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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Author & Punisher - Krüller
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14/03/2022
( 1158 letture )
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Tristan Shone è un musicista californiano visionario, che da alcuni anni è salito agli onori della cronaca per via della sua capacità di creare musica tramite l’utilizzo di vere e proprie macchine sonore da egli stesso create. Per capire al meglio di cosa si sta parlando basta guardare uno dei video live facilmente recuperabili sul web dove il nostro, sotto il moniker di Author & Punisher, si esibisce letteralmente incapsulato all’interno delle sue macchine elettroniche comandate attraverso ogni parte del suo corpo. L’impressione è quella di trovarsi all’interno di un’officina meccanica e venire oppressi dai suoni e dai rumori che gli strumenti del mestiere emettono venendo colpiti, percossi o anche solo spostati dal proprio deus ex machina. La carriera di Shone è piuttosto longeva a dire il vero, anche se il successo è arrivato solamente in tempi recenti: vi basti sapere che la sua creatura principale ha sfornato nove album a partire dal 2004, con i primi due pubblicati in maniera indipendente e i successivi tre con l’aiuto di piccole etichette. Nel 2015 il musicista/ingegnere ha solleticato l’interesse del noto Phil Anselmo, il quale lo ha fatto accasare presso la sua Housecore Records per altri due album e infine ecco arrivare la grande proposta da parte del colosso Relapse Records, che ha donato a Shone il meritato successo internazionale. Con la storica etichetta metal sono usciti due dischi firmati Author & Punisher: il primo – Beastland (2018) – rimane ad oggi l’album di maggior successo del progetto, mentre Krüller, l’ultimo arrivato, si appresta a bissarne i risultati.
È sintomatico come la musica di Tristan Shone, dapprima estremamente fredda e programmatica, perfettamente inquadrabile nei canoni dell’industrial marziale e del drone/noise, si sia man mano ammansita con l’avvicinamento alla scena metal, all’interno della quale il californiano è sempre stato ben accetto, sebbene nei suoi dischi e nei suoi live manchino totalmente strumenti quali chitarre, basso e batteria. In questo senso Beastland ha compiuto un vero salto in avanti per quel che riguarda il songwriting di Shone, il quale ha avuto modo di confrontarsi maggiormente con la forma canzone incorporando movenze e sonorità tipicamente metal, tali per cui il disco ha avuto un successo notevole proprio in quel campo. Contemporaneamente la fama e le capacità compositive del musicista sono cresciute esponenzialmente e l’aspettativa per il seguito dell’album del 2018 ha iniziato ad alzarsi a dismisura. Krüller è perciò il disco della conferma definitiva per Author & Punisher e fin dalle prime note si capisce come Shone abbia voluto superare ancora una volta ogni genere musicale per creare un tipo di sonorità che ormai è riconoscibile dopo pochi secondi e quasi del tutto inclassificabile. Intorno al progetto si è creato un interesse altissimo e perciò il disco pubblicato lo scorso 11 febbraio può vantare partecipazioni illustri, a partire dalla sezione ritmica dei Tool rappresentata da Justin Chancellor e Danny Carey fino ad arrivare alla collaborazione, spalmata su tutti i brani, con James Kent, ovvero Perturbator. Proprio da questo legame si può partire per analizzare meglio la musica contenuta in Krüller, dal momento che i punti in comune tra questo disco e l’ultimo lavoro di Perturbator – Lustful Sacraments (2021) – non sono pochi: innanzitutto un’atmosfera generale prevalentemente dark e soffusa, con ampio spazio dedicato a inserti atmosferici dallo spiccato carattere melodico (una vera novità per Tristan Shone); in secondo luogo vengono messi in primo piano i sintetizzatori in più di un’occasione, laddove un tempo il posto da protagonista era riservato esclusivamente alle percussioni, in pieno stile Godflesh. Krüller è senza dubbio il disco più melodico nella carriera di Shone e se questo potrebbe spiazzare chi ha amato lavori senza compromessi come Drone Machines (2010), dall’altra parte il risultato finale è davvero intrigante e a tratti sorprendente. Un brano come l’iniziale Drone Carrying Dread ad esempio sarebbe stato impensabile anche solo cinque o sei anni fa, mentre oggi funziona a meraviglia grazie ad una scrittura intelligente e ragionata che mette in rilievo le buone capacità vocali di Shone unitamente ad un uso meno intransigente delle macchine, che si amalgamano al suono degli strumenti elettrici ed acustici con naturalezza. Non si peccherebbe di presunzione se si definisse un pezzo come questo il perfetto incontro tra pesantezza industriale e eteree movenze shoegaze. Il che suona ancora più bizzarro se si pensa che le chitarre di questo disco sono state tutte scritte da Phil Sgrosso, membro degli As I Lay Dying ed anche manager dello stesso Shone. Gli otto minuti iniziali riescono a scorrere con leggerezza, ma senza mai perdere quella cupezza caratteristica della musica industriale; le macchine sono ben presenti, ma per ora rimangono sullo sfondo.
