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Ghost Bath - Moonlover
07/04/2016
( 2640 letture )
Angst. Angoscia. Nel lessico filosofico heideggeriano l’Angst rappresenta il timore e lo smarrimento che si provano non tanto nei confronti di un oggetto, una situazione o un soggetto determinato bensì riguardo alla condizione umana in sé, decidua ed incerta. Ad angosciare è, in altre parole, la consapevolezza stessa della propria finitezza, l’anelare verso qualcosa che non siamo e non abbiamo o che abbiamo altrimenti perduto e mai più ritrovato. L’angoscia è il rovescio orrorifico che, sebbene non sia esplicitamente messo a tema, pervade intimamente Moonlover, ultima fatica dei Ghost Bath. Il full-length, rilasciato originariamente dalla Northern Silence Productions, è stato recentemente ripubblicato dalla Nuclear Blast in digitale -arricchito peraltro da una bonus track- ed è tale ultima release che verrà analizzata in questa sede.

L’elegante artwork, opera dell’artista Luis González Palma, ci mostra una figura mascherata ed avvinta: e del resto i nostri hanno fatto del sottrarsi e del velarsi una delle cifre significative del loro intendere la musica. Basti pensare alla totale omissione dell’identità dei membri della band o al fatto che, inizialmente, si siano spacciati per cinesi, salvo poi rivelare tardivamente i natali statunitensi. A prescindere dalla provenienza geografica, le coordinate lungo le quali si muove la formazione sono ravvisabili nel fortunato amalgama tra post-rock, shoegaze e black metal già sperimentato con successo da nomi quali, ad esempio, Deafheaven ed Alcest, senza tuttavia l’atmosfera "dreamy" dei primi e il sottile velo di nostalgia nei confronti dell’Arcadia aurea del ricordo dei secondi. Del resto il termine costituente il monicker della combo non indica altro che il togliersi la vita per annegamento, lontano dunque da qualsivoglia percezione ottimistica dell’esistenza. E tuttavia gli artisti senza nome non si limitano soltanto a tali reminescenze in quanto Moonlover mostra, introiettati e rielaborati, stilemi che potremmo rilevare in band come Wolves In The Throne Room, Agalloch e persino Shining.

Il poco più di un minuto The Sleeping Fields, esaurentesi in un fraseggio etereo -che peraltro riprende, con un andamento circolare, la chiusura di Death and the Maiden, ultima traccia dell’album- ci introduce a Golden Number, brano che risente più marcatamente dell’influenza di Sunbather. Riff in tremolo ricchi di delay -le cui linee melodiche non sfigurerebbero in una qualsiasi release degli Explosions in the Sky- e una sezione ritmica prettamente black carica di blast beats sovrastano le vocals, relegate a nulla più che un sottofondo, elemento tra tanti che si confonde e nasconde nel tessuto strumentale. Lyrics propriamente dette sono inoltre in Moonlover totalmente assenti lasciando il posto a grida inarticolate o comunque inintelligibili . Lo slow tempo di Happyhouse muta parzialmente le carte in tavola proponendo uno dei brani più tipicamente depressive della tracklist e, in questo caso, le vocals straziate -e che, in alcuni frangenti, vibrano con una drammaticità che quasi ricorda i vocalizzi disumani di Nattramn in Death Pierces Me- sorreggono l’andamento della traccia pervasa da un riffing semplice che sfuma in una conclusione arpeggiata. L’evocativa Beneath the Shade Tree e la successiva The Silver Flower Pt. 1 mostrano la totale sospensione e messa tra parentesi della matrice black dando luogo a brani strumentali, prevalentemente acustici. Ed è proprio tra le pieghe di questi arabeschi chitarristici -apparentemente cristallini e trasudanti bellezza elegiaca- che la vena angosciosa e la promessa di sventura colpiscono maggiormente l’animo dell’ascoltatore, quasi, per usare un paragone, nella forma di un sussurro a malapena percepibile. The Silver Flower Pt. 2, dalle tinte velatamente gothicheggianti, benefica delle leads probabilmente più azzeccate del platter e di un riffing che arricchisce e riprende i motivi della traccia gemella acustica. La conclusione è affidata alla splendida Death and the Maiden, aperta da una suggestiva rincorsa tra vocals e riffing proseguente con un riuscitissimo gioco tra metriche sostenute e serrate e slow tempo inesorabili, esaurendosi nel medesimo motivetto che, come si è detto, si ritrova nella traccia introduttiva. Per quanto concerne la bonus track, Ascension, essa è stata presentata dall’ignoto mastermind come una vera e propria "traccia di transizione", un’allusione a ciò che troveremo nel prossimo lavoro dei Ghost Bath. Pur mantenendo caratteristiche simili alle composizioni precedentemente analizzate, il brano -che mette a tema una vera e propria ascesa dalla valle di lacrime intramondana al paradiso- mostra linee melodiche più ariose, quasi a soddisfare la promessa di farci saggiare la possibilità di un mondo migliore.

L’impressione che si ha al termine dell’ascolto è di trovarsi al cospetto di un lavoro che, pur facendo proprie numerose influenze, riesce a modellarle, quale duttile creta, in maniera abbastanza personale sebbene un frequentatore piuttosto assiduo del genere non faticherà ad avere un’impressione, per dir così, di déjà-vu. Ciò che effettivamente manca ad una produzione altrimenti ottimamente riuscita sotto ogni altro aspetto è una linea narrativa ben precisa. Non si tratta, tuttavia, di un male che viene necessariamente per nuocere in quanto sarà l’ascoltatore ad avviluppare le tonalità emotive volta in volta tratteggiate nel corso della tracklist nelle pieghe della propria quotidianità, lungo il corso dei numerosi ascolti che sono necessari per apprezzare pienamente il lavoro.



VOTO RECENSORE
79
VOTO LETTORI
87.6 su 5 voti [ VOTA]
MrFreddy
Domenica 10 Aprile 2016, 18.42.41
3
Questo disco è piuttosto valido nel complesso, per quanto forse gli preferissi il debutto che era un po' meno shoegaze oriented (non l'essere più influenzati dallo shoegaze sia una cosa negativa di per sé, s'intende). Comunque bello, mi era piaciuto.
Riccardo
Domenica 10 Aprile 2016, 13.45.33
2
Un disco davvero valido, un peccato che (Secondo) le voci non siano all'altezza. Voto: 70
Alex Cavani
Venerdì 8 Aprile 2016, 11.04.08
1
Potentissimo. A me questo disco da delle sensazioni che non sono mai riuscito a trovare in dischi capisaldi del genere, come ad esempio quelli dei Deafheaven.
INFORMAZIONI
2016
Nuclear Blast
Black
Tracklist
1. The Sleeping Fields
2. Golden Number
3. Happyhouse
4. Beneath The Shade Tree
5. The Silver Flower Pt. 1
6. The Silver Flower Pt. 2
7. Death And The Maiden
8. Ascension
Line Up
Nameless (Voce, Chitarra, Tastiera)
Nameless (Chitarra)
Nameless (Basso)
Nameless (Batteria)
 
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