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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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KROKUS + URIAH HEEP + BBR - Hallenstadium, Zurigo, 06/05/2023
13/05/2023 (741 letture)
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I Krokus, band di punta della scena svizzera che negli anni ’80 aveva raggiunto una notevole popolarità grazie ad album come One Vice at a Time, Headhunter e singoli quali Eat the Rich, già nel 2019 aveva annunciato il ritiro dalle scene per poi, nel recente, annunciare ai fans un ultimo risicato numero di date, tutte in madre patria; ecco quindi che quella del 6 maggio si presentava realmente quale ultima occasione per celebrarli. E fu così, che dopo decenni di incursioni in treno per evitare controlli post-concerto (in quell’area, grazie ai soliti connazionali incivili, la targhe italiche sono oggetto di prioritaria attenzione), organizziamo la trasferta su quattro ruote. Manco a dirlo, quando la crew è composta da un rimandato cronico in geografia e un ignorante totale di lingue straniere, si rivelerà una pessima trovata. Arriviamo non senza difficoltà attesa una certa criticità nella gestione del traffico autostradale, una coda spasmodica all’altezza del San Gottardo ritarda infatti la tabella di ben due ore. D’altro canto, da un’attenta ricognizione topografica non v’era possibilità di aggirare quel tratto, senza contare che la percorrenza precedente si era distinta per cantieri infiniti, continui restringimenti della carreggiata e limiti ridicoli (che peraltro nessuno rispettava ndr), fortuna loro che perlomeno i costi dei pedaggi, rispetto ai ladrocini nostrani, sono di gran lena inferiori. Attraversati i 16 chilometri di tunnel, ci paiono di fronte alcune vette innevate, distese verdi e mucche ovunque, Zurigo stiamo arrivando! Per buona sorte riusciamo ad arrivare a tempo debito e trovare parcheggio nelle vicinanze, entriamo quindi in uno stadio gremito fino all’osso. Non c’è nulla da obiettare, la location è stupenda, vanta una star lounge, spalti e pit, pulizia certosina, postazioni cibarie e di beveraggio bastanti, utilmente collocate e dai costi addirittura inferiori allo scempio visto negli ultimi tempi dalle nostre parti. In aria veleggiano due giganti cartelloni luminosi recanti il divieto di fumo, comprese E-cigarette. Da segnalare un ampio e ricco banchetto del merchandising per i padroni di casa mentre ancora una volta latita quello degli Uriah Heep. Palco e impianto audio/luce imponenti, ecco quindi una folla di quasi diecimila persone festanti prepararsi per l’inizio delle danze!
BBR Con precisione svizzera i BBR, acronimo di Buddies Beer & Rock n' roll, iniziano lo show alle 19:10. Berretto dei Motorhead accoppiato a maglietta dei Misfits per il cantante, Black Sabbath per il bassista. Diciamolo subito, la loro collocazione in casa nostra, anche in rapporto alla bill prestigiosa, sarebbe perlomeno inconsueta: si tratta infatti di una, seppur simpaticissima, cover band proveniente dal Cantone tedesco! Aprono con Running Wild degli Airbourne, proseguono con classici di AC/DC e Motorhead fino a intonare un pezzo di Johnny Cash sulla cui melodia vengono scanditi gli auguri al veterano batterista. A metà performance si avvalgono di una voce femminile, la brava Simona. I nostri parlano in tedesco quindi non intendiamo gli intermezzi col pubblico, che comunque approva e apprezza, questo alla fine è ciò che importa. Platea di prevedibile età medio-alta in giubilo, senza con ciò mai accalcarsi né strattonare per accaparrarsi indebitamente le prime file anzi, pure da queste parti vige la regola di riservare il posto qualora uno si assenti per rifornimenti beverecci o pit-stop in toilette. Siamo non a caso in un contesto culturale ove mentre noi avevamo Albano e Romina, ospitava Montreux, a conti fatti da sempre avvezzi alla buona musica e gli spettacoli di livello. Terminano alle 19:37 e dopo le foto di rito viene allestito il palco per una delle ultime grandi leggende ancora in circolazione.
URIAH HEEP Reduci da quello che è stato il concerto più emozionante del 2022, recensito nell’apposita sezione, il combo britannico si presta con estrema galanteria ad aprire per gli headliner. Capeggia anche stavolta il logo del cinquantenario, il set nell’occorso, come prevedibile avendo tempi più ristretti, sarà soltanto in elettrico, risultando così più compatto ed inebriante. Formazione immutata rispetto all’esibizione milanese, salgono sul palco col sorriso smagliante Mick Box e l’ugola di Bernie Shaw subito calda, che non mostra esitazioni. Si va avanti senza soluzione di continuità tra classici della portata di Traveller in Time, Too Scared to Run (il migliore episodio dell’album Abominog), l’immancabile Gypsy, primo brano scritto da Box per gli Heep, la bellissima July Morning che si illumina di un intenso assolo di basso seguito da quello di Box, costellato da tutto il suo inconfondibile campionario di mosse per aria. Nella successiva Lady in black il prefato imbraccia la chitarra acustica intonando quello che sarà il pezzo con la maggior partecipazione in assoluto degli astanti, che ne cantano all’unisono il ritornello. Si prosegue sulla via di Sunrise fino alla classica chiusura con Easy Livin’. Inutile dilungarsi avendoli visti e recensiti di recente, basti sottolineare come si sia trattato dell’ennesima prestazione impeccabile da parte di un mito ormai consegnato alla storia del genere a noi caro. V’è da rendere lode siano ancora in circolazione, capaci di regalare emozioni e vi restino il più possibile a lungo.
