|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
|
16/04/2018
( 1772 letture )
|
Quello dei Mad Hatter è un progetto power metal molto recente, partorito in terra svedese da Petter Hjerpe ed Alfred Fridhagen (Morning Dwell) nel 2017. L’idea di base è quella di “produrre un power metal di alta qualità, combinato con influenze heavy metal” ed è in forma di duo, a quanto pare, che hanno registrato l’album d’esordio. È stata poi reclutata una coppia di musicisti -Eric Rauti alla chitarra e Magnus Skoog al basso- al fine di potersi costituire ufficialmente come gruppo vero e proprio, in grado di calcare i palchi per portare il disco in sede live.
Fin dalla copertina dell’album, il riferimento all’opera più conosciuta di Lewis Carroll è palese nella scelta del moniker e nell’iconografia del gruppo, ma non contribuisce a salvare l’operazione Mad Hatter dalla mediocrità. Rispetto ai Morning Dwell la scrittura è forse più lineare, ma dato che a brillare per l’assenza è qualsiasi soluzione risulti particolarmente caratterizzante, ciò è un bene. Anche se gli arrangiamenti mostrano alcune volte l’idea di inserire elementi di rottura, queste si sposano infatti a metriche power molto scontate e ad un cantato che mostra dei limiti quando si spinge fuori dal suo recinto, ma che svolge tuttavia abbastanza bene il suo compito. A questo si aggiungono chitarre, basso e batteria che fanno il loro in maniera dignitosa, con assoli di stampo prettamente metal ed a volte con accenti neo classici, ma il limite congenito del prodotto è una scrittura troppo normale per la maggior parte del tempo e fumosa quando decide di osare. Ne consegue che un disco come Mad Hatter ha possibilità di salvarsi solo a patto di riuscire a trovare qualche espediente più indovinato ed in grado di attirare l’attenzione. Diversamente, è destinato a scivolare via senza lasciare traccia. L’apertura affidata a Mad Hatter Shine testimonia subito la volontà di cercare di costruire qualcosa su un terreno solido, che non faccia rischiare cedimenti strutturali alla costruzione musicale che vi è ancorata sopra, ma quel che ne viene fuori è un pezzo pretenzioso, privo di una direzione e, con i suoi quasi nove minuti di durata, troppo lungo rispetto al contenuto. Già il riassunto di gran parte dell’album. Da The Gunslinger a Go tutto procede in maniera abbastanza noiosa e priva di sussulti, con la sola “edguyana” Fly Away in grado di colpire parzialmente nel segno all’altezza del ritornello; ma è poco. Phantom Riders risolleva parzialmente le sorti dell’album e ne introduce la parte migliore, che si concretizza con Vengeance in His Mind, canzone che presenta un solido lavoro chitarristico ed un altro bel chorus. Purtroppo, in mezzo alle due tracce è piazzata l’insipida Face the Truth, uno di quei brani “happy metal” che possono essere classificati nella categoria “fillers” senza tema di rimorsi. A sorpresa, dato che siamo già nella parte conclusiva, da Vengeance in His Mind l’album sembra vivere il suo momento migliore, con Bring Me the Moon che svolge il suo compito di canzoncina leggera e ruffiana, Mad Hatter Become che rimane in testa con facilità e risulta forse la cosa migliore del CD e la bonus track Death Angel Sings che punta tutto sui BPM e riesce, almeno in virtù del suo piglio, a lasciare una dignitosa impressione finale. Niente che faccia gridare al miracolo, comunque.
Dato questo quadro, Mad Hatter è un disco formalmente ben fatto, ma scontato, eccessivamente lungo rispetto alle qualità che può offrire e troppo poggiato su metriche power metal sentite innumerevoli volte prima. La presenza di due o tre pezzi migliori rispetto alla media, oltretutto posizionati in scaletta in maniera discutibile (un brano come Mad Hatter Become ed al netto di eventuali necessità di racconto, per esempio, se posto nella prima parte avrebbe contribuito a rendere tutto più interessante), non salva la situazione. Un album e una band che, allo stato, sono da consigliare solo ai fan più incalliti del genere, ma che non si segnalano in alcun modo rispetto ad uno sconcertante numero di altri gruppi dello stesso livello presenti sulla scena ed alla ricerca di una propria cifra stilistica.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
1
|
Considerato ce siamo nel 2018 e tutto ciò che nel power era da dire è stato detto, questo risulta un buon disco. nulla di che ma positivo. Canonico power con qualche inserimento alternativo comeassoli di pianoforte e coretti per lo piu scontati, ma si lascia ascoltare.
Io gli do un 63. non di piu, di grande valore la produzione impeccabile. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Mad Hatter Shine 2. The Gunslinger 3. Dancing Light 4. Fly Away 5. Go 6. Phantom Riders 7. Face the Truth 8. Vengeance in His Mind 9. Bring Me The Moon 10. Mad Hatter Become 11. Death Angel Sings (Bonus Track)
|
|
Line Up
|
Petter Hjerpe (Voce) Eric Rauti (Chitarre) Magnus Skoog (Basso) Alfred Fridhagen (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|