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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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TEMPLE OF DEIMOS - Insistere sulla propria strada
24/07/2022 (873 letture)
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Dopo otto lunghi anni di latitanza tornano sulle scene i genovesi Temple of Deimos più agguerriti che mai , forti di un nuovo contratto con Argonauta Regords. In occasione dunque della pubblicazione del nuovo album, Heading to Saint Reaper, abbiamo scambiato alcune considerazioni in un’intervista con i membri della band ligure, dove oltre che a parlare del nuovo disco si parla della scena stoner mondiale, della ripresa delle attività live dopo gli anni della pandemia e della rinascita della musica rock degli anni sessanta e settanta.
Azog: Ciao ragazzi, come state? Benvenuti a Metallized.it! Ho appena avuto il piacere di recensire il vostro nuovo album, Heading to Saint Reaper. Al riguardo vorrei sapere se la pubblicazione era prevista per il 2022 o se la pandemia ha rallentato e di conseguenza posticipato la data d’uscita. Francesco: Siamo in un ottimo momento, stiamo bene e siamo pronti ad affrontare i live a supporto di Heading to Saint Reaper, la cui pubblicazione è stata posticipata di due anni a causa della pandemia. Le registrazioni erano già terminate ad inizio 2020 e le nostre intenzioni erano di farlo uscire entro la fine dello stesso anno ma il Covid ha stravolto i programmi.
Azog: Sono passati otto lunghi anni dalla pubblicazione del vostro secondo album Work to Be Done, album attraverso il quale ho conosciuto i Temple of Deimos. Onestamente, vi avevo perso di vista e la notizia della pubblicazione di Heading to Saint Reaper mi ha colto alla sprovvista. A cosa è dovuto questo lasso di tempo senza pubblicazioni ufficiali? Fabio: dopo il nostro secondo album abbiamo cercato di suonare il più possibile in Italia, facendo anche da band di supporto ai Mondo Generator e a Nick Oliveri nei Death Acoustic tour del 2015 e del 2017. Abbiamo suonato anche con band italiane che noi stimiamo ad esempio i Sonic Wolves, i Red Sun, Ananda Mida, Ojm, Alice Tambourine Lover. Tra Work To Be Done e Heading to Saint Reaper credo che una cinquantina di concerti li abbiamo fatti tutti. In seguito abbiamo pubblicato 2 brani I Left Behind e Ripping Apart e nel 2018 abbiamo fatto quattro date con Dandy Brown degli Hermano e Orquesta Del Desierto in Italia, gli ultimi appuntamenti dal vivo prima di immergerci completamente nella scrittura del nuovo album. Vi ringraziamo per questa domanda ci date modo di poter spiegare che in questi otto anni non siamo rimasti con le mani in mano.
Azog: Finora com’è stato accolto Heading to Saint Reaper dalla critica e dai fan italiani? Leggo parecchi siti specializzati esteri e mi sono imbattuto spesso (e con orgoglio) nelle recensioni più che positive del vostro ultimo lavoro. Francesco: Ora se ne sta parlando molto bene anche in Italia ma quando è uscito l’album i primi siti che ne hanno parlato erano tedeschi, finlandesi, inglesi, americani, alcune di queste recensioni erano davvero positive e lusinghiere. In quasi tutte viene sottolineato come la band sia maturata da un punto di vista compositivo e non solo. Speriamo sinceramente di far presa anche sul pubblico italiano come accade per il pubblico straniero, siamo consci che il nostro genere sia più seguito all’estero anche se sul territorio esistono ottime etichette che lavorano a livello internazionale e Band più che meritevoli di attenzione. Il disco sembra essere apprezzato in egual modo sia in Italia che all’estero tutto sommato.
