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Avkrvst - The Approbation
06/08/2023
( 990 letture )
Due amici di infanzia si promettono da bambini che un giorno scriveranno musica insieme. Dopo più di 20 anni, un autunno piovoso e un gelido inverno sono loro complici, insieme a uno chalet sperduto nelle foreste norvegesi, per far sì che quella promessa venga mantenuta. Questa è la genesi del debut album degli Avkrvst, i due amici Simon Bergseth e Martin Utby, rispettivamente voce, chitarra e batteria della band. Il risultato? Una gemma oscura, un disco che racconta molto degli artisti che lo hanno composto, ma soprattutto uno degli esordi più maturi e "a fuoco" sul quale mettere le mani.

Eliran Kantor regala al disco una copertina evocativa, dove la "wooden cabin", la casa nel bosco simbolo di tanti film dell’orrore, ma anche dell’isolamento, della solitudine autoimposta oppure no, è protagonista, declinata in colori che virano dal marrone del terreno al rosso del sangue. Un grande albero morto sta lì, a guardia del tutto. Il cielo notturno però è segnato dal movimento circolare delle stelle, come a suggerirci che l’immagine che stiamo osservando faccia parte di una notte eterna, o con le parole dello stesso Kantor "Tutto a terra è dormiente e addormentato, mentre proprio sopra di noi l’universo non aspetta nessuno. Si correla molto bene ai testi, poiché in essi gli elementi del cielo giocano sempre la parte che è inarrestabile e hanno costantemente un effetto sulla persona sottostante, che guarda in alto e si trova travolta dalla gravità di ciò che lo circonda e da come lo fa riflettere verso l’interno".
In definitiva si può dire che la cover riassume molto bene il concept di fondo di The Approbation: l’isolamento, la solitudine, il sentimento di rassegnazione nei confronti dell’inevitabile, che sarà comunque affrontato in solitaria. La possibilità di salvataggio semplicemente non esiste, al massimo si può raggiungere un’accettazione e fare pace con sé stessi prima del proprio destino. Dopo la breve intro strumentale Østerdalen (che si scoprirà aprire in maniera circolare l’album riprendendo lo stesso arpeggio conclusivo della title track), The Pale Moon setta subito il mood dell’album, con Simon Bergseth che, utilizzando una timbrica pulita molto vicina nelle intenzioni allo Steven Wilson più cantautoriale, mette subito le cose in chiaro:

All I know is that I’m down
In the deep, cold sea that keeps pushing me around
All my faith has drowned
And my life feels like it’s burned to the ground

Helpless darkness
I know that the time has come to an ending
Despair lifetime
I know that the time has come for me to die


Le coordinate sonore sono al gruppo molto chiare: gli Opeth del post Steven Wilson, ma anche una buona dose degli stessi Porcupine Tree del periodo In Absentia, con sfuriate sature che sfociano in improvvisi sbocchi melodici e semi acustici. La conclusione del brano introduce anche il primo dei due frangenti in cui il cantante e chitarrista si confronta con un growl anche qui in pieno stile Akerfeldt, più feroce che epico o sofferto.
La successiva Isolation amplifica ulteriormente il dualismo sonoro all’interno delle composizioni degli Avkrvst, con una lunghissima introduzione frenetica e di chiara ispirazione prog metal per poi concedersi una parte centrale distesa e melodica, oltre che malinconica.
The Great White River sposta le coordinate sul sound dei Porcupine Tree più recenti, un mid tempo che anche qui si concede diverse aperture melodiche salvo sfociare in un refrain finale dove torna il growl di Bergseth, questa volta più alto e quasi vicino all’harsh vocal.
In Arcane Clouds emerge tutto l’amore degli Avkrvst per i vicini di casa Anekdoten, con organi Hammond in piena luce e malinconiche armonie e intrecci vocali. Questa quinta traccia potrebbe riassumere molto bene la proposta dei norvegesi. I fantasmi del passato continuano a tormentare il protagonista del concept, anche ora che ha accettato di aver quasi terminato il tempo su questa terra. Nonostante tutto, rimane difficile fronteggiare i propri errori e mancanze:

I know the ghosts will hunt me down
Into deep dark clouds they go
Finding new ways to make me drown
And I know they'll find me somehow

All I know is that time went by
I know my life here on Earth is passing by
Trespassing into darker clouds
Accepting that all my ghosts will hunt me down


La lunga Anodyne si rivela probabilmente il brano meno riuscito del lotto e nonostante un’ottima partenza spettrale con cori eterei e tastiere evocative e una sezione strumentale centrale esplosiva e incalzante, poi il brano nel finale chiude con un gioco di canti e controcanti un po’ banale e stucchevole nella risoluzione. La conclusiva title track riassume in maniera egregia tutto quanto espresso fin qui, condendo ulteriormente con inedite venature elettroniche e dark per chiudere in un finale dal sapore sinfonico e vagamente settantiano grazie all’assolo di tastiera.

In definitiva cos’altro dire di questo debutto? Se da un lato è innegabile che le influenze dei norvegesi siano palesi e per nulla celate e che da questi binari il quintetto non si allontani mai troppo, è altrettanto vero che un’opera prima così matura, centrata, pensata, sviluppata così bene e con tanta cura non si sente tutti i giorni. Niente è lasciato al caso, dalle orchestrazioni al mixing fino alle sonorità degli strumenti (ottima la batteria di Utby, profondo e definito il basso), e durante l’ascolto sia ha l’impressione di avere a che fare con musicisti navigati e con un percorso stilistico ben definito alle spalle, non certo con un gruppo che si presenta al pubblico per la prima volta.
Che sia un caso da un certo punto di vista fuori dal comune lo dimostra anche l’interesse di un gigante come InsideOut che ha preso subito gli Avkrvst in roster, o la collaborazione stessa di Kantor alla copertina. L’idea finale è che si sia di fronte a un progetto che, una volta limate alcune piccole scivolate e metabolizzato e interiorizzato ulteriormente il sound rispetto ai fari guida della band (Opeth, Porcupine Tree, Anekdoten principalmente, ma sono avvertibili altri gruppi più o meno famosi), sia già a pochi passi dal raggiungimento della vetta del prog rock attuale, e che questi siano pure molto veloci.



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
85.16 su 6 voti [ VOTA]
Marco
Mercoledì 6 Settembre 2023, 20.38.17
2
scoperti per caso nelle compilation di Spotify, mi hanno colpito subito. Gra bel disco! e ottima recensione....anch\'io ero convinto fossero un gruppo con diversi dischi alle spalle, ho subito cercato la discografia per poi scoprire che non c\'era nulla Il che è una buona notizia, in fondo. Avranno tutto il tempo e modo di perfezionarsi ancora di più e quindi di mettere l\'asticella ancora più in alto , e l\'hanno paizzata già bene devo dire
Graziano
Martedì 8 Agosto 2023, 21.01.07
1
Disco e recensione di altissimo livello. Album che si schiude ascolto dopo ascolto e che colpisce per la varietà dei registri adottati. Un mix riuscito tra progressive metal nordico e progressive rock inglese.
INFORMAZIONI
2023
Inside Out Music
Prog Rock
Tracklist
1. Østerdalen
2. The Pale Moon
3. Isolation
4. The Great White River
5.bArcane Clouds
6. Anodyne
7. The Approbation
Line Up
Simon Bergseth (Voce, Chitarra, Basso)
Edvard Seim (Chitarra)
Auver Gaaren (Tastiera)
Øystein Aadland (Basso)
Martin Utby (Batteria, Sintetizzatori)
 
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