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22/03/25
THE MEFFS
ASTRO CLUB - FONTANAFREDDA (PN)
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Zao - Where Blood and Fire Bring Rest
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15/02/2025
( 405 letture )
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Non ci può essere luce senza il buio. E non ci può essere redenzione senza il peccato. Così, il cammino che conduce alla luce è lastricato di dolore e angoscia, e bisogna attraversare le tenebre per arrivare alla salvezza. La salvezza rappresentata da Dio.
No, non sto avendo un momento di crisi mistica. Sto solo cercando di descrivere, in poche e sicuramente inadeguate parole, il nucleo attorno al quale ruota Where Blood and Fire Bring Rest, il terzo album degli americani Zao. Mai titolo fu più azzeccato per nominare un'opera che in quaranta minuti scarsi imbastisce una potente, sofferta ed epica avventura sonora capace di emozionare a livello profondo. Una lotta sanguinosa tra le fiamme, appunto, per arrivare alla pace.
Gli Zao nascono nel 1993 in Virginia, e sono stati tra i pionieri del metalcore, in particolare di quella branca definita "christian metalcore" o, più generalmente, "christian metal", una definizione che può essere riduttiva e anche fuorviante. I testi dei brani degli Zao hanno indubbiamente una base religiosa, a volte strutturati come vere e proprie preghiere, ma sono pregni di un cupo esistenzialismo e ricchi di immagini barocche e a tratti apocalittiche che, in definitiva, mantengono intatta la radice gotica tipica del metal e allontanano l'idea che la loro musica possa servire da sermone per indottrinare noi poveri peccatori. Quindi niente paura, metal cristiano o meno, questo disco è una bastonata sui denti che ha ben poco di angelico. All'epoca delle registrazioni di Where Blood and Fire Bring Rest la band aveva appena rinnovato la formazione (non era la prima volta e non sarà l'ultima) ed il batterista Jesse Smith era l'unico membro fondatore rimasto. Tra i nuovi arrivati c'era anche il cantante Daniel Weyandt, che imprimerà il suo marchio sull'album con una prestazione mostruosa.
Lies of Serpents, A River of Tears è la traccia d'apertura che ci catapulta nel bel mezzo della battaglia spirituale degli Zao, colpendoci in faccia con un pachidermico riff in puro stile hardcore, sul quale si rovescia il maligno cantato black di Weyandt la cui voce sembra provenire direttamente dall'inferno. Dopo questa prima bordata, una intro acustica dal ritmo tribale introduce To Think of You Is to Treasure an Absent Memory, brano tra i migliori della scaletta, il cui testo è un grido di dolore per la perdita dei propri cari; cupo e minaccioso all'inizio, si apre in una melodia catartica e sognante tracciata delle chitarre nel refrain centrale, che riprende il titolo dell'album. Con le prime due tracce la proposta musicale dei Nostri si rivela da subito poliedrica, moderna e ricercata eppure di immediata assimilazione e, soprattutto, magnificamente ispirata. Le canzoni non seguono mai uno schema preciso, data anche la breve durata di quasi tutte le tracce, ogni pezzo è come un breve racconto che si dipana attraverso continui cambi di ritmo e di atmosfera e sorprende continuamente l'ascoltatore. Parti veloci si alternano spesso a bruschi rallentamenti dal sapore doom, nei quali i riff diventano macigni e le urla raschianti di Weyandt colpiscono ancora più duramente. Ne sono un esempio March ed Ember, quest'ultima costruita su un inesorabile crescendo di aggressività, perfettamente concentrato in nemmeno due minuti e mezzo di durata. La base hardcore, come si evince dalla già citata prima traccia, è sempre presente nel tessuto sonoro degli Zao e in certi casi prende il sopravvento, come in A Fall Farewell o in For a Fair Desire, mentre in altre occasioni si fonde con suggestioni black metal, come in The Latter Rain o Fifteen Rhema. Il black è certamente tra le influenze più marcate presenti nel disco e proprio The Latter Rain ne è l'esempio più lampante. La traccia è tra le più lunghe del lotto, pregna di un'atmosfera sinistra e impreziosita da un terrificante finale in cui la voce acida di Weyandt grida sullo sfondo di un'altra voce filtrata (presumibilmente sempre quella del frontman) che farnetica con tono disperato. Stralci di parlato con voce pulita irrompono di tanto in tanto nei brani, scandendo fragili momenti di quiete o introducendo l'argomento del testo come in Ravage Ritual, in cui viene descritta una breve e suggestiva scena della caduta di Lucifero e degli angeli a lui fedeli. La chiusura del disco è affidata a Violet, dove un solitario pianoforte scandisce note dolenti e malinconiche, portando finalmente quella pace predetta dal titolo dell'album, dopo il sangue ed il fuoco.
Where Blood and Fire Bring Rest è giustamente annoverato tra le pietre miliari del metalcore ma, al di là del sottogenere di appartenenza è un magnifico album di heavy metal, l'apice della produzione della band americana. Un album intenso, teso allo spasimo, esaltante e adrenalinico come deve essere ogni buon disco metal, ma anche profondo, sfaccettato e altamente suggestivo, che stupisce per quanto riesca a suonare moderno ancora oggi, a quasi trent'anni dalla sua uscita.
L'ascolto non è consigliato, è obbligatorio.
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1
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Non li conoscevo, che bomba di disco!! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Lies of Serpents, a River of Tears 2. To Think of You Is to Treasure an Absent Memory 3. A Fall Farewell 4. March 5. Ember 6. Ravage Ritual 7. Fifteen Rhema 8. For a Fair Desire 9. The Latter Rain 10. Violet
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Line Up
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Daniel Weyandt (Voce) Russ Cogdell (Chitarra, Basso) Brett Detar (Chitarra, Basso, Pianoforte) Jesse Smith (Batteria)
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RECENSIONI |
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