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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Devin Townsend Project - Deconstruction
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( 9390 letture )
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Due anni possono sembrare un lasso di tempo ragionevole tra un disco e un altro, consueto per molte band, breve per altre. Ma qui stiamo parlando di Devin Townsend, e ciò che per definizione può essere considerato “consueto” o “normale” non riuscirà mai a calzare la personalità di questo signore canadese. Se poi i dischi son due, distinti e separati, allora si che le prassi vanno a farsi benedire! Devin Townsend non ha certo bisogno di presentazioni altisonanti, genio creativo, musicista immenso e ottimo produttore, oltre a vantare un curriculum che ha ben pochi precedenti, il pazzo polistrumentista è stato in grado di lasciare un marchio indelebile nella storia del rock, e della buona musica in generale. Per chi non lo sapesse, a Deconstruction e a Ghost spetta il delicato compito di calare il sipario sul Devin Townsend Project, idea concretizzata nel 2009 con gli ottimi Ki e Addicted. Al fronte di un paio di dischi che presentavano sonorità intimiste e, inutile dirlo, ricercatissime, il terzo step dell’ambizioso progetto era stato annunciato come il lavoro più heavy del lotto. Ma cosa avrà voluto intendere Devin con heavy, qual è la prima conclusione che pizzica le vostre menti se riflettete un attimo su quest’affermazione? La deduzione più logica è quella di un ritorno alle sonorità che hanno fatto la fortuna degli Strapping Young Lad, quel connubio perfetto di Industrial, Death, e Thrash Metal che in tantissimi abbiamo imparato ad amare. Sbagliato! Come al solito quello che può esser logico e scontato per noi, non può certo esserlo per Devin Townsend! Senza dubbio va registrato un certo ritorno di aggressività e violenza nella musica di Devin, ma cercare termini di paragone con il passato, tentare di tracciare una linea evolutiva dei suoi lavori, beh, chi sa bene di chi stiamo parlando (o meglio, sa di non sapere) è conscio del fatto che tutto ciò sarebbe improduttivo.
Come già detto, ben due anni sono intercorsi fra la prima e la seconda doppietta discografica. Sembra niente, ma Devin è famoso per essere prolifico come un coniglio, e l’idea originale prevedeva tempi brevissimi tra una release e l’altra. Stando ai suoi giornalieri aggiornamenti divulgati tramite i social network, il lavoro per la produzione del disco è stato lungo e travagliato. Una delle prime cose che salta all’occhio ancora prima di ascoltare il disco è la sorprendente mole di ospiti, la lista della spesa la trovate sulla sinistra dell’articolo ma sappiate subito che spuntano nomi come quello dei Death, degli Emperor e degli After Forever. Va subito detto che tale quantità non va a scalfire minimamente l’originalità del prodotto. Le tantissime influenze, invece di contribuire attivamente con la propria esperienza, vengono inglobate dal mastermind che come un mastro burattinaio muove i fili delle sue marionette a proprio piacimento per far si che lo spettacolo sia apprezzato dal pubblico pagante. Basterebbe solo la cover, anche senza nome, a far capire che si tratta di un album di Devin Townsend, che ancora una volta si rivela un concept: il protagonista dovrà affrontare un lungo e tortuoso viaggio all’inferno, dove incontrerà il diavolo che rivelerà i segreti dell’universo e offrirà un cheeseburgers. Purtroppo però, il protagonista è vegetariano e il viaggio si rivelerà un epic fail (mi è venuto in mente alla fine del disco, e non potevo non scriverlo…). Come al solito l’ironia la fa da padrone, le prese in giro possono risultare fastidiose per alcuni, ma sono sicuro che i palati raffinati apprezzeranno la geniale demenzialità. Musicalmente parlando ci troviamo di fronte ad un misto di Electro, Progressive, Power, Technical, Industrial, Black e Death Metal (e sicuramente mi sfugge qualcosa). Come al solito è impossibile ridurre la musica di Devin ad un genere piuttosto che a un altro, le diverse influenze, quasi agli antipodi fra loro, si scambiano e si alternato in un mosaico senza soluzione di continuità, sempre coerenti e piacevoli. Non c’è un secondo in questo disco che non sia frutto di un lavoro minuzioso, quasi maniacale, per la creazione del crossover perfetto.
