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Hayvanlar Alemi - Psychedelia in Times of Turbolence
16/07/2020
( 732 letture )
Quando si pensa ai paesi che hanno dato i natali al rock negli anni ’60 e ’70 la mente di un ascoltatore di media cultura relativa a quest’ambito va direttamente ai più che celebri due poli mondiali che tengono banco ancora oggi: gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Su questo non c’è dubbio e non vi è nemmeno da disquisire oltre, ma se vogliamo poi esplorare altre aree di interesse geografico ecco che potremmo coprire meglio certe aree dell’Europa prevalentemente del nord come Germania e Scandinavia, scendendo verso Francia e anche Italia, per poi arrivare agli esotismi per molti ancora piuttosto oscuri di un paese come il Giappone, che non smette mai di stupire. Questo brevissimo e assolutamente incompleto quadro iniziale serve solamente a dare un piccolo riferimento di partenza per comprendere come vi siano aree del mondo che hanno visto nascere movimenti culturali (nel nostro caso rimaniamo nel campo della musica rock) parallelamente ai colossi USA e UK, ma che sono poco note al grande pubblico. E nel caso di oggi ci troviamo in Turchia, un paese non propriamente conosciuto per i suoi artisti rock, ma non per questo sprovvista di un passato di sicuro interesse: negli anni ’60 infatti rinchiusi nelle cantine di Ankara ed Istanbul molti ragazzi passavano i loro pomeriggi come i coetanei inglesi ed americani, provando a mettere insieme due chitarre e qualche base ritmica, ma rimanendo influenzati in modo particolare dalle suggestioni musicali del proprio paese d’origine, che ha sempre posseduto un bagaglio folkloristico di spessore. Anche la Turchia volle creare il proprio "Sessantotto" con gran parte degli stessi ingredienti degli inglesi e degli americani, ovvero chitarre elettriche, fuzz e batterie indiavolate, così da far nascere una piccola, ma folta scena garage rock in salsa mediorientale. Mavi Işıklar, Istanbul Erkek Lisesi e Izmir Özel Karsiyaka Lisesi furono tra i tanti che – così come in Italia – presero a riferimento i gruppi beat e garage inglesi per provare a crearne una propria versione nazionale, ma solo negli anni ’70, grazie al nascente progressive rock, iniziò una vera e propria contaminazione tra la musica pop europea ed americana e il folk turco, culminata in alcuni dischi di notevole interesse storico-culturale-musicale come Elektronik Türküler di Erkin Koray (1974), pura psichedelia progressiva anatolica. Artisti come lo stesso Koray, Barış Manço, i Moğollar e Cem Karaca erano letteralmente venerata in patria, ma non riuscirono mai a guadagnare successo al di fuori dei propri confini. Da un po’ di anni a questa parte invece sembra essere nato un curioso interesse per la riscoperta di quei suoni esotici e nostalgici grazie ad esempio alla straordinaria compilation danese del 2001 26 Turkish Delights: Ultrarities From Beyond the Sea of Marmara e band come gli olandesi Altın Gün ne sono la conferma più palese.

Ripartiamo proprio da qui per presentare gli Hayvanlar Alemi, trio dedito alla musica strumentale fondato ad Ankara nel 1999 ed autore di una sterminata mole di dischi, tra singoli, autoproduzioni, compilation, cassette, release digitali, demo e progetti paralleli dei singoli membri. Fermandoci ai full lenght ufficiali la band si ritrova con questo nuovo Psychedelia in Times of Turbolence al sesto album ufficiale, il primo uscito per Subsound Records (una curiosità: il trio prima di passare a questa label ha pubblicato un paio di dischi nel 2015 con Glitterbeat Records, la stessa etichetta dei già citati Altın Gün).
È necessario ricollegarsi alla tradizione musicale rock turca per poter parlare dello stile della band, proprio perché i tre musicisti pescano a piene mani da quei suoni per inglobarli nella propria particolarissima miscela di stoner e sludge; non solo, oltre alle inusitate scale utilizzate, tipiche della musica mediorientale, i nostri aggiungono al mix stilistico riverberi giganteschi che riportano alla surf music degli anni ’60 e spunti ritmici che passano agilmente da momenti quasi afro per rallentare progressivamente e lambire lidi drone. E ancora inserti folk dal sapore asiatico e altri che paiono provenire dalle assolate lande sudamericane, il tutto condotto attraverso uno stile compositivo che lascia ingente spazio all’improvvisazione dei singoli e non si lascia ingabbiare da strutture prestabilite. Gli otto brani dell’album, per poco più di mezzora di durata, sono definibili come pure jam psichedeliche immortalate nei loro momenti migliori ed impresse su disco.
Vero è che la chitarra di Özüm İtez è spesso più vicino a tonalità metal che non rock, ma la componente più dura degli Hayvanlar Alemi non prende mai il sopravvento in maniera troppo ingombrante, il più delle volte serve a donare un velo di oscurità ai singoli episodi, che quindi sono più vicini ai maelstrom da bad trip dei Grateful Dead di Dark Star piuttosto che alla psichedelia solare di band come Jefferson Airplane e Big Brother & The Holding Company. E a pensarci bene il rock psichedelico e progressivo della Turchia anni ’70 è esso stesso molto più cupo e riflessivo rispetto a quello inglese e americano, nella stragrande maggioranza dei casi. Ma non divaghiamo troppo, perché con il trio turco parliamo di musica che riprende da quell’epoca solamente determinate suggestioni, più concettuali che strettamente musicali. Parlare dei singoli episodi che compongono Psychedelia in Times of Turbolence ha poco senso in virtù del suo essere concepito come un unico flusso ininterrotto di musica eclettica e dirompente, ma ci sono comunque alcuni momenti che spiccano particolarmente come Kaos Sembolü Güneş ve Bahar, che è il brano più metal in scaletta, con il suo incedere doom accompagnato da un sottofondo drone asfissiante, ma che col senno di poi sembra fungere da introduzione per la finale Swans of St. Aarhus: più di otto minuti di funereo ambient/noise che sul finale lascia spazio a una sezione ritmica al limite del post punk, con un basso poderoso che si serve sempre di melodie orientali per condurre alla conclusione nuovamente noise un brano tanto sgangherato quanto intrigante.

