IMMAGINI
Clicca per ingrandire
Locandina del Dev Death Fest
Clicca per ingrandire
Skulld
Clicca per ingrandire
selvə
Clicca per ingrandire
Sanguisugabogg
Clicca per ingrandire
Fera
Clicca per ingrandire
Celeste
Clicca per ingrandire
Celeste
Clicca per ingrandire
Celeste
Clicca per ingrandire
Celeste
Clicca per ingrandire
Celeste
CERCA
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

25/04/25
ART NATION
The Ascendance

25/04/25
BLACK SWORD THUNDER ATTACK
Black Sword Thunder Attack

25/04/25
PROST
Believe Again

25/04/25
VENATOR
Psychodrome

25/04/25
VOLAND
The Grieving Fields

25/04/25
HAEMORRHAGE
Opera Medica

25/04/25
CADAVER
Hymns of Misanthropy

25/04/25
AEONYZHAR
The Profane Era

25/04/25
COSMIC CATHEDRAL
Deep Water

25/04/25
HATE FOREST
Against All Odds

CONCERTI

25/04/25
SWALLOW THE SUN
LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

25/04/25
FRONTIERS ROCK FESTIVAL
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)

25/04/25
DELTA SLEEP
INIT RCCB, VIA DOMENICO CUCCHIARI 28 - ROMA (CASAL BERTONE)

26/04/25
RHAPSODY OF FIRE
AUDITORIUM DI MILANO FONDAZIONE CARIPLO, LARGO GUSTAV MAHLER - MILANO

26/04/25
FRONTIERS ROCK FESTIVAL
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)

26/04/25
DELTA SLEEP
CORTE DEI MIRACOLI, VIA ROMA 56 - SIENA

26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)

26/04/25
NORTHERN DARKNESS FEST
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)

27/04/25
HEILUNG
TEATRO ARCIMBOLDI - MILANO

27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO

DEV DEATH FEST - TPO, Bologna (BO), 26/11/2022
10/12/2022 (842 letture)
Introduzione, conclusione, foto e live report di selvə, Celeste, þe Clovde of Vnkowying e Full of Hell a cura di Alex “Black Me Out” Cavani.

Live report di Skulld, Sanguisugabogg, Fera e Rotten Sound a cura di Luca “Pez” Pezzetti.


Io e Luca aspettavamo con ansia la serata del 26 novembre, fin dal primissimo annuncio pubblicato sulle pagine social dell’attivissimo Circolo DEV di Bologna; era bastato un nome a convincermi a prendere subito il biglietto: Full of Hell. Da troppo tempo volevo vederli live e, praticamente a due passi da casa, non potevo perderli anche stavolta. D’altronde a Luca interessavano molto i Rotten Sound, anch’essi annunciati fin da subito, perciò eravamo a cavallo. Nel corso delle settimane il festival si è arricchito di nomi succosi, ma quando abbiamo saputo della presenza dei Celeste allora siamo andati definitivamente in brodo di giuggiole. Dunque, una volta arrivato il giorno, ci siamo presentati ai cancelli del TPO – uno spazio davvero troppo poco valorizzato, ma che si rivelerà fantastico sotto tutti i punti di vista – con la consueta puntualità, constatando fin da subito un’affluenza più che cospicua. Nel piazzale di fronte al locale è piazzata la zona ristoro curata dal collettivo La Zappa e il Mestolo, realtà culinaria di casa a Soliera (MO) e orientata verso la filosofia vegana, che ci delizierà più volte nel corso della serata. Una volta varcata la soglia del TPO invece si assiste subito ad una selezione di banchetti sfiziosissima: dalla vendita delle locandine della serata (bellissime, andranno sold-out in poco tempo) fino ad un’ottima proposta di cd e vinili –ad opera, tra gli altri, dell’ottima etichetta Spikerot Records– per arrivare chiaramente al merch delle singole band, dove ci accampiamo immediatamente. Riusciamo addirittura a scambiare due parole con Dylan Walker dei Full of Hell –la maglia rosa che ho comprato è già una delle mie preferite di sempre– che gestisce direttamente le vendite della band e ci accorgiamo che l’atmosfera è di quelle davvero piacevoli e famigliari. Il bar del locale è ben fornito e, oltre ad avere dei prezzi ottimi, apprezziamo tantissimo l’idea di fornire l’acqua gratis (!) a chiunque, tramite brocche riempite costantemente. Gli orari della serata verranno rispettati quasi alla lettera, per questo motivo ci avviciniamo al palco per iniziare a farci sfondare le orecchie con il primo gruppo del festival, che suona nella parte più avanzata del palco (la parte posteriore ospita infatti la backline dei gruppi headliner, per un’organizzazione degli spazi che renderà i cambi palco estremamente agevoli).

