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LA MENADE - L'ambivalenza della natura umana
07/01/2015 (2375 letture)
Metal band tutta al femminile contraddistinta da uno stile piuttosto difficile da catalogare, ma decisamente intrigante, La Menade ci ha regalato un terzo album, intitolato DisumanaMente, particolarmente interessante e ricco di spunti. Abbiamo quindi raggiunto il gruppo per una lunga, altrettanto interessante chiacchierata. Buona lettura!

Barry: Ciao e benvenute su Metallized! Iniziamo da una domanda che permetta ai nostri lettori di conoscervi un po’ meglio: come vi siete formate e come mai questo nome, che richiama le mitologiche seguaci di Dioniso?
Tatiana: Ciao a voi! La Menade nasce intorno al 2000 dall'idea mia (Tatiana, voce/chitarra) e di Tanya (tastiere) di suonare insieme – prima suonavamo entrambe, ma in gruppi diversi. La ricerca degli altri musicisti non è stata facile all'inizio e ci abbiamo messo un po' a trovare una formazione stabile, ma alla fine ce l’abbiamo fatta; inizialmente eravamo composte da cinque elementi (avevamo una cantante, Serena, ed io ero soltanto chitarrista). Nel 2003, quando Serena ha lasciato la band, io mi sono trovata a ricoprire anche il suo ruolo, dopo che una serie di provini ci hanno convinte a restare in quattro (oltre a noi due, c'erano Lucia alla batteria e Cristina al basso)! Da quel momento, con questa formazione, abbiamo realizzato un Ep (Conflitti e Sogni, nel 2005), un full-length (Male di Luna, nel 2007), fatto qualche tour in Italia e ci siamo tolte qualche soddisfazione. Ma alla fine del 2007, qualcosa si è rotto nella nostra “magia” e Lucia e Cristina hanno deciso di lasciare la band. Dopo esserci prese una pausa per riflettere su quel che volevamo, io e Tanya non abbiamo avuto dubbi e abbiamo deciso di rimetterci in gioco. Così, sono arrivate Chiara, nel 2009, al basso e Laura, alla batteria, nel 2012. Ed eccoci ancora qui. Il nome viene dalla mitologia greca: come da te anticipato, le Menadi erano le sacerdotesse del culto del dio Dioniso, donne che nella società dell'epoca, non godevano di buona reputazione e, anzi, erano proprio malviste dal potere costituito e dalla società, rappresentando una forma di ribellione impossibile da controllare e gestire. Mettevano paura (anche per via della modalità con cui si svolgevano i riti di invocazione del dio, caratterizzati da canti e balli sfrenati e spesso culminanti in orge ed episodi di cannibalismo), erano considerate folli, non erano come si voleva che fossero le donne al tempo. Per noi la Menade rappresenta l'immagine di una donna forte, unica, capace di lottare e di non curarsi delle regole, una donna che si discosta e prende le distanze dalla perfezione e dalla bellezza e che abbraccia invece tutto ciò che è libertà, autodeterminazione e affermazione del proprio essere, anche se diverso.

Barry: Sono trascorsi ben sette anni dalla pubblicazione di Male di Luna, autoprodotto; a distanza di tanto tempo, ne siete ancora soddisfatte o, se poteste, cambiereste qualcosa? E come mai ci avete fatto aspettare tanto per riascoltare la vostra intrigante musica?
Tatiana: Sette anni sono tanti ed è inevitabile che cambi qualcosa in te e anche nei tuoi gusti o nelle tue esigenze quando ti rapporti alla musica. Male di Luna è stato un album importante per noi e rappresenta la fotografia della nostra musica in quel periodo. E' naturale che la musica evolva con te e che si plasmi anche ad immagine e somiglianza dei musicisti che partecipano al processo creativo. Non cambierei nulla di Male di Luna perché è come doveva essere..e poi ci sono dentro brani meravigliosi a cui restiamo legate. Certo, a risuonarli oggi, cosa che dal vivo capita, si sente un sound differente, un modo diverso di approcciare ad un brano che resta sostanzialmente quello, ma credo che anche questo sia nella normalità delle cose. Oggi la nostra musica è cambiata, perché siamo cambiate noi e perché possiamo godere della personalità di due nuove musiciste che, con le nostre, hanno dato vita ad un sound diverso, nuovo. L'attesa è stata lunga, soprattutto per noi: io e Tanya abbiamo dovuto affrontare momenti duri, dal prendere atto che La Menade come la conoscevamo fino a quel momento non ci sarebbe stata più, al fare i conti con i nostri problemi personali, a maturare la consapevolezza che la nostra musica era ed è più importante del resto e che amavamo così tanto suonare insieme che non ne avremmo potuto fare a meno. Ci vuole tempo per capire queste cose, per affrontare i propri demoni e per trovare nuove persone con cui continuare a condividere quello che ami. Sette anni ci sono voluti, nel nostro caso.

