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19/09/24
BELPHEGOR + MALEVOLENT CREATION + MONUMENT OF MISANTHROPY + CONFESS
AUDIODROME - MONCALIERI (TO)
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BOMBINO - Mostovna, Nova Gorica (SLO), 01/08/2024
07/08/2024 (479 letture)
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Serata che si preannuncia davvero emozionante, la manifestazione Musiche dal Mondo/Glasbe Sveta propone una serata con ospiti i Bombino; gruppo alfiere di un blues-rock-folk di derivazione americana (Hendrix e Knopfler tra i più citati dal gruppo), e che affonda decisamente le sue radici nella musica dei Tuareg! Ma prima di addentrarci nel piacere del concerto, conosciamo un po’ la band.
INTRODUZIONE Se è vero che in un mondo così interconnesso e globalizzato non ci si dovrebbe sorprendere se la musica riesce a raggiungere gli angoli più sparuti del pianeta, fa sempre un effetto particolare leggere di una band blues appartenente ad una tribù nomade del nord Africa. Ci si riferisce ora ai Bombino come gruppo, ma in realtà tutto comincia da Omara Moctar e dal suo incontro fortuito con la musica.
I Bombino oramai sono musicisti di caratura internazionale: primo artista nigerino nominato ai Grammy nel 2018, poi la collaborazione con Keith Richards, la produzione del terzo album Nomad da parte di Dan Auerbach, manager dei Black Keys che rimane stregato dal suono degli africani, ed ancora sono protagonisti del documentario di Ron Wyman incentrato sul popolo Tuareg ed ovviamente su di loro. Ma la strada per il successo come si sa, non è per nulla semplice, con il governo nigerino in pieno contrasto ed in guerra con la tribù degli Ifoghas, per cui Omara è costretto spesso all’esilio dalla sua terra. Ed è qui che il destino ironico gli fa trovare una chitarra dimenticata da parenti in visita. Così comincia la sua passione per la musica, che vede icone del rock come Hendrix e Knopfler come forte influenza, e che lo fa notare dal famoso chitarrista touareg Haia Bebe, che lo accoglie come allievo; assieme al maestro, Omara registrerà il suo primo album, Group Bombino – Guitars from Agadez, vol. 2 nel 2009 (anche se in seguito il debutto vero e proprio della formazione attuale verrà fatto slittare al successivo Agadez). Ed è sempre il mentore che conia il soprannome Bombino per Omara, affettuosa storpiatura della parola italiana “bambino”, e che tradisce la tenera età del neo-chitarrista blues. Nemmeno il tempo di festeggiare i primi traguardi raggiunti, che la guerra fa le sue vittime anche nella neonata band, in una rivolta due membri del gruppo vengono purtroppo uccisi. Allontanatosi dal Paese, Bombino fa la conoscenza del citato Ron Wyman, che diverrà così artefice del documentario, e produttore del secondo album Agadez (il primo come solista e distribuito a livello internazionale). Da qui in poi la carriera è finalmente meno contrastata, il gruppo si consolida con i musicisti odierni, permettendo ai Bombino di migliorare ed amalgamare sempre più il proprio stile, che vede l’integrazione di una componente addirittura reggae, fondendo le radici folk, blues e rock in uno stile personalissimo ed unico ribattezzato “tuareggae”, una miscela intensa ed esplosiva che vede apprezzamenti da una folta schiera di importanti musicisti dei più disparati generi. Oltre ai già citati Agadez e Nomad, la vena creativa dei nostri continua a pieno regime, registrando i successivi Azen, Deran e Sahel, quest’ultimo preceduto dal Live in Amsterdam. Ma una vita così “movimentata” non può non integrare anche una vena politica, per la quale Omara dichiarò che “non vedo la mia chitarra come una pistola, ma come un martello con il quale costruire la nuova casa del popolo Tuareg”.
Terminata questa lunga ma doverosa presentazione, lasciamo che la musica parli per i bluesman africani!