SKULLD
Primo gruppo ad aprire e prima piacevole sorpresa. Tocca ai cinque deathster cominciare le danze, ma lo fanno già con un pubblico ben presente nelle prime file. Capitanati da Pamela, i nostri macinano riff puramente old school che per antipasto alla serata sono più che ottimi. Certo, probabilmente non reinventeranno il genere, ma colpiscono molto la semplicità e allo stesso tempo il divertimento che il gruppo dimostra al pubblico del TPO. Interessanti anche le liriche dei brani con testi dal punto di vista femminile e testi femministi come come Daphne o Satanic Feminism. Si inizia bene coi suoni ben mixati che, da dove siamo posizionati, permettono di sentire tutti gli strumenti in maniera adeguata, anche quando decido di muovermi verso la prima fila per godermi appieno dell'ignoranza dei riff squisitamente death. Curiosità: alcuni giorni dopo io e Alex veniamo a conoscenza del fatto che uno dei due chitarristi, ovvero Enrico Monti, l'avevamo già visto live ma in ben altra occasione, ovvero con la band punk Oi! Güerra (qui il nostro report), ma storia ancora più divertente è che sempre Enrico è colui che durante il primo lockdown del 2020 diventò virale suonando dal balcone Raining Blood per l'anziana vicina (qui il video).

SELVƏ
Totale cambio di atmosfera con il secondo gruppo che sale sul palco: i selvə sono ormai un nome consolidato in ambito underground ed anche se la loro proposta fatta di (post) black metal atmosferico e screamo non è più attuale da almeno sei o sette anni, personalmente ho apprezzato tutti i loro tre album, con l’ultimo Doma (2018) che ho ripassato per l’occasione. Il set del trio è veloce, minimale e privo di interazioni con il pubblico. Il fumo è altissimo in tutto il locale e l’unica fonte di luce presente proviene dall’abat-jour presente davanti alla batteria. Ancora una volta un plauso ai fonici in sala poiché l’amalgama strumentale è godurioso e da dove siamo posti – all’incirca a metà sala – il suono globale è maestoso. Non c’è nulla che non funzioni nella prestazione dei selvə, ma il set risulta davvero troppo breve per i miei gusti e il cospicuo uso di basi preregistrate lì per lì mi ha fatto storcere il naso. Brani come Soire ed Alma ad ogni modo mi conquistano dalle prime note e quando la band scende dal palco sulle note di violino messe in base l’unico pensiero che ho in testa è: troppo poco, ne volevo di più.

SANGUISUGABOGG
Si prosegue con l'ignoranza e i Sanguisugabogg ne portano parecchia. Il gruppo propone un death metal decisamente groovy che diverte e fa muovere il collo a parecchie teste tra il pubblico, che è con il loro set che inizia il pogo importante. I quattro dell'Ohio sono decisamente affiatati e molto "presi bene" dalla situazione, infatti basta vedere come si muovono i chitarristi Ced Davis e Drew Arnold, con il primo che aizza la folla e la carica mentre il secondo macina riff a tutto andare; ma è il singer Devin Swank il mattatore della serata, che presenta le canzoni con un humour che mi fa ridere copiosamente come per esempio durante l'introduzione di Face Ripped Off, annunciata con queste parole: Questa canzone parla di staccare la faccia alle persone (letteralmente Face Ripped Off). I deathster hanno all'attivo un solo album pubblicato nel 2021, con il secondo in pubblicazione il prossimo anno. Tutto il set propone brani inediti, tratti proprio dal nuovo lavoro in studio! I nostri concludono il concerto dopo una quarantina di minuti visivamente soddisfatti del risultato del set. Siamo solo alla terza band, ma il livello è già altissimo.

