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Décembre Noir - Autumn Kings
15/02/2019
( 2203 letture )
Anèlito ed incanto, due concetti sembrerebbero celarsi dietro alla terza fatica discografica dei Décembre Noir intitolata Autumn Kings; anèlito per la chiara volontà di sciogliere un'ennesima zavorra direzionando il proprio talento compositivo verso spazi che si allontanino il più possibile dalla derivazione, incanto trasmesso dalla stagione autunnale che con il suo sortilegio accompagna la materia animata in uno stato di torpore prossimo al confine della morte al fine di ingannare i fatali geli invernali. Per caso o per proposito, l'ambizione si intravede anche per i richiami di questo titolo al lavoro pubblicato sei anni fa dal cenacolo riunito intorno a Jonas Renkse, colleghi molto vicini al settore di appartenenza del quintetto tedesco ma con una portata sicuramente maggiore in termini di audience; ciò innesca inevitabilmente una sorta di confronto che porta con sé anche un velato reclamo a quel passaggio di testimone che per questioni di merito o di tempo dovrà verificarsi e che attraverso un album come Autumn Kings legittimerebbe sicuramente per la prima ragione l'attuazione di tale contingenza.

Rispetto a quanto prodotto nei due full length precedenti la formazione di Erfurt alza di misura il tiro puntando in maniera piuttosto esplicita (vedasi il minutaggio medio dei brani e quindi quello complessivo del platter) verso un criterio compositivo più articolato, ripartendo dunque dall'approccio adottato in ciò che era a tutti gli affetti la mosca bianca di Forsaken Earth, Waves of Insomnia. Tale prerogativa costituirà d'altra parte l'unico scoglio in grado di frapporsi almeno parzialmente alla certezza di essere al cospetto di un disco di una bellezza cristallina, capace di riflettere magistralmente la stesse sfumature della stagione che evoca tramite il suo titolo e nel quale si mette in evidenza una netta progressione sia nella produzione potente e cristallina (ulteriore valore aggiunto se si considera che si sta parlando pur sempre di una formazione appartenente al circuito underground) che, soprattutto, nel songwriting, che in questo caso poggia in misura maggiore sui riff delle chitarre obbligando conseguentemente le tastiere ad un ruolo esornativo o concedendo alle stesse alcuni brevi passaggi di transizione. La modalità con cui si intersecano le sei corde di Ortlepp e Görlach, inoltre, richiama spesso l'accoppiata d'oltreoceano GamblingSchackelford; mediante tale formula, il quintetto punta ovviamente a dare risalto alle sfaccettature più violente della propria musica ma al contempo accortamente non ne scalfisce minimamente il suo peculiare lirismo. Oltre all'impressionante performance vocale di Lars Dotzauer è doveroso menzionare il lavoro pazzesco di Kevin Kleinschmidt che dalle retrovie si profila come il motore occulto di Autumn Kings dimostrando un gusto ed una sensibilità che, oltre a spaziare dalle dilatazioni temporali fino alle sfuriate in blast beats e doppio pedale, si rivolge costantemente al servizio del tessuto strumentale, attestando una crescita esponenziale non solo dal punto di vista squisitamente tecnico ma anche sul versante compositivo.

