, dei "se fosse stato", "avrei forse potuto", "chissà perché non".

In Argentina si vive da sempre (e per sempre) di questo: contraddizioni, meravigliose e pulsanti; polvere e metropoli, sabbia e fiumi abbozzati, sole destabilizzante a perdita d'occhio e notti scure come incubi.
È una tremenda battaglia quotidiana -nella quale solo il più intrepido sognatore ha possibilità di sopravvivenza- laggiù sotto l'Equatore, terra natale di poeti e romanzieri, maghi del pallone e bellezze nelle cui curve che sussurrano edonismo è (s)consigliato perdersi.
Ciudad de Brahman è un diario di tutto questo micro-universo. Un complesso racconto in musica -ora appena sussurrato ora gridato senza pudore in faccia a Dio e tutto il suo creato- narrato dalle sapienti menti di chi all'Argentina è sopravvissuto ed ha voglia di delucidare chi non è abbastanza coraggioso per affrontarla in tutte le sue maestose sfaccettature.
Un diario, dicevamo, pregno di molteplici influenze e colori: echi di modale à la Davis seconda maniera, jam lisergiche e free-jazz negro; accelerazioni heavy e aperture melodiche post-millennio, testi mistici urlati da voci autentiche e saliscendi emozionali concretizzati da focosi giri di basso e nervose sezioni batteristiche di matrice progressiva. È l'astrattismo la chiave con la quale tradurre le quattordici tracce ivi presenti, l'unica soluzione per non perdere il senno e la via e fare ritorno a casa -ovunque essa prenda forma e sostanza.
Sono pochi, infatti, gli episodi sonori caratterizzati dalla classica forma canzone. Uno su tutti, inno spontaneo e rabbioso all'occultismo paesistico sudamericano, trova il suo naturale spazio ad inizio tracklist: Tufi Meme, forse una delle canzoni più belle della musica tutta, argentina o continentale, mondiale o di stelle di latte e di galassie lontane che sia: crescendo iniziale tutto riff circolari, piatti e cimbali, fino al cambio di tempo che da il via alla corsa allucinogena della vostra vita; quando Sergio dona la sua anima al microfono, scandendo quei versi che (citati in apertura) sono un po' Bibbia un po' Necronomicon, tutto apparirà come in realtà dev'essere... un'epifania concettuale obbligata, impossibile sbagliare.
I Los Natas vanno trattati come divinità, tanto è potente la loro aura artistica: sempre nascosti dietro copertine allucinate, a cavallo di muscle car fatte sfrecciare per la Ruta 40 senza possibilità di superflue pause per pisciare, sono riusciti a dar voce ad un cosmo di pulviscolo e tapparelle abbassate, a pomeriggi annoiati dove si ha quasi paura di domandarsi qual è lo scopo di tutta questa giostra sbilenca che è la vita, al coito e l'Acqua Santa, all'alba che ancora deve nascere quando la notte è ormai solo petrolio e gocce di rugiada aggrappate ai vetri.
Solo dopo esserci slegati dal quotidiano sopravvivere -pensieri e parole che troppo ci allontanano dalla Via per quaranta ore mal pagate a settimana- ed aver spalancato la porta della nostra percezione più coscienziosa e pura, potremmo finalmente approcciarci alla città del Bramino con il giusto spirito. Lasciare che i solchi di quest'opera monumentale illuminino le zone d'ombra della psiche, dissetino il corpo e sconvolgano le profondità animalesche sopite.
Non un singolo pezzo di questo mosaico albiceleste è fuori posto, non una singola nota è superflua o suonata senza tutto il cuore che, nobile, richiede. L'unica clausola tra voi ed i Natas, badate bene, è l'ascolto tutto d'un fiato, senza saltare canzone alcuna. Pena, siete avvisati, la non completa visione della Ciudad de Brahman in tutto il suo estemporaneo fascino mistico. Sbrigatevi, la Verità è solo ad un'ora e un vinile da voi.



VOTO RECENSORE
87
VOTO LETTORI
97.66 su 9 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
1999
Man’s Ruin Records
Psychedelic Rock
Tracklist
1. Carl Sagan
2. Meteoro 2028
3. Tufi Meme
4. La Ciudad De Brahman
5. Siluettle
6. Brisa Del Desierto
7. Paradise
8. Alohawaii
9. Adolescentes
10. 999
11. El Resplandor
12. Rutation
13. Polvareda
14. Nadha
Line Up
Sergio Chotsourian (Voce, Chitarra)
Walter Broide (Batteria, Voce)
Gonzalo Villagra (Basso)
 
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