Parlare dei singoli pezzi risulta molto ostico dati i repentini cambi di approccio, ad un primo momento potrebbe sembrare tutto confuso e senza un filo conduttore, ma dopo molti ascolti tutti i tasselli troveranno il proprio posto, e si sarà in grado di apprezzare le varie sfaccettature che compongono questo disco. L’approccio mentale dovrà essere aperto e preparato sin dall’inizio, già con Praise The Lowered si avrà il primo assaggio dell’eclettismo del musicista canadese, si passerà infatti dal massiccio uso dell’elettronica ad un finale Death che mette subito a nudo l’elemento fondamentale che costituisce il fulcro di questo lavoro: la maestosità. Devin mette tutto il suo genio per dar vita ad un opera che alcuni potrebbero tacciare di pomposità, esercizio d’arte o persino presunzione, ma chi avrà la pazienza e la costanza di gustarsi per bene questo bel mattone (ben 70 minuti) riuscirà a coglierne l’essenza, e lo smarrimento farà posto al godimento. Stand è il primo manifesto dell’opera, una decina di minuti per una cavalcata apocalittica nell’inferno caricaturale imbastito per l’occasione, ricco di atmosfere malate e cori portanti. Juular ha un sapore più Black, sempre e comunque farcito da sinfonie maestose, potrebbe ricordarmi qualcosa degli ultimissimi Dimmu Borgir, e che vi siano piaciuto o meno la qualità di questo pezzo è indubbia. Ma naturalmente anche questo paragone è scomodo e il finale “ripara” su ritmiche sincopate e voce pulita. E a proposito di batteria, un plauso speciale va all’ottimo lavoro dietro le pelli di Ryan Van Poederooyen e Dirk Verbeuren, a mio parere i componenti più incisivi che hanno preso parte alla stesura delle tracce. Planet of The Apes è la prima delle due suite dell’album, e trovo che sia una delle tracce più godibili al di fuori del contesto del concept, da segnalare la presenza di cori femminili e melodie angeliche che rendono il pezzo epico come la colonna sonora di un film fantasy (no, i Rhapsody of Fire non c’entrano niente). Sumeria è puro symphonic black, anche se il finale è fatto di carillon, chitarre acustiche e voce da ballad (qualcuno mi aiuti!). The Mighty Masturbator (bello il titolo, eh?) è la seconda suite, sedici minuti, e qui c’è veramente di tutto: classica, elettronica, power, death, melodie circensi e chi più ne ha più ne metta. Probabilmente il pezzo più pesante, niente compromessi! Pandemic è la traccia più aggressiva dell’album, inizio di puro Death che resterà sempre sugli scudi, anche se un accompagnamento femminile non ce lo toglie nessuno, e se pensate che ci sia qualche nonsense di troppo, pensate bene. La title track esordisce con un peto (si, una scoreggia, una menata, chiamatela come volete) ma, a ritroso dell’elegante premessa, si rivela il pezzo più appagante, la chitarra di David è straordinaria, le ritmiche spiazzanti, una summa perfetta della follia e del genio del compositore. “Let's finish this!”, cosi inizia Poltergeist che chiude il disco, un’ultima cavalcata intramezzata da cori liberatori.
E’molto arduo spiegare questo disco a parole, il feeling è più soggettivo che mai e dubito altamente che le reazioni saranno univoche. Da parte mia sono piacevolmente sorpreso dal fatto che dopo una carica di album di successo e capolavori, Devin Townsend sia ancora in grado di tirare fuori certe gemme musicali, ce ne sono pochissimi come lui in giro al giorno d’oggi e se non lo conoscete o non ne avete mai avuto la pazienza vi consiglio caldamente di recuperare.