Barry: Veniamo ora al nuovo album, DisumanaMente, con un po’ di domande classiche: innanzitutto, come mai la scelta di questo titolo?
Tatiana: Il titolo richiama uno dei pezzi dell'album, un brano che parla della disumanità dell'essere umano, una disumanità che connota la società odierna. Una società che non ti vede, che non ti ascolta, che ti fa sentire e scoprire sola/o. In un album il cui concetto è proprio la lotta interiore dell'essere umano con le sue paure e la primaria preoccupazione di superarle, questo titolo ci sembrava adatto a focalizzare l'attenzione sul percorso, tragico, che porta la coscienza a prendere atto che il primo demone da affrontare è proprio in se stessi: se si cade e ci si lascia sopraffare dai peggiori istinti e dalle paure, è inevitabile rimanere schiacciati in un limbo da cui non si riesce a fuggire.

Barry: Come avete proceduto per comporre musica e testi? Da cosa avete tratto ispirazione, in particolare, per i testi? Chissà, magari un po’ di Nietzsche…
Tatiana: Il processo creativo resta lo stesso di sempre: nasce un riff o si gioca con un suono, un loop..si sviluppa un'idea e si porta in sala: insieme ci si costruisce qualcosa intorno e si suona finché non prende la forma che ci piace. I testi invece no: quelli nascono raramente prima, più spesso dopo la musica, e comunque sono sempre il frutto di emozioni, esperienze, sensazioni che è la vita stessa a fare emergere. I testi di questo album, in particolare, sono espressione di un disagio che nasce dalla consapevolezza di vivere un periodo storico triste, vuoto, alienante e individualista. La tua citazione di Nietzsche è del tutto appropriata: non a caso, sua è la tradizionale – è presente in tutti i nostri album - citazione inserita nel booklet dell'album: E se scruterai a lungo in un abisso, l'abisso scruterà dentro di te, che è esattamente il senso del nostro pensiero in questo disco.

Barry: Possiamo definire l’album una sorta di “concept”, ispirato ai conflitti insiti nell’essere umano? Anche la copertina, con questa netta demarcazione fra una metà “chiara” ed una “oscura”, sembra richiamare questa idea.
Tatiana: Assolutamente sì. L’ambivalenza che abbiamo voluto far emergere dalla copertina dell'album rivela proprio il rischio a cui l'umanità va incontro continuando in questa direzione: la bellezza ne uscirà sopraffatta, consumata, imploderà, divorata dall'interno dall'incapacità di affrontare quello che non capisce e che non vorrebbe accettare, ma che, senza appigli e in solitudine, non potrà fermare. E allora la metà oscura divorerà tutto. Il concept evidenzia proprio questo percorso, strutturato in prologo, tre atti ed epilogo, che passa dalla presa di coscienza della propria fragilità alla disamina degli orrori del mondo, per arrivare al tentativo di una reazione che però fallisce nel momento in cui l'anima si scopre divorata dalle sue stesse paure, avendo perso la forza di ribellarvisi, perché la ribellione è un rischio da correre e non sempre si è disposti a rischiare. La conseguenza è la morte interiore, la vittoria delle paure, perché il vero nemico non è fuori, ma dentro di noi e se perdiamo la forza e il guizzo vitale, se le paure ci distolgono dalle cose belle che abbiamo, si perde e si cade, vittima anche e soprattutto di se stessi.

Barry: Ci sono brani a cui siete particolarmente legate? Se sì, per quali motivi? (Ammesso che si possano dire, ovviamente) A me, in particolare, è piaciuta Nero Caos.
Tatiana: Nero Caos è uno di questi, per tutte, perché è il primo brano che abbiamo composto tutte e quattro insieme, a pochi giorni dall'ingresso di Laura nel gruppo. Ho scoperto grazie alla tua domanda che i brani preferiti, miei e di Tanya, sono gli stessi: Boogeyman, per il suo essere una specie di suite disperata ed imprevedibile fino alla fine o, come dice Tanya, un viaggio nel buio dell'anima verso la luce della salvezza e Maschere, per le sue liriche e per l'emozione che ci dà soprattutto la parte strumentale, sia all'ascolto che quando la suoniamo. Ma Boogeyman mi è stata indicata anche da Laura per il suo essere un brano viscerale che scuote emozioni varie e diverse, tutte profonde, dalla rabbia al sollievo ritrovato. Con Chiara, invece, Laura condivide l'amore per L'Assassino, energico, granitico e deciso, pezzo che ci divertiamo tutte parecchio a suonare. L'ultimo brano, segnalato da Chiara, è Sogni e Lacrime, forse per il suo essere insolitamente più “sbarazzino” e, a livello di linee di basso, sicuramente anche piuttosto divertente da suonare.