È comunque solo questione di tempo, poiché già la seguente Incinerator alza i toni grazie ad un riff pesantissimo che mostra come ben si possano mescolare suoni meccanici, elettrici ed acustici; la voce si incattivisce di conseguenza, rimanendo comunque perennemente filtrata – una delle invenzioni più note di Tristan Shone è proprio quella che va a modificare la sua voce, che durante i concerti gli copre quasi interamente il volto – ed emerge con prepotenza la batteria di John Cota per quello che è un brano industrial metal a tutti gli effetti. La monotonia non sembra essere contemplata e dunque ecco giungere il momento più à la Trent Reznor dell’album: Centurion mette in campo una drum machine minimale che richiama prepotentemente gli anni ’90 e va ad inspessirsi progressivamente per lambire sul finale territori nuovamente metal, ma sempre venati da un afflato atmosferico piuttosto ingombrante. In questo caso la voce non convince fino in fondo a causa di un timbro fin troppo sforzato, ma è un aspetto che con gli ascolti passa in secondo piano. Dispiace poi che la presenza di Justin Chancellor sia sostanzialmente impalpabile. La vera sorpresa di Krüller arriva però con Maiden Star, vera e propria carezza shoegaze che non rinuncia a percussioni gigantesche, ma si affida totalmente all’incrocio tra le voci pulite di Shone e della moglie Marilia Maschion, riuscendo a convincere anche i più scettici. Sulla stessa scia si muove anche Misery, che può godere della presenza di un Danny Carey estremamente più composto del solito. Ritornano i riff schiacciasassi, ma la natura del brano rimane ancorata ad un ambient/metal spettrale e dark. Altra chicca posta prima del gran finale è la cover di Glorybox dei Portishead, che Shone riesce a trasformare in un brano perfettamente coerente con la scaletta del disco senza mancare di rispetto alla versione originale; anzi, l’interpretazione del pezzo è in linea con le movenze più atmosferiche e melodiche presentate fin qui e il musicista riesce anche a fornire una prova vocale finalmente di tutto rispetto. Forse in questo brano più che negli altri si sente la fortissima influenza di James Kent, resa ancora più esplicita nella chiusura affidata ai synth. Ci avviciniamo alla conclusione dell’album con la più sperimentale Blacksmith, che riassume perfettamente nel proprio titolo (“fabbro” in italiano) le sonorità offerte: le percussioni qui sono prevalentemente elettroniche e gli influssi EDM si incastrano con l’andamento breakbeat che forgia le fondamenta del brano. Su questa base il resto degli strumenti segue coordinate noise che potrebbero rimandare al passato di Author & Punisher, ma con una concezione compositiva totalmente rinnovata. La coda è invece noise puro, con momenti non distanti dal Merzbow più educato. A riassumere tutto ciò descritto fino a questo punto ci pensa la conclusiva titletrack, che chiude con eleganza il disco sfruttando al meglio i contrasti tra macchine e strumenti elettrici: con una prima parte al limite tra doom metal e drone ed una seconda invece maggiormente elettronica e rumorista Tristan Shone mette in chiaro la propria poetica, che ad oggi ha raggiunto un livello di complessità e definizione cristallino. Lo spoken word che puntella il brano qui e lì si spegne infine su un pianoforte malinconico che chiude il viaggio con un misto di stupore e tristezza.
Krüller è dunque il miglior disco di Author & Punisher? Questo è difficile da dirsi ora, ma senza alcun dubbio si può sostenere che l’album è il più completo e stratificato mai composto dal musicista californiano. Siamo certi anche che la scena metal accoglierà ancora meglio Krüller rispetto a Beastland perché in questo nuovo lavoro gli ammiccamenti al metal tout court sono ancora più espliciti. Si è mosso anche l’interesse da parte del movimento alternative e i motivi sono piuttosto palesi, leggendo le righe precedenti. Perciò la fama di Tristan Shone è in continua ascesa e Krüller sarà sicuramente l’ennesimo trampolino di lancio per espandere ulteriormente la propria influenza e il proprio peso nell’universo musicale estremo. Perché chiariamoci: sebbene il disco mostri molti più momenti atmosferici e melodici, rimane lampante come le sonorità siano ancora legate ad un immaginario pesante e di difficile comprensione da parte dei più; certamente però il tentativo di aprirsi ad un pubblico di ascoltatori più vasto è un obiettivo che Shone ricerca con attenzione ed intelligenza, senza mai tradire i propri iniziali intenti. In conclusione ci vorrà ancora un po’ di tempo per decretare l’importanza reale di Krüller, ma se Beastland ha lasciato un segno importante, le possibilità che il nuovo album faccia ancora meglio sono realisticamente probabili.
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4
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Grazie per la risposta Alex! Sei stato molto chiaro, beh mi sa che partirò da questo.... |
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3
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Album magnifico. L'uno due iniziale verrà ricordata. Era da tempo che non sentivo qualcosa di così interessate. Drone Carrying Dread miglior canzone.
Voto 85 |
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2
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Ciao @Korgull Sicuramente consiglierei questo disco a chiunque voglia iniziare a scoprire Author & Punisher. Personalmente preferisco leggermente il precedente "Beastland", ma solamente perché è molto più cattivo e marziale nei toni, mentre i lavori ancora precedenti sono quasi un mondo a sé, da recuperare sicuramente, ma magari in un secondo momento a meno che non si sia fanatici dell'industrial/noise elettronico tout court. |
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1
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Ciao Alex! Lo consiglieresti ad un nuovo adepto? |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Drone Carrying Dread 2. Incinerator 3. Centurion 4. Maiden Star 5. Misery 6. Glorybox 7. Blacksmith 8. Krüller
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Line Up
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Tristan Shone (Voce, Macchine, Elettronica, Produzione)
Musicisti Ospiti: Marilia Maschion (Voce su traccia 4) Phil Sgrosso (Chitarra) Justin Chancellor (Basso su traccia 3) James Kent (Synth) Jason Begin (Synth, Drum Machine, Produzione) Danny Carey (Batteria su traccia 5) John Cota (Batteria su tracce 1, 2)
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RECENSIONI |
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