BOMBINO Mentre il pubblico, più variegato che mai in fatto di stili ed età, si accomoda sotto il palco, non possiamo non notare la strumentazione: oltre alle due chitarre, fanno capolino un basso, batteria e due percussioni. Il tempo di attendere qualche minuto in più e permettere l’ingresso della folla numerosa, qualche parola di presentazione del festival, ed ecco che la band sale sul palco. Da questo momento in poi non ci saranno pause, se non per un veloce cambio di strumenti, e la musica sgorgherà continua ed inarrestabile. Omara ha ormai una copiosa esperienza di come tenere un palco, e dalla sua sei corde nascono tutte le melodie che ipnotizzano immediatamente tutti i fan presenti, già in visibilio dopo le prime note. Il rock/blues degli africani è trascinante, si tiene il tempo in qualsiasi maniera, e molti si fanno trasportare dalla musica, sia sotto il palco che defilati nelle retrovie. È ben chiaro che il principale esecutore è Omara, ma anche gli altri componenti hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo delle composizioni, con la chitarra ritmica di Illias a fornire un tappeto ritmico continuo e preciso, mentre le percussioni di Youba e di Corey cambiano impatto alle strutture, facendo la gioia di chi vuole scatenarsi ballando ad un ritmo che rimanda a sonorità lontane, lungo tutto il Sahara. Si passa così da mid-tempo vigorosi e melodici, ad improvvise accelerazioni trascinanti e decise, tutte condite dalla vibrante energia del quartetto. A metà concerto Omara scambia due battute, chiedendo se qualcuno parlasse francese, ed alle timide risposte affermative, dicendo che “è meglio se facciamo parlare la musica”, ringrazia la pioggia oltre che il pubblico presente. E sicuramente la pioggia ha in qualche modo aiutato nel suo piccolo la riuscita dell’esibizione, in quanto seppur più caratteristica e particolare, la cornice del castello di Kromberk (dove si sarebbe dovuto svolgere il concerto in caso di tempo stabile) è un pò più “rigida”, meglio predisposta per altri stili musicali, mentre il capannone dove risiede il Mostovna aiuta sicuramente a canalizzare meglio le intense note elettrificate del gruppo. I percussionisti ora cambiano ruolo, Youba passa al basso, e Corey alla batteria. E se la pioggia aveva portato un po’ di freschezza all’esterno, con questa formazione, all’interno l’atmosfera si fa infuocata. Mantenendo sempre una certa impostazione folk, i giri del motore aumentano, l’elettricità cresce d’intensità, così come la dirompente musicalità del quartetto. Il blues si lega ancora più profondamente alla vena rock, Omara è sempre più protagonista con i suoi velocissimi assoli, Corey è un raro misto di potenza e varietà alle pelli, infondendo ancora più forza alle dinamiche dei Bombino. Oramai il pubblico è rapito, giusto qualche telefonino a filmare od a registrare l’esibizione, c’è anche chi sale indisturbato sul palco a ballare, in un clima festoso ed affascinante condiviso da tutti i presenti. La band così lascia il palco, ma il bis è questione di istanti, acclamata prepotentemente senza sosta, regalando un’ultima memorabile composizione che lascia tutti pienamente soddisfatti e contenti di aver assistito ad un concerto di raro talento, impatto e qualità.
CONCLUSIONI Dopo tanti anni di musica e concerti, quasi non ci si sorprende più della caratura che il festival riesce a portare in realtà così periferiche come quella goriziana e della vicina Nova Gorica. Il concerto dei Bombino è un bellissimo esempio di come organizzazione e passione riescano a raggiungere risultati notevoli, sia di qualità della proposta che di risposta del pubblico. Pubblico che sicuramente ricorderà a lungo l’esibizione del quartetto, che ha reso incandescente un’anonima serata estiva, con il suo vento impetuoso di rock/blues dalle lontane lande desertiche sahariane.
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