Barry: L’album è il primo che pubblicate con una casa discografica, in particolare la Valery Records; come vi siete trovare a lavorare con loro? Siete soddisfatte di aver scelto loro come label?
Tatiana: Sì, vero, è la prima label a cui affidiamo un nostro lavoro. Ci siamo occupate personalmente della produzione artistica ed esecutiva dell'album, insieme a Luciano Chessa, presso il cui studio (Moon Voice Recording Studio, a L'Aquila) abbiamo registrato e mixato l'album. Abbiamo curato e deciso ogni aspetto di questo album, dalla composizione agli arrangiamenti, al mastering (affidato allo Studio73 di Riccardo Pasini, “Paso”, di Ravenna), alla scelta di tutti i collaboratori (Gian Mario Ortu per la realizzazione della copertina, Dooms Illustrations per l'artwork, Tania Alineri per le foto promozionali). Poi, una volta finito il tutto, abbiamo scelto la Valery Records per la pubblicazione e la promozione dell'album, sapendo di poter contare sulla serietà e sull'esperienza di Niki sul campo.

Barry: Proponete uno stile musicale piuttosto variegato e non facile da catalogare: se doveste darne una definizione, che termini usereste?
Tatiana: Eccola..la mia domanda preferita!?! A dire il vero, preferisco che siano gli altri a dirci cosa sentono dentro la nostra musica perché per noi è piuttosto difficile riuscire a sintetizzare un mondo di influenze e di backgrounds che, credo più casualmente che volutamente, confluisce nel nostro sound. Nascendo la nostra musica più da un'esigenza che da una precisa idea di dove si andrà a parare, non è facile da interpretare e da “leggere”. E' un po' come un flusso di coscienza che si snoda, senza regole, ma che esprime pensieri intimi, solo non organizzati razionalmente. Per prenderla larga, potrei dirti che facciamo un alternative metal intimistico, emozionale, profondo...ma una definizione, proprio non saprei.

Barry: Come mai la scelta di cantare in italiano? Non temete che possa un po’ “penalizzarvi” sul mercato internazionale?
Tatiana: E' stata una scelta al tempo stesso naturale e voluta. Nel primo senso, essa è conseguenza immediata dell'intimismo tipico dei nostri testi. Quando vuoi descrivere un'emozione, viene da sé farlo nel modo più congeniale, spontaneo..la tua lingua madre ti consente di scegliere accuratamente ogni singola parola, di darle la giusta sfumatura, di utilizzare figure retoriche e accorgimenti senza neanche pensarci su troppo..il famoso flusso di coscienza richiede una certa familiarità. Nel secondo senso, posso dirti che eravamo perfettamente coscienti di correre un qualche rischio di vederci chiuse le porte di un mercato più ampio e, diciamocelo, più vivo: ma le cose facili non ci sono mai piaciute e il fatto di accostare un genere musicale tipicamente anglofono con una sonorità lirica diversa, beh, ci ha anche entusiasmate e credo sia uno dei punti focali del nostro modo di comporre. Abbiamo scritto e, probabilmente, scriveremo ancora, anche in inglese in futuro, ma con l'italiano la nostra musica trova il suo completamento e devo dire che anche dall'estero abbiamo ricevuto apprezzamenti in tal senso, anzi pare che sia proprio l'uso di una lingua insolita ad affascinare ed incuriosire parecchio. Staremo a vedere. Ci piacciono le sfide.

Barry: Siete una band formata da sole donne, un po’ in stile Girlschool se vogliamo…avete mai incontrato “difficoltà” a suonare o di altro genere nell’ambiente rock/metal, notoriamente un po’ maschilista?
Tatiana: All'inizio sì, senza dubbio. Quando è nata La Menade, al contrario di oggi, non c'erano affatto molte musiciste, almeno a Roma. Era un fatto insolito e c'erano molti più pregiudizi di oggi – pregiudizi che oggi non sono scomparsi del tutto. Ci siamo trovate ad affrontare critiche di ogni tipo, a dover sudare il doppio per avere la stessa considerazione dei nostri colleghi, a dover dimostrare sempre qualcosa di più, in più. Ma sai che ti dico? Tutto questo ci ha rafforzate, ci ha fatto crescere e ci ha posto sempre davanti a nuovi ostacoli da superare, costringendoci ad impegnarci sempre per dimostrare che i preconcetti sono sbagliati e che meritavamo una diversa considerazione. Questo ci ha rese più forti e ci ha fatto maturare un nostro modo di essere che, in barba ai famosi pregiudizi o luoghi comuni, ancora oggi ci portiamo dentro. Non abbiamo mai voluto essere considerate un gruppo di donne. Ma una band, al pari di qualunque altra band e, come qualunque altra band, vogliamo essere giudicate per la nostra musica. Certo, di fronte ad una band di ragazze c'era curiosità..oggi non credo sia più tanto così. Ci sono tante bands valide con musiciste talentuose e creative, non è più una novità. Finalmente puoi essere giudicato per quel che fai.