Il fragore della pioggia ad il boato dei tuoni evocano nell'immaginario un temporale che si infrange sulle arsure estive; ad esso si congiungono i delicati arpeggi delle chitarre ed i ricami del basso di Mike Schubert, a miniare l'attimo di tregua che precede la successiva esplosione del fulcro di In the Pouring Rain. Il suo main riff viene trasportato fra suggestive armonizzazioni e sorretto dal dinamismo dei pattern di Kleinschmidt, nonché interpolato ad alcuni cambi alquanto imprevedibili che ad ogni modo riescono ad allacciarsi coerentemente al filo conduttore del pezzo. Al mood strumentale infine si accorpa in totale simbiosi il growl sofferto di Dotzauer, decretando una partenza in cui le aspettative sul resto del disco divengono logicamente elevate ed in questa contingenza la titletrack successiva non le delude affatto, riuscendo a serbare in primis la stessa aura malinconica che di tassello in tassello impregnerà l'intero lavoro. Nella seconda traccia, così come in Dress.Code.Black e Between Silence and Shards, le strutture si presentano più snelle comportando una certa immediatezza a livello di fruibilità, ma è bene non farsi ingannare dall’apparente, superficiale linearità, perché i Décembre Noir sfoggiano una classe sopraffina soprattutto sul versante degli arrangiamenti (vedasi la singolare progressione di accordi che si sviluppa su una singola linea melodica al principiare di Dress.Code.Black o gli slanci violentissimi della sezione centrale di Autumn Kings, nei quali emerge nuovamente l'impressionante operato del batterista) a palesare l'intenzione di non relegare il proprio estro compositivo alla semplice costruzione di pezzi fondamentalmente basati sulla sola appetibilità delle armonie. A proposito, il terzo brano Barricades, oltre ad elevarsi quale uno degli highlights del disco, diviene uno dei compendi in cui eleganza e complessità si congiungono a creare una simmetria esemplare; dalle prime fievoli battute in clean, dove confluisce un timbro vocale temporaneamente ingentilito, il pezzo trasfigura su un riffage inquieto a cui si accorpano puntualmente i ricami delle linee soliste, a suscitare sentori di Daylight Dies, aumentando le tensioni in corrispondenza del pre-chorus magistralmente puntellato dal lavoro di Kleinschmidt alle pelli e disserrando su un unico imponente refrain che ne sancisce il climax. Si attestano sui medesimi livelli episodi quali A Weeping Sunrise e l'incantevole Hymn of Sorrow, che esaltano la capacità del quintetto di intervallare alle proprie plumbee atmosfere alcuni zampilli di melodic death (A Weeping Sunrise) e black (Hymn of Sorrow). Entrambi gli influssi menzionati verranno infusi anche in The Downward Path, brano a cui spetta una più che convincente chiusura del cerchio ed all'interno del quale il quintetto si orienta in misura maggiore verso le sfaccettature più robuste della propria musica.

Nella charts 2018 dedicata alla sezione death/doom di Metallized, al riguardo di Autumn Kings ci eravamo sbilanciati con un eloquente “quando il melodic death/doom riesce ancora a stupire”; ebbene all'interno di questo particolare sottogenere del doom, considerato oramai saturo ed in cui conseguentemente si rivelerebbe impresa ardua per qualsiasi formazione emergente dedita a tali sonorità ritagliarsi una dimensione propria, i Décembre Noir centrano in pieno proprio questo traguardo, superando per giunta sia pur di misura il precedente capitolo Forsaken Earth. Raramente in questi anni capita di imbattersi in lavori di tale livello in cui, oltre ad una produzione invidiabile, si attesta una forza compositiva in grado di fare veramente la differenza e di tracciare un segno permanente nella memoria di chi decidesse di dargli una chance. Qualsiasi saranno le sorti, tali da rendere giustizia o meno all'indiscutibile valore di una formazione come i Décembre Noir, permarrà la convinzione che Autumn Kings è e rimarrà a tutti gli effetti un grandissimo album il cui grado gerarchico sancito dal titolo corrisponde per merito e non per diritto a una naturale collocazione fra i top dell'anno appena lasciato alle spalle della sua categoria… se non tra i migliori di questi ultimi anni.

Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.

Dylan Thomas



VOTO RECENSORE
82
VOTO LETTORI
86.25 su 8 voti [ VOTA]
Alessio
Domenica 17 Febbraio 2019, 15.17.45
1
Molto interessante, dovro' mettermi alla ricerca. Recentemente nel campo mi e' piaciuto anche l'album degli Asphodelus " Stygian dreams"..consigliato a tutti gli amanti dei primo splendidi Katatonia di Dance od December Souls...anche se ovviamente senza la stessa classe e naturalezza. Ripasso per questo dopo averlo ascoltato.
INFORMAZIONI
2018
Lifeforce Records
Death / Doom
Tracklist
1. In the Pouring Rain
2. Autumn King
3. Barricades
4. A Weeping Sunrise
5. Between Silence and Shards
6. Dress.Code.Black
7. Hymn of Sorrow
8. The Downward Path
Line Up
Lars Dotzauer (Voce)
Martin Ortlepp (Chitarra)
Sebastian Görlach (Chitarra)
Mike Schubert (Basso)
Kevin Kleinschmidt (Batteria)
 
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