FERA
Non c'è molto da dire su questo act, infatti il progetto elettronico che mischia noise e black metal è rappresentato da un'unica persona –Andrea De Franco– che, in mezzo al parterre, mixa sapientemente suoni puramente black con ritmiche tipicamente da musica elettronica. Sicuramente un ottimo modo per far preparare il palco per le band successive. Nel mentre io e Alex ci aggiriamo per il locale tra il merch e il cibo, il tempo passa rapidamente e sul palco si presentano quattro persone.

CELESTE
Uno dei momenti clou della serata arriva nel momento in cui il palco si oscura nuovamente e vengono proiettate alcune immagini sul fondale. A questo punto il TPO è già letteralmente pieno di gente e decidiamo di farci largo tra la folla per posizionarci nelle prime file. Sia io che Luca eravamo curiosissimi di ascoltare i Celeste dal vivo e la band di Lione non ci ha deluso affatto: il primo impatto è infatti devastante, con i volumi che raggiungono una soglia di decibel ragguardevole (un consiglio a tutti: non sottovalutate MAI i tappi per le orecchie ed evitate di fare gli eroi per nulla) e uno spettacolo di luci che lascia subito esterrefatti. È proprio il mix tra musica e luci che crea lo show migliore della serata, perlomeno dal punto di vista dell’intrattenimento. I colori predominanti sono il bianco e il rosso, alternati a fasci di giallo intenso e velocissime alternanze tra luce e buio, non per i deboli di cuore. Il sound dei francesi è noto a molti, ma stasera la formula in bilico tra post-hardcore e black metal si tinge di sfumature modernissime, con un groove solido garantito da Antoine Royer alla batteria e le chitarre di Guillaume Rieth e Sébastien Ducotté che formano un muro sonoro che talvolta sfiora lidi quasi sludge. Al centro c’è Johan Girardeau, catalizzatore di tutte le attenzioni del pubblico con le sue harsh vocals; da menzionare sicuramente il suono di basso del frontman, che fa vibrare le casse toraciche delle prime dieci file ad ogni plettrata. Se l’apertura affidata ad (A) rapisce tutti i presenti è però con il secondo brano che la folla si infiamma: infatti i quattro indossano le tipiche torce rosse sulla fronte e si buttano a capofitto in un’esecuzione sentitissima di De Tes Yeux Bleus Perlés, dove emergono fortissimi sentori post metal esaltati dal solito ottimo lavoro dei fonici. L’unico vero peccato riguarda la voce, che da questo momento in poi risulterà quasi inudibile per tutti i gruppi a seguire, perlomeno dalle primissime file. Poco male comunque, i tappi aiutano a comprimere il sound globale e il risultato è comunque estremamente godibile. Anche in questo caso l’interazione tra band e pubblico è pressoché nulla, ma stavolta non se ne avverte necessariamente il bisogno e il quartetto macina riff su riff per la gioia di tutti gli astanti. L’esecuzione di Le Cœur Noir Charbon è uno dei momenti cardine del set: la band si toglie le torce e sul fondale viene riprodotto il videoclip del brano, introdotto da una lunga sezione strumentale che accentua ancora di più le influenze “post” del gruppo. Un’abbondante spruzzata di fumo prepara il pubblico al gran finale, con la conclusiva Cette Chute Brutale che chiude un concerto magistrale e apprezzatissimo dall’intero TPO.