KROKUS Siamo purtroppo agli sgoccioli anche per quella che resta una delle maggiori realtà nel campo dell’hard rock di stampo europeo. E pare corretto, finanche comprensibile, il fatto che intendano chiudere a casa loro. Una muraglia di Marshall di “malmsteeniana” memoria introduce ordunque i protagonisti della serata. Cassa singola con doppio pedale per la batteria e amplificazione Ampeg per il basso ad alimentare la furibonda sezione ritmica, composta da ben tre chitarre. Le vicissitudini del vocalist Marc Storace sono oramai note, in particolare quella chiamata verso gli AC/DC tanto agognata e mai giunta…eppure nel 2016, perlomeno in sostituzione di Brian Johnson sarebbe stato decisamente più appropriato del pur rinato Axl Rose. Ma torniamo on stage, l’inizio è senza fronzoli col brano Headhunter, dall’omonimo episodio in studio targato ’83 con in sottofondo una gigantografia del logo del disco. Alla prova del fuoco il frontman piazza subito un paio di acuti palesando una prestazione assolutamente convincente. Da professionista di alto livello quale è, immaginiamo si sia preparato al meglio per l’evento. Segue un classico, quella Long Stick Goes Boom a lungo opener dei loro act sulla quale svettano effetti pirotecnici degni dei Kiss e un massivo lancio di coriandoli! Purtroppo verso la fine della canzone sopraggiunge un problema tecnico per cui la voce non risulta udibile, inconveniente prontamente risolto ed infatti nella seguente American Woman, cover contenuta nell’emerito One Vice at a Time del 1982 Storace riprende a ruggire dando strepito alle corde vocali! A partire dalla quinta Hellraiser il nostro, pur mantenendosi su elevati livelli considerando l’anagrafe, mostra qualche segno di affaticamento ma d’altronde siamo al cospetto di un vecchio guerriero che non deve più dimostrare nulla a nessuno ed è lecito si prenda qualche pausa di qua e di là. Ovviamente ci troviamo in una condizione nella quale tutti conoscono ogni singolo pezzo ed infatti Marc rimarca che “fa piacere essere a casa!”. Non può certo mancare in scaletta Eat the Rich, proposta al nono posto per poi passare ad un’altra cover, la celebre Rockin' in the Free World contenuta nel brillante album Big Rocks del 2017. Dopo un’ora e dieci interviene un provvidenziale assolo di batteria dove le pelli Evans e piatti Paiste vengono strapazzati a dovere dando sicché modo ai musicisti di prendersi una meritata tregua in vista dello scatto finale. Lunga pausa quindi, in attesa dei tempi supplementari che vedranno sciorinare ben quattro brani tra i quali spicca Dirty Dynamite con la partecipazione di Gölä, musicista assai popolare da quelle parti. Che sia un addio o un arrivederci poco conta: i Krokus, circostanza da noi impensabile laddove si fatica ad arrivare a numeri decenti perfino in venue molto meno capienti, hanno riempito uno dei più prestigiosi impianti a livello mondiale lasciando un segno indelebile nel cuore e timpani dei presenti, nel novero di una serata che non stupirebbe venisse suggellata in un live ufficiale.
GRAN FINALE La maledizione dell’autostrada elvetica si è abbattuta anche in fase finale. Al ritorno, privi di gb sui telefoni cellulari (attenzione alle tariffe), unica soluzione per tornare al di qua della Alpi risultava seguire l’autostrada allorquando, in una selva di incomprensibili segnalazioni voilà l’autista statuire, con piglio deciso “ecco l’indicazione per San Gottardo!”; salvo dopo un’ora, in barba a siffatta ostentata sicurezza, ritrovarci in Germania… in realtà, infatti, quella era la direzione per San Gallo... E così in piena notte, malvestiti, barcollanti e maleodoranti riusciamo comunque ad incontrare un crucco non ostile il quale divertito ed incredulo ci indica la via del ritorno, via Svizzera (passare attraverso il Liechtenstein con un guidatore del genere avrebbe significato finire in Grecia). Siamo perciò costretti a tornare indietro, tra folli biforcazioni nel bel mezzo della strada e la totale assenza di indicazioni per le località ticine, riuscendo cionondimeno a trascinarci a casa in tempo per la prima colazione, scassati ma beati.
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