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MENACE - E' metal, non plastica!
10/12/2012 (2000 letture)
Probabilmente, il moniker Menace non sarà nuovo agli appassionati più assidui della scena underground nostrana: la band veneta si era distinta qualche anno fa con il demo Quake Metal, e nei mesi scorsi ha debuttato ufficialmente col più che valido Heavy Lethal, disco roccioso ed energico di cui ci siamo occupati proprio su queste colonne. Abbiamo avuto modo di intraprendere una lunga ed interessante chiacchierata col leader della band, il chitarrista e fondatore Dario Vicariotto, il quale ci ha offerto parecchi spunti di riflessione. L’idea dell’intervista è nata quasi per caso, da una conversazione disimpegnata sulle attuali tecniche di registrazione e sulla tendenza recente, in ambito heavy metal, ad optare per suoni sempre più perfetti ma anche sempre meno viscerali. Dario, come vedremo, ne ha per tutti: ci presenterà la sua formazione, ci racconterà la storia della sua band e analizzerà tematiche e musica del nuovo album, spaziando poi dalla crisi della scena tricolore alla scottante questione delle cover band (per la quale è pure preso direttamente in causa, come vedremo). Filo conduttore di tutta l’intervista è proprio l’approccio alla musica, quel feeling genuino e verace che oggi sembra venire meno, in contrasto con lo spirito essenziale del rock stesso; come ama ripetere Dario, il metal dovrebbe essere solo e acciaio e sudore, non plastica. Ci saranno opinioni favorevoli ed altre contrarie, naturalmente, ma quel che è certo è che il Nostro ha puntualizzato con chiarezza e trasporto tutte le sue idee. Vediamo cosa ne è venuto fuori.

The Thrasher: Ciao ragazzi e benvenuti su MetallizeD! Cominciamo subito con una domanda d’obbligo: Heavy Lethal è l’esordio ufficiale della vostra band, a quasi dieci anni dall’EP Quake Metal e a quattordici dalla nascita della band, come mai tutto questo tempo?
Dario Vicariotto: Beh, è una storia piuttosto lunga, ma cercherò di essere breve. La band ha avuto un inizio un po’ travagliato in quanto fin da subito ho voluto fare musica originale. Comporre musica non è facile, mettere d’accordo tutti i componenti lo è ancora meno. È naturale che tutti abbiamo i nostri gusti e le nostre passioni, ma per fare sì che una band funzioni si deve andare tutti nella medesima direzione e si deve essere motivati. Quindi i primi anni sono stati un setaccio di persone. Intorno al 2000 riuscii a trovare una prima line-up stabile, con la quale facemmo veramente molti concerti e ci guadagnammo una buona reputazione. Il tutto culminò con Quake Metal. Quell’EP ebbe un “successo” di critica che ci rese orgogliosi e ci diede benzina per andare avanti. Ma di lì a poco, fine 2004 se non ricordo male, Rob (voce) dovette lasciarci. Da quel momento venne a mancare molta motivazione ad andare avanti. Ciononostante trovammo un valido sostituto. Poi ci separammo dal batterista (Nicola). Sostituito anche il batterista, andammo avanti ancora un anno e mezzo dopodiché ci sciogliemmo (2006 circa). Fu una mia decisione in quanto venne a mancare una certa coesione nella band e il mio interesse verso la stessa iniziò a calare vistosamente. In più gli impegni lavorativi non aiutarono per nulla. Rimasi in un limbo per qualche anno (periodo nel quale ho comunque composto canzoni), quando si fecero vivi Seba e Ale (batteria e chitarra) che si resero disponibili ad unirsi a me nel caso volessi ripartire con la band. Eravamo all’inizio del 2010. Dopo poche prove con loro era evidente che le cose funzionavano ancora...e bene! Il passo successivo fu chiamare Rob che, seppur con difficoltà logistiche non indifferenti, accettò. Lo stesso valse per Luca (basso) che dopo una iniziale perplessità si unì a noi, ed ecco i Menace pronti e carichi di nuovo entusiasmo!

The Thrasher: È così difficile, in Italia, giungere a questo sospirato traguardo?
Dario Vicariotto: No, direi di no. Di questi tempi ci sono molte possibilità per potere uscire con un album. Cosa non altrettanto facile ai tempi di Quake Metal. L’avvento e la diffusione di internet ha aperto canali impensabili al tempo (in quegli anni si viaggiava massimo a 56K). È molto più facile proporsi e stringere contatti. Comunque sia, non è questo il problema per una band italiana. Un album lo si fa senza troppi problemi. Il problema è promuoverlo. I locali per una attività live autogestita sono ormai pochissimi. Economicamente siamo allo sfacelo, raramente si riesce a rientrare con le spese che una band sostiene per esistere. Inoltre sono pochissimi i promoter che investono sulle band italiane. E su questo argomento mi potrei dilungare molto. Purtroppo la situazione precaria è causata dai metallari italiani stessi. Si sa, