|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
|
( 5096 letture )
|
La sesta uscita discografica in nove anni. Un ritmo davvero sorprendente per i Beardfish, gruppo progressive rock svedese il cui primo album, Från En Plats Du Ej Kan Se, è uscito nel 2003. Da allora, il leader Rikard Sjöblom ha guidato il gruppo tra registrazioni, cambi di line up e spettacoli live con costante creatività.
La sostanza della proposta dei Beardfish è sempre consistita in un progressive rock evidentemente ispirato ai grandi degli anni Settanta che tutti conosciamo (Yes, Genesis eccetera) ma la band è riuscita anche ad assorbire un ampio ventaglio di influenze in quest’ultimo Mammoth, in particolare, la band non si esime, soprattutto nelle prime canzoni, ad esibire alcuni riff tipicamente hard rock, passaggi orientati al jazz, e ad assumere a tratti l’aggressività e la densità sonora peculiari del prog metal, soprattutto nell’ottima Green Waves; non dimentichiamoci che la band era stata scelta per il tour Progressive Nation fortemente voluto da Mike Portnoy, ma la partecipazione del gruppo andò a monte per motivi economici. Si avverte insomma un certo inasprimento nel suono dei Beardfish, grazie anche a una voce dotata a tratti di un’insolita aggressività; a questo si accompagna un songwriting di qualità ma senz’altro meno intricato e periglioso delle precedenti opere della band (senza per questo essere ruffiano!).
Il brano d’apertura, The Platform, è forse il più rappresentativo sotto questo punto di vista, mentre nella seconda metà del cd si tornano a respirare arie più pacate grazie alla struggente Outside/Inside, in cui il piano fa gli onori di casa, e al pezzo strumentale dal sapore fusion Akakabotu, impreziosito da un sax presente anche nella seconda traccia, And The Stone Said: If I Could Speak. È senz’altro questa canzone, della durata di quindici minuti, la vera protagonista dell’album, sia a livello compositivo che emozionale e atmosferico; l’apertura è affidata a fraseggi di tipico progressive rock a cui succedono intervalli di frizzante hard rock ed un importante passaggio jazz per approdare infine a un’esplosione di rabbia puramente metal grazie soprattutto a una voce davvero versatile capace in questo frangente di eseguire growl molto intensi.
È infine affidato a un pezzo di progressive nostalgico come Without Saying Anything la chiusura di un album davvero buono nel complesso, che conferma i Beardfish come uno dei gruppi prog migliori degli ultimi tempi, capaci non solo di vivere nel passato ma di saper anche riattualizzare e evolvere la propria offerta musicale; l’invito a continuare a seguirli è ufficialmente accettato.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
7
|
Mi spiegate come fa questo album ad avere un voto di 39 da parte dei lettori? E' favoloso!! Come minimo merita 80 :/ |
|
|
|
|
|
|
6
|
Conosco questa band dal 2008, e da Sleeping In Traffic (voll. I e II) fino a questo Mammoth hanno sempre soddisfatto le mie aspettative, passando gradualmente dal Progressive al Prog-Metal. Consiglio vivamente l'ascolto/acquisto di Destined Solitaire (2009), in particolare il brano omonimo, Awakening the Sleeping, The Stuff That Dream Are Made Off, Until You Comply. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Soperto casualmente, devo dire che mi garba molto |
|
|
|
|
|
|
4
|
già che parliamo di new prog ,consiglio di brutto "Suffering joy" dei Magic pie, se vi piacciono Karmakanic,Kaipa,Flower kings non dovete perderlo cosi' come i 2 precedenti che hanno fatto |
|
|
|
|
|
|
3
|
Premio per una delle copertine più "peculiari" degli ultimi tempi  |
|
|
|
|
|
|
2
|
Da non cultore del genere, l'ho scoperto per caso: posso dire solo che è bello. 80. |
|
|
|
|
|
|
1
|
metal italia: 80, TrueMetal: 85, Metal.it: 85. Dal negozio di cd un acquisto quasi sicuro, prima lo ascolto sul tubo. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
01 The Platform 02 And The Stone Said: If I Could Speak 03 Tightrope 04 Green Waves 05 Outside/Inside 06 Akakabotu 07 Without Saying Anything (feat. Ventriloquist)
|
|
Line Up
|
Rikard Sjöblom: vocals, guitars, keys David Zackrisson: guitars Robert Hansen: bass Magnus Östgren: drums
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|