È proprio questo il filo rosso che lega le composizioni degli Hayvanlar Alemi, la completa e totale libertà di spaziare tra i generi pur mantenendo salde le redini delle proprie tradizioni nazionali. Quando si ascoltano i pezzi del disco si ha seriamente l’impressione di essere sbalzati tra Ankara e Tangeri, con un occhio anche alla lontana Varanasi per certe influenze acustiche. Ma la musica rimane sempre delimitata, seppur con molte deroghe, allo stoner rock e allo sludge meno pesante ricoperto da una coltre nebbiosa di psichedelia, data sì dalle suggestioni esotiche della musica in sé, ma anche dal trattamento riservato agli strumenti in fase di registrazione e missaggio. In questa fase ecco sbucare un’altra gradita curiosità: l’album è stato registrato all’Inside Outside Studio di Montebelluna, in Italia quindi, dal noto Matt Bordin, che ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto nel nostro paese e non solo. Il lavoro di missaggio e mastering è stato poi ultimato dalla band stessa, ma è la sinergia tra registrazione e produzione finale che dona a Psychedelia in Times of Turbolence un carattere del tutto peculiare adatto a un ascolto attento e analitico.
Il disco è uscito in marzo, ma sembra essere pensato appositamente per la stagione estiva dal momento che la musica contenuta al suo interno riesce a trasmettere afa e calore desertico e sembra quasi di vederlo il deserto, ma non quello del Mojave, semmai quello di Tuz Gölü. A questo punto è quasi un obbligo recuperare il resto della vasta discografia degli Hayvanlar Alemi, perché se tutto ciò che si è ascoltato in questo album si ritrova anche nelle produzioni precedenti c’è solo da godere all’ascolto.
Per chiudere la recensione bisogna anche dire che non è tutto ora quel che luccica e il trio, nella sua sballata follia, talvolta deraglia eccessivamente rendendo alcuni momenti all’interno dei brani davvero poco chiari o eccessivamente prolungati, causando qualche istante di noia. Quando questo accade in un disco che dura poco più di mezzora ecco che diventa un problema. Forse i tre turchi dovrebbero cercare di contenere un po’ di più il loro lato lisergico e confezionare brani leggermente più "inquadrati" in futuro, ma ciò non significa che Psychedelia in Times of Turbolence sia un disco da tralasciare, tutt’altro anzi e sicuramente vi saranno molti ascoltatori che rimarranno intrigati dalla proposta etnica e psichedelica della band, noi compresi. La Turchia ha un altro gruppo da poter annotare tra le sue proposte musicali da scoprire e riscoprire al più presto.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
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No Fun
Lunedì 5 Ottobre 2020, 20.48.49
1
Che bomba. Un inizio che sembra Eye of the Tiger che si trasforma in una locomotiva che poi rallenta e spazia e sale rimanendo sempre pesante. Non ci sento però il deserto, anzi, montagne e caverne sì, scosse telluriche. Domani mi sparo prima il live degli Yawning Man poi questi e poi gli Oranssi Pazuzu, un viaggio all'inferno, e poi provo al contrario. La Divina Commedia cazzo!
INFORMAZIONI
2020
Subsound Records
Psychedelic Rock
Tracklist
1. News of the World
2. Referendum Day
3. Kuşkonmaz MMXVII
4. Aden
5. Thundercloud Museum
6. Kaos Sembolü Güneş ve Bahar
7. Swans of St. Aarhus
Line Up
Özüm İtez (Chitarra)
Hazar Mutgan (Basso)
Işık Sarıhan (Batteria, Percussioni)
 
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