Barry: E, per quel che avete sperimentato, cosa significa suonare questo particolare genere di musica nel nostro Paese?
Tatiana: Significa condannarsi ad una scena imprigionata nei suoi limiti, peraltro angusti. Significa sapere già che nel nostro Paese non viene dato spazio né c'è particolare interesse per il metal e quindi sai già che devi prendere tutto quel che c'è di buono e scappare da qui. La scena underground italiana è viva, pullulante di gruppi davvero validi, peraltro innovativi e interessanti…ma restano confinati in quella nicchia di pubblico che, e per fortuna che ancora c'è, ama cercare, incuriosirsi, conoscere cose nuove. Poi capita anche che spesso ti accorgi che il pubblico è composto principalmente da musicisti come te e che difficilmente si riesce a conquistare l'attenzione degli altri. Fuori di qui, da questo piccolo angolo di paradiso, c'è il buio, della musica, ma anche della coscienza, se mi permetti.

Barry: Se doveste elencare le vostre principali influenze musicali come band, quali gruppi citereste? A naso, nel vostro album ho sentito qualcosa di Tool, una spruzzata di Rammstein e Therapy
Tatiana: Direi che il tuo naso funziona. Nei nostri ascolti ci sono sì Tool, Rammstein, ma anche Mastodon, Korn, Metallica, Faith No More, Alice in Chains, Tori Amos, musica classica ed elettronica...tutto sommato sono influenze che agiscono su di noi in modo pressoché indiretto, molto inconsciamente, di cui noi spesso neanche ci rendiamo conto, perché fanno parte di noi e, alla fine, riescono fuori come e quando vogliono. Non c'è un'influenza ricercata, voluta. Facciamo quel che ci piace in quel momento e, se ricorda qualcos'altro, è perché quel qualcos'altro, evidentemente, in noi ha lasciato il segno e prima o poi si manifesta.

Barry: E se invece vi chiedessi i vostri modelli come musicisti? Quindi i vostri modelli come cantante, chitarrista, tastierista, bassista, batterista.
Tatiana: Personalmente non ho mai avuto un unico artista a cui ispirarmi, cantante o chitarrista che sia. Il fatto di aver iniziato a cantare è stata una sorpresa per me: la priorità assoluta è stata imparare a gestire la voce e le mani contemporaneamente, era una cosa nuova riuscire a trovare la sicurezza nel fare entrambe le cose. Ed in questo, da buona amante dei Metallica, non potevo che ammirare il buon James Hetfield, per il suo carisma, per la sua presenza sul palco, come frontman. Come chitarrista non amo molto il virtuosismo (o meglio mi piace ascoltare anche i virtuosi, ma non sono di certo una di loro). Cerco la melodia e soprattutto la “botta”, il muro di suono, ma anche la creatività, la commistione di generi. Quindi prendo spunti qua e là, senza concentrarmi su uno stile determinato o su un solo musicista. Tanya ha due punti di riferimento su tutti, quanto a capacità artistico/compositiva, e cioè Jean Michel Jarre e Trent Reznor; Chiara non ha un artista/bassista di riferimento, ma stima infinitamente Billy Gould dei Faith No More e Cass Lewis degli Skunk Anansie, mentre Laura non ha attualmente un batterista in particolare come modello da cui trarre spunto o ispirazione nella composizione o nell'approccio al suo strumento. Le piacciono diversi artisti e bands, anche molto diversi tra loro, e tutti contribuiscono in qualche modo al suo modo di vivere la batteria.

Barry: Progetti futuri dal punto di vista live?
Tatiana: Stiamo attualmente organizzando il tour promozionale di DisumanaMente, nell'ottica di riuscire a portare il più possibile in giro, in Italia ma anche all'estero, la nostra musica. Abbiamo suonato a Padova e Torino a fine novembre. Gennaio ci vedrà impegnate in altri appuntamenti live prima del release party a Roma..e poi, continueremo ancora così.

Barry: Grazie per l’intervista, inviate un saluto ai nostri lettori e (speriamo) vostri nuovi fan!?
Tatiana: Un saluto a tutti voi, con la speranza di vedervi sotto al palco ai prossimi live. Per qualsiasi aggiornamento vi ricordo il nostro sito web, presto on line con la sua nuova veste, www.lamenade.it e la nostra pagina facebook (La Menade-Pagina Ufficiale), per un contatto più diretto con noi.
Un ringraziamento a te e a Metallized per l'ospitalità!



Galilee
Mercoledì 7 Gennaio 2015, 16.59.45
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07/01/2015
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