|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
|
( 2111 letture )
|
La formazione di Linköping segna il traguardo del terzo album, che segue l'ultima doppietta (full-length nel 2012 e EP nel 2013) sulle tematiche dell'autunno e dell'estate; in esso si avverte un certo desiderio di cambiare (Längtang significa appunto desiderio/aspirazione), di rinnovare la propria veste. I primi cambiamenti sono quelli all'interno della line-up: quello che era un progetto solista di 145188, ora è ampliato in una vera e propria band la quale, fra i vari membri, si avvale di quel Johan Gabrielson a.k.a. 1853 dei defunti Lifelover, ai quali gli odierni Vanhelga si accostano molto, anche se non è chiaro se ci siano stati effettivamente degli scambi d’influenza stilistica tra il gruppo e la band di Stoccolma. Un'altra cosa che è fondamentalmente cambiata rispetto ai passati lavori è la produzione dell'album, che ora risulta essere più appetibile e riesce ad enfatizzare in maniera migliore certi passaggi e armonie. Scordatevi dunque quegli estremi overdrive del precedente Höst o l'insana produzione di Sommar, che distruggeva subito il senso di curiosità per colpa della bassa qualità della resa sonora. L'elemento di principale importanza da segnalare è la perenne presenza della chitarra acustica, colonna portante delle strutture dei brani e allo stesso tempo evanescente fantasma delle melanconiche atmosfere che si creano via via per tutta la durata del disco. L'ordito delle sei corde è formato da una chitarra sempre ultradistorta ma, su piano più profondo, capace di creare un fondo graffiante e nebuloso, sul quale si sovrappongono le armonie acustiche e qualche soliloquo distorto che va a malleare le forme melodiche principali. Quegli stessi soliloqui che in Höst erano graffianti ma decisi, ora risultano essere ancora più levigati ed adatti a questa proposta di dark rock-black metal. Già dalle note iniziali Svartsint ömhet, infatti, si può comprendere come ad influenzare la band siano realtà tutte svedesi, come gli ultimi Woods of Infinity, gli Armagedda di Ond Spiritism e i mai troppo compianti Lik (anche la bellissima cover è opera di Kristian "Necrolord" Wåhlin). Il pianoforte di Där evigheten inväntar mig e di Narkotisk uppgivenhet, inoltre, riesce ad ammorbidire certi passaggi, avvicinando nuovamente la proposta a quella dei Lifelover; in Låt snön falla si odono curiosi blast-beat su soli arpeggi acustici, mentre in ogni brano le malefiche urla di 145188 e di Gabrielsonsi disgregano e si sgretolano, si sovrapponendosi l'una sull'altra in schizofrenici labirinti. Degno di una certa atmosfera è il finale di Evig förändring, dove l'escalation si placa in questa coda fatta di dark-soft rock, vagamente jazz, il tutto agevolato dall'azzeramento delle tonalità basse: inutile dire che si strizza l'occhio ai migliori Shining. Bisogna tuttavia dire che, durante l'ascolto del disco, di frequente le urla eludono l'ascoltatore e si distaccano dal concetto di screaming, diventando delle blateranti litanie sporche ed emergendo come geometriche e spezzettate trame. Quella che poteva essere una buona idea, risulta dunque eccessivamente disturbante e non giova all'assimilazione dell'album, soprattutto se si somma a questo una proposta stilistica raramente mutevole; i brani, infatti, tendono spesso ad assomigliarsi e le buone idee risultano affogare in un mare sempre fatto di riff super-harsh, sotto arpeggi e armonie acustiche che sembrano essere sempre le stesse. Solo due composizioni spiccano particolarmente per la loro diversità, Joyless e Narkotisk uppgivenhet: la prima stupisce per la sua frenetica batteria suonata ispirandosi a linee un po' rock'n'roll e un po' new wave, tanto che, se si escludessero le urla, sembrerebbe un folle b-side dei Cure o dei Christian Death. Narkotisk uppgivenhet, invece, velocizza tutti quegli accenni epici che sono sparsi nell'album (sembra quasi di sentire i Windir che fanno le prove attaccati ad amplificatori di 8 watt) e le veloci melodie vengono riprese poi dalle chitarre acustiche, venendo poi ritrasformate in lenti soliloqui distorti, che mutano tutto l’epico in malinconico. L'andamento un po' troppo omogeneo del disco, spesso privo di impennate stilistiche, deve vedersela anche con un eccessivo minutaggio, che rischia di fare troppo eco a quello che già risulta essere un eco. Il messaggio dei Vanhelga è chiaro e interessante, ma l'eccessiva ripetizione degli stessi concetti (sia all'interno del singolo pezzo, sia ripetuto nel susseguirsi dei brani) crea quello che potrebbe definirsi un'iperbole prolissa. Una maggiore cura nel songwriting e una selezione più mirata delle tracce avrebbe sicuramente giovato a quello che poteva essere un più che buon disco.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
2
|
Prova. Però prova anche gli altri citati. |
|
|
|
|
|
|
1
|
grande necrolord ho riconosciuto subito il suo stile! loro mi intrigano non so che faccio moro ce provamo? |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Svartsint ömhet 2. Där evigheten inväntar mig 3. Evig förändring 4. Med mina andetag 5. Joyless 6. Låt snön falla 7. Kärleksförklaring 8. Vansinnesvardag 9. Narkotisk uppgivenhet 10. Eternal Night 11. Förbarma 12. Exploderande känslostorm
|
|
Line Up
|
145188 (Voce, chitarra) J. Gabrielson (Voce) D. Wadström (Chitarra) J. Ejnarsson (Chitarra acustica, basso, backing vocals) D. Franzén (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|