Azog: Siete rimasti soddisfatti del risultato finale o avreste volute cambiare/aggiungere qualcosa in termini di composizione e produzione? Fabio: Sì, siamo rimasti soddisfatti, ma a una certa abbiamo dovuto per forza di cose metterci un punto. Come vi ha spiegato Francesco le sessioni strumentali di Heading to Saint Reaper furono ultimate a Settembre 2019 presso i Green Fog Studio di Mattia Cominotto, a Febbraio del 2020 è salito a Genova David Lenci, produttore dei primi due dischi. Con lui ho registrato i cantati così che abbiamo potuto mantenere un filo conduttore affettivo con i primi due album, e insieme anche a Mattia abbiamo riregistrato completamente Deadly Lines. Tendo spesso a buttarmi giù artisticamente riascoltando l’album a volte penso che un paio di pezzi avrei potuto cantarli meglio. Quando è arrivata l’ora di mixare e masterizzare abbiamo fatto qualche tentativo, però avevamo capito che quello che avevamo in mano ci serviva come biglietto da visita per fare ascoltare alle case discografiche e agli addetti ai lavori sperando di ottenere ingaggi, ma non era ancora sufficiente per potere mettere un punto e considerare il disco finito. Ci siamo presi tutto il 2021 per pensare come migliorare i suoni e lo abbiamo remixato e masterizzato completandolo definitivamente a Settembre 2021. La situazione della musica in Italia è stata veramente incerta, non volevamo buttare fuori un lavoro di cui non eravamo completamente certi ma anche in un momento in cui non ci era dato sapere quando sarebbe stato possibile tornare dal vivo data la situazione pandemica che ha sconvolto tutto.
Azog: Argonauta Records è una piccola e agguerrita label indipendente italiana, sempre molto attenta. Com’è nato il sodalizio con questa etichetta? nome intervistato: Gero ci mandò feedback positivi sul nostro secondo album, chiedendoci in futuro di tenerlo aggiornato se si fosse palesato il desiderio di fare un nuovo album. Con una sorta di mastering abbiamo cercato nell’Autunno del 2020 di aprire un dialogo con un po’ di label anche straniere. Abbiamo spedito anche alla Relapse , loro ci mandarono una risposta automatica dicendo che non era possibile aprire un contatto con loro con dei semplici wav mandati per mail, dovevamo invece preparare una bella spedizione con tutti i nostri lavori, una lettera di presentazione oppure allegare un nostro brano su un video porno oppure su un video sul Wrestling, la risposta automatica del server ci fece cadere dalla sedia perché furono geniali. Insomma tra risposte surreali e feedback siamo rimasti in balia per un po’ di mesi; tra le varie spedizioni non è mancata Argonauta che ci ha risposto in modo molto positivo facendoci una buona proposta discografica. Gero fin da subito ci ha dimostrato che sa fare il suo lavoro e che aveva le idee ben chiare.
Azog: Sono previste date dal vivo a supporto dell’ultimo nato (Covid permettendo)? Sono convinto che alcuni dei nuovi brani sarebbero devastanti in sede live. Fabio: Sì, in questo periodo stiamo programmando le date per i prossimi autunno e inverno per questo stiamo collaborando con Anche No Live di Ugo Mazzia, tra l’altro storico tour manager dei One Dimensional Man, ci sono già un paio di date chiuse e speriamo di pubblicare a breve il calendario dei concerti che andremo a fare.
Azog: Quali sono le band e gli artisti che vi hanno influenzato musicalmente? Alcuni sono evidenti, ma si avvertono sfumature e stili in sottofondo anche molto diversi tra loro nella vostra musica. Francesco: Le nostre influenze musicali sono molteplici, come hai giustamente sottolineato alcune sono fondamentali e non possiamo nasconderle perché facilmente riconoscibili, altre invece derivano da ascolti più ricercati e non scontati, sicuramente la musica degli anni 70 gioca un ruolo fondamentale passando per il punk rock e il rock anni 90 senza tralasciare episodi psichedelici e sognanti. Dovessi fare dei nomi ti direi Jimi Hendrix, i Led Zeppelin e perché no anche qualcosa tendente al prog come i King Crimson o i Tool, è difficile fare dei nomi perché la nostra passione per la musica ci porta ad ascoltare con la stessa attenzione generi che sono agli antipodi fra di loro. Nell’ultimo album queste influenze si sentono grazie anche al nuovo modo di affrontare la scrittura dei pezzi.