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19
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È stato veramente duro da assimilare... molti ascolti non sono serviti e l'avevo cestinato come indecifrabile. Poi un giorno l'ho ripreso, così per dargli un'altra chance, e mi ha sorpreso.. mi è parso di cominciare a capirlo, a sentire qualcosa nel caos sonoro che caratterizza il disco. Mi sento ancora in bilico ma comincio a capirlo. Planet of the Apes grande pezzone. |
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18
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Io non l'ho trovato così ostico, per me, è stato capolavoro sin da subito. |
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17
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l'ho ascoltato 3-4 volte ma nn attacca ancora XD gli altri album mi lasciavano sempre qualcosa di più all'inizio.. Riproverò ancora ! |
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Un'ora e dieci di pura goduria. |
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Disco stratosferico, non avevo dubbi. |
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band piatta come il tavoliere delle puglie mèh... |
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Il migliore dei 4! Difficilissimo da assimilare. Stupendo...... |
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se esiste un filo che divide l'uomo dal genio, gente come Townsend sà benissimo come oltrepassarlo. ok commento inutile ma avevo voglia di scrivere quella frase  |
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Hevy Devy si riconferma il solito geniaccio! Ho trovato davvero interessante l'irriverente concept. Ma la cosa che più mi ha colpito sono state le atmosfere circensi *.* Fantastiche! Ad aumentare la valutazione del disco poi ci pensa la scelta degli ospiti: Akerfeldt, Ihsahn, Paul Masvidal, Thordendal, Jansen, Duplantier ed altri...tutti primissimi nomi! Naturalmente, per poter dare valutazioni, il disco richiede diversi ascolti (personalmente, per assimilarlo, l'ho dovuto ascoltare 6 volte!) ma, una volta compresa la follia di Devin, non ne potrete fare a meno! Io do un bel 99, anche se può sembrare esagerato, ma, se lo merita, soprattutto per la qualità costantemente alta delle sue uscite. |
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10
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un discaccio opera di un folle, senz'altro, ma di pregevolissima fattura a livello musicale. Il picco della trilogia. Il gemello invece non l'ho preso xché temo somigli a Ki, buono solo contro l'insonnia. |
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9
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@ixo: non sai che ti perdi. |
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Best metal album ever. /thread |
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@tribal axis: infatti credo che mi arrenderò, per me non ha senso ascoltare un disco dove non c' è un minimo di senso logico, senza una linea melodica da seguire, a questo punto mi ascolto gli uccellini che cantano o i cani che abbaiano, che è musica più gradevole per le mie orecchie! |
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6
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@ixo: vedrai che sarà così anche dopo il quarto. vale veramente la pena di insistere. |
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5
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"Sumeria è puro symphonic black, anche se il finale è fatto di carillon, chitarre acustiche e voce da ballad",e che voce da ballad! |
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4
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Devin Townsend è un genio mi procurerò di certo il disco! |
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Dopo 2 ascolti devo dire che ancora non mi dice niente... pare un' accozzaglia di suoni senza capo né coda, e lo dico da fan |
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non è da tutti avere due nuove uscite una in low gain e l'altra sui dischi metal e questo ne dice un gran tanto su questo "uomo". devin insieme a pochi altri ( zorn,patton,buckethead,....) che può permettersi il titolo di genio della musica dei giorni nostri, con diecimila proggetti,gruppi,collaborazioni, creano sempre qualcosa di nuovo e interessante in tempi che per un musicista normale sarebbero proibitivi |
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è uno di quei dischi che ci metti parecchio a capirli, e che non capirai mai del tutto. ad ogni ascolto scopri qualcosa di nuovo, una soluzione che ti era sfuggita, una sfumatura che non avevi colto o che avevi colto ma che cambia colore in continuazione. devin è uno di quei geni che riescono sempre a stupirti e che raramente sbagliano. bellissimo. voto: 99 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Praise the Lowered 02. Stand 03. Juular 04. Planet of the Apes 05. Sumeria 06. The Mighty Masturbator 07. Pandemic 08. Deconstruction 09. Poltergeist
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Line Up
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Devin Townsend – vocals, guitars, bass, keyboards, programmino Ryan Van Poederooyen – drums on tracks 1, 2, 4 and 6 Dirk Verbeuren (Soilwork) – drums on tracks 3, 5, 6, 7, 8 and 9 Paul Kuhr (November's Doom) – vocals on "Praise the Lowered" Mikael Åkerfeldt (Opeth, Bloodbath) – vocals on "Stand" Ihsahn (ex-Emperor) – vocals on "Juular" Tommy Giles Rogers (Between the Buried and Me) – vocals on "Planet of the Apes" Joe Duplantier (Gojira) – vocals on "Sumeria" Paul Masvidal (ex-Death, Cynic) – vocals on "Sumeria" Greg Puciato (The Dillinger Escape Plan) – vocals on "The Mighty Masturbator" Floor Jansen (ex-After Forever, ReVamp) – vocals on "Pandemic" Oderus Urungus (Gwar) – vocals on "Deconstruction" Fredrik Thordendal (Meshuggah) – lead guitar on "Deconstruction"
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