þE CLOVDE OF VNKOWYING
Altro momento all’insegna nel noise approntato nel parterre del TPO: le macchine elettroniche sul tavolo diventano più numerose e le sapienti mani di Andrea “Fera” De Franco e Gianmarco “Presente” le manovrano con foga imbastendo un'altra goduriosa performance stavolta più orientata all’harsh noise e al glitch. I due – cheprendono il loro nome dall’antico inglese– si presentano totalmente imbacuccati dentro impermeabili mimetici e già questo stimola la curiosità di molte persone che sembrano apprezzare i suoni sgraziati e metallici creati dal duo di stanza a Bologna. L’ennesima curiosità della serata riguarda il fatto che il set dei due noise-makers verrà registrato su nastro durante l’esibizione e la cassetta verrà poi illustrata sul momento da Andrea e donata a Dylan Walker. Il noise è anche questo.

ROTTEN SOUND
Prendiamo posto in prima fila centrale dopo la scelta tra la gloria di stare davanti e non sentire niente, ma vivere l'esperienza oppure stare indietro, sentire meglio, ma non godere appieno di una serata così. Cosa dire di un gruppo che è dal 1993 che macina grindcore su grindcore a suon di HM-2? Nonostante in studio siano ormai fermi dal 2018 con l'EP Suffer to Abuse, i nostri non hanno bisogno di nuove uscite per suonare dal vivo, anche se Keijo Niinimaa ha confermato che nel 2023 vedremo la pubblicazione del nuovo disco Apocalypse da cui la band suonerà ben tre brani nel corso del set. I finlandesi pescano da praticamente tutta la loro discografia, sia dal primo EP targato 1995 sia dall'ultimo LP Abuse to Suffer, segno che la band ha molte cartucce da sparare in sede live come Cops e Sell Your Soul, con un pubblico imbufalito che non smetterà di pogare per tutto il set. Chi sorprende della band è il nuovo bassista Matti Raappana che mi farà vivere cinque minuti di paura quando, finito il concerto, decide di buttarsi sul pubblico prendendo di mira letteralmente me e Alex, facendomi volare gli occhiali; per fortuna il tutto si è concluso per il meglio con le mie lenti sopravvissute senza neanche un graffio. Una nota di demerito però va detta: la voce. So che è tosta ottimizzare i suoni, ma veramente nelle prime file non si sentiva il microfono tant'è che l'unico momento in cui si sentiva bene Keijo è quando parlava con il pubblico, visivamente emozionato e commosso dalla folla.

FULL OF HELL
Il gran momento è finalmente arrivato e il palco dei quattro ragazzi del Maryland viene allestito con un’abbondanza di casse Orange e l’immancabile arsenale di macchine noise manovrate da Dylan Walker. Dispiace moltissimo il fatto che in formazione non figuri il chitarrista Spencer Hazard, ma per questo tour europeo al suo posto è stato chiamato Gabe Solomon, militante nella band stoner Dirt Woman. Certo, per me Hazard è un piccolo genio e avrei voluto tanto scambiarci due parole, ma non si può dire che Solomon sia un cattivo sostituto, tutt’altro! La stratocaster azzurra tenuta ad altezza ascellare non farebbe pensare ad un sound grindcore/noise, ma bastano pochissimi secondi per cambiare idea. D’altronde i Full of Hell hanno sempre giocato con questa immagine da hipster capaci di trasformarsi sul palco in autentiche belve ed è anche questo il bello di questo gruppo. Lo stesso Dylan appare come un hipster tout court, con le sue Superga bianche e la camicia abbottonata con cura, ma la trasformazione di tutti è repentina e, dopo un velocissimo line-check, è proprio Dylan a dare il via alle danze con un’introduzione elettronica creata attraverso un particolare microfono corredato da un multi-effetto in cui il frontman canta, soffia e fischia a più riprese. Halogen Bulb fa scoppiare la sala e subito assistiamo ad una prova mostruosa del batterista Dave Bland, che governa una band completamente folle guidata da un Dylan protagonista assoluto, il quale si scaglia sulle prime file per sgolarsi insieme ai fan più esagitati. Dopo il set dei Rotten Sound – e le relative botte prese –io e Luca ci dividiamo e mentre lui arretra io decido di stare fisso in prima fila per poter saltare sulle transenne e raggiungere il microfono del frontman durante i numerosi momenti in cui lo porgerà direttamente a noi per urlare i testi di Crawling Back to God (che scatena una bolgia infernale) o Eroding Shell. La quantità di gambe in aria non si conta e la carica generale del pubblico –l’atmosfera adesso è genuinamente hardcore piuttosto che metal– aumenta la foga del gruppo, che non si risparmia in nulla. È impossibile descrivere le sensazioni che si provano durante un set dei Full of Hell e per farvi capire quanto mi sia sentito coinvolto a un certo punto ho deciso di togliermi i tappi e immergermi completamente nel frullatore grind della band, arrampicandomi sulle transenne e andando a creare insieme a un paio di ragazzi un trio di urlatori perennemente in contatto con Dylan. Il frontman ringrazia spesso il pubblico e alterna costantemente la propria furia schizoide –il growl e lo scream di questo ragazzo rimangono incredibili, anche di fronte al già citato problema della voce nelle prime file– ad una compostezza da chierichetto nei momenti in cui si destreggia tra i macchinari elettronici, mentre il bassista Sam DiGristine rimane più defilato, ma picchia senza pietà esattamente come i suoi compagni. Branches of Yew, Digital Prison e Gnawed Flesh sono solo alcuni degli episodi migliori che i quattro regalano al pubblico, ma non c’è mai un momento morto o meno esaltante durante la performance del gruppo, che non si ferma mai e sfrutta appieno i suoi quaranta minuti scarsi, concludendo il tutto con una scarica di distorsioni e feedback noise prima di esplodere nel riff della conclusiva Rat King, nel quale Solomon può sfoggiare i propri grassissimi suoni stoner/doom. È un vero e proprio trionfo, che va a chiudere una serata magnifica dalla quale non si sarebbe potuto desiderare di meglio.