Azog: Palm desert, California. Genova. La vostra musica attraversa oceani e continenti e si sposa con naturalezza a generi non proprio seguitissimi e diffusi in Italia. Quando è scoccata la scintilla, quando è nato questo amore? Fabio: Io e Stefano che ormai è in pianta stabile con noi da quattro anni, suonavamo nei primi duemila nei White Ash e nelle nostre sonorità si poteva facilmente notare la passione per i Kyuss e simili; cercavamo di suonare con quella intensità e io provavo a scimmiottare John Garcia alla voce! Sono ormai quasi vent’anni che tra il vecchio progetto e i Temple of Deimos amiamo muoverci attraverso certe sonorità, ma in questa dimensione crediamo che si senta di più rispetto al passato la nostra voglia di sperimentare con più sfumature grunge o punk.
Azog: Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di nuove band che stanno riscoprendo e gradualmente portando nuova linfa allo stoner, al desert rock e al rock psichedelico in generale. Generi che stanno tornando prepotentemente grazie al lavoro di artisti provenienti più o meno da ogni parte del mondo. Anche l’Italia si inserisce nella bagarre con i Temple of Deimos e altre band. Perché avviene questa riscoperta e riproposta di generi passati? Fabio: Mi piace quando riesco a trovare il tempo di ascoltare altre band, la prima impressione è sempre quella che questi progetti vogliono suonare quello che amano ascoltare, ovviamente ognuno con la propria visione e il proprio gusto musicale. Negli anni ho visto più che una riscoperta del genere, un ritorno quasi in un nuovo sottobosco musicale underground ma con molteplici band, non più solo dalla California ma da tutto il mondo.
Azog: Una domanda che ho già rivolto a vostri “colleghi” stranieri: com’è possibile che in un mondo che diviene sempre più veloce e connesso, le nuove generazioni di musicisti rock stiano gradualmente riscoprendo decadi che erano all’opposto dell’ambiente sociale in cui viviamo? Perché volgere lo sguardo al passato? E’ una grido d’aiuto? Stefano: Non tutta la musica e le band corrono nella stessa direzione. Ogni progetto insegue o percorre la sua strada e credo che sia spontaneo guardare al passato come si fa in tutti gli ambiti artistici e creativi. A noi piace ascoltare regolarmente musica nuova ma non siamo in grado di dimenticare ciò da cui provengono buona parte dei generi che ascoltiamo e suoniamo.
Azog: Un consiglio ai futuri musicisti che vogliono percorrere questa strada. E’ possibile scrivere e suonare determinati generi come lo stoner e il desert rock in una nazione come l’Italia, poco ricettiva a questo tipo di musica? Stefano: Il consiglio che posso dare prescinde dalle possibilità che si pareranno di fronte a qualsiasi giovane band. Banalmente mi sento di dire che se vuoi fare punk oppure stoner rock e ci credi è giusto perseguire la tua strada, quella che hai scelto. L’Italia non è un paese facile per nessuno, ma questo non toglie la voglia di suonare e organizzare eventi di ogni tipo a partire dai centri sociali fino all’iniziativa privata senza scopo di lucro. Noi insistiamo sulla nostra strada da 16 anni.
Azog: Un’ultima domanda, mentre vi saluto e vi ringrazio del tempo dedicatoci (sperando di non dover attendere altri otto anni per risentirci), volete lasciare un messaggio ai vostri fan italiani? Temple of Deimos: Siamo noi a ringraziarvi per lo spazio concesso. Per tutti, speriamo di ritrovarci presto dal vivo presto per farvi ascoltare il nuovo disco!
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