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Death Tyrant - Opus De Tyranis
( 2357 letture )
Ci deve essere qualcosa di particolare nell’aria svedese (o più probabilmente nella loro birra) che possa giustificare la fertilità musicale della loro scena estrema negli anni ’90, che ha portato alla pubblicazione di alcuni degli assoluti capolavori dell’ambito death/black metal. Come dimenticare la leggenda, i Dissection? E questa scena sembra non aver perso tutto il suo smalto, grazie a coloro che quei tempi se li ricordano bene. Infatti, i Death Tyrant, nati dalle ceneri (se così possiamo dire) degli storici blackster svedesi Lord Belial, rivivono i fasti di quei gruppi leggendari, senza che quella vibrazione abbia perso lo smalto, restando invece aggressiva, fredda, cupa, come l’atmosfera della nebbia che si dirada su un paesaggio innevato sotto un cielo grigio, proprio come nell’indimenticabile artwork di Storm of The Light’s Bane, che è qui tributato innanzitutto nella figura del cavaliere oscuro e misterioso che appare sulla cover di questo Opus De Tyranis. Ma i Death Tyrant sono tutt’altro che una pallida copia: i fratelli e ormai veterani della scena Thomas "Dark" Backelin e Anders "Bloodlord" Backelin segnano l’inizio di una continuazione e di un rinnovamento nel percorso degli ormai abbandonati Lord Belial e, prese con sé delle new entry validissime, hanno portato a compimento questo full-length, che ora mi appresto a descrivervi.

Forti dell’eredità di band come i precedentemente citati Dissection, nonché gli imprescindibili Necrophobic, i Death Tyrant aprono il disco permeando immediatamente l’aria di quelle atmosfere tanto intrinsecamente legate al black/death svedese, fredde e cupe, ma ricche anche, in vari passaggi del disco, di abbellimenti acustici efficaci. In un continuo crescendo, la situazione melodica di partenza sfocia in un compatto e familiare rincorrersi di riff dal sapore epico e tagliente, accompagnati da blast beat e doppia cassa, presenti ma non sovrastanti rispetto all’eccellente architettura chitarristica. La voce della vera novità della line-up, Nárgraðr Agartha, è subito convincente e aderisce compattamente alla proposta musicale, ricordando molto, nell’abrasività sinistra dello scream, quella storica del compianto Jon Nödtveidt, dimostrandosi aggressiva ma anche immediatamente apprezzabile nella armonia delle linee melodiche. La sezione ritmica è ben integrata nello stile dei Death Tyrant, coprendo adeguatamente gli standard del genere, con blast beat e doppia cassa a dominare la parti lanciate, mentre quelle più lente sono potentemente cadenzate, merito della compattezza e adattabilità dello stile di Joakim Antonsson (batterista dei Nox Aurea). Ma sono le chitarre di Thomas Backelin e Dennis Antonsson a restare in primo piano durante tutto l’album, confermandosi l’aspetto più curato e interessante dei Death Tyrant; ereditano dal black metal dei Lord Belial l’atmosfera e la melodia, soprattutto negli inserti acustici che caratterizzarono dischi storici come Enter The Moonlight Gate, ma abbandonando parzialmente la linearità black per approfondire un songwriting più vario e complesso, dove le asce sono sempre potenti e pulite, lanciandosi in linee ben strutturate, laddove più graffianti (in stile Dissection o Necrophobic), più melodiche (richiamando gli stessi Lord Belial o i Sacramentum, altra band importante di questa scena) o infine più atmosferiche (e mi sembra opportuno, in questo caso, accostarli ai meno ricordati Vinterland).

Spendendo qualche parola sulle tracce, il songwriting non ha cali importanti nel corso del disco, ma si mantiene interessante, coerente con la (piuttosto inquadrata) scelta stilistica della band e sufficientemente personale per rendere l’ascolto di Opus De Tyranis appassionante. Se pezzi come Ixion o The End (quest’ultima ottimamente impreziosita dalle sperimentazioni acustiche) conquistano per la melodia evocativa, altri pezzi come Bathomet o Pandemonium spiazzano per la velocità e la pienezza delle ritmiche, richiamando direttamente lo stile dei Lord Belial o dei connazionali Naglfar. Episodio interessantissimo è quello della opener The Awekening of the Sleeping Gods, che ricorda lo stile di The Somberlain, o della successiva Impending Day of Wrath : entrambe riescono con successo a conciliare una struttura varia che fa proprie melodia ed incisività. Si potrebbe forse imputare a questo album, almeno al primo impatto, l’assenza di specifici momenti in grado, immediatamente, di lasciare un segno profondo nella mente dell’ascoltatore, sia perché forse la qualità del disco si apprezza nell’interezza dell’ascolto (anzi, direi di diversi ascolti), sia perché, similarmente allo stile delle influenze (che ho fin troppe volte citato), è spesso dominato da parti atmosferiche che rendono Opus De Tyranis meno diretto e immediato, ma più evocativo e profondo; non manca poi talvolta qualche passaggio prevedibile, ma la banalità non è certo imputabile a questo lavoro. Detto ciò, rapportando spesso lo stile dei Death Tyrant con altri gruppi della scena, è necessario specificare che pur trattandosi decisamente di uno stile già consolidato e profondamente sviscerato da vere e proprie pietre miliari della musica metal, i fratelli Backelin riescono ad imporre di nuovo adeguatamente la propria personalità anche su qualcosa di generalmente già sperimentato e sentito. Il risultato è comunque tutt’altro che un pallido tentativo di tornare agli anni ‘90, ma una naturale evoluzione o una rielaborazione più moderna del genere a cui si ispirano, il quale rivive intensamente nelle note di Opus De Tyranis, anche grazie a una produzione pulita, che rende il disco intellegibile in tutti i suoi aspetti.

Tirando le somme, i Death Tyrant sanno esattamente cosa intendono suonare, e l’obiettivo è raggiunto. La tensione del disco non ha importanti cali, l’atmosfera tetra è sempre densa e tangibile, i riff taglienti, la voce graffiante. Un grande modo di tributare i tempi che furono guardando al presente, di rievocare il vibe immortale di Dissection, Necrophobic e Lord Belial, con una produzione chiara e potente, senza sacrificare l’idea centrale di questo stile. E i Death Tyrant ne sono stati in grado, seppur con qualche critica minore da fare circa qualche spazio lievemente lasciato alla prevedibilità, ma gli aspetti positivi sono davvero moltissimi, più che sufficienti per definire questo un disco assolutamente buono e, dal mio personale punto di vista, un ascolto interessantissimo. Un ottimo inizio o meglio, se vogliamo, un punto da cui ricominciare per i fratelli Backelin, nonché un disco che non potrà mancare nella collezione degli amanti di queste sonorità.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
82.5 su 2 voti [ VOTA]
Luca
Venerdì 21 Giugno 2013, 17.27.47
2
Ma che bel dischetto... lo spirito dei Dissection rivive, anche se con le dovute proporzioni
MrFreddy
Sabato 27 Aprile 2013, 16.55.28
1
Bravo Nick, bella recensione per un disco di alta qualità! P.S.: che bello non è l'artwork
INFORMAZIONI
2013
Non Serviam Records
Death / Black
Tracklist
1. The Awakening of Sleeping Gods
2. Pandemonium
3. Ixion - The Fallen Kings of the Laphits
4. Baphomet
5. The End
6. Impending Day of Wrath
7. Tenebrae
8. A Greater Alliance
9. Wrath and Disgust
Line Up
Nárgraðr Agartha (Voce)
Thomas "Dark" Backelin (Chitarre, Voce)
Dennis Antonsson (Chitarre)
Anders "Bloodlord" Backelin (Basso)
Joakim Antonsson (Batteria)
 
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