RIFLESSIONI CONCLUSIVE
La prima edizione del Dev Death Fest è stata un successo, questo è chiaro e lampante. Un festival nato da un’idea forte in cui un manipolo di ragazzi ha creduto fino in fondo e che, per dirla con un poco di campanilismo, non poteva trovare migliore location di Bologna. Non siamo negli anni ’70, ma questa città è ancora in grado di attrarre realmente gli appassionati di musica di tutti i tipi e rimane una vera miniera d’oro per chiunque si dichiari amante di sonorità sperimentali. Chiusa questa parentesi “di cuore” c’è da chiedersi quali siano stati i punti di forza di questa serata, al di là di un bill capace di far gola ad amanti del metal estremo e del rumorismo più intransigente: sicuramente un’organizzazione attenta, puntuale e con pochissime sbavature, sia sul palco che sotto al palco; poi un’offerta ottima sia per il cibo che per il bar, con evidenti risvolti positivi dati dai prezzi onestissimi e dall’acqua gratis (c’è solo da imparare); infine un pubblico altrettanto rispettoso e attento, che lascerà il TPO pulitissimo –anche nei bagni– e vivrà tutta la serata con un senso di comunione e condivisione apprezzabilissimo. Da sottolineare anche l’onestà dei prezzi del merch delle relative band (addirittura sorprendenti quelli dei Celeste) e la generale disponibilità di tutti, dai musicisti al service. Dunque non resta che concludere con un sonoro “Lunga vita al Dev Death Fest”, sperando che questa sia la prima di tante, fortunatissime, edizioni. Io e Luca state certi che parteciperemo!



Uomo Tigre
Martedì 13 Dicembre 2022, 13.33.42
1
Questo si che era un festival da supportare! Ce ne fossero...
IMMAGINI
Clicca per ingrandire
þe Clovde of Vnkowying
Clicca per ingrandire
þe Clovde of Vnkowying
Clicca per ingrandire
Rotten Sound
Clicca per ingrandire
Rotten Sound
Clicca per ingrandire
Full of Hell
Clicca per ingrandire
Full of Hell
Clicca per ingrandire
Full of Hell
Clicca per ingrandire
Full of Hell
Clicca per ingrandire
Full of Hell
Clicca per ingrandire
Gli acquisti di Alex
ARTICOLI
10/12/2022
Live Report
DEV DEATH FEST
TPO, Bologna (BO), 26/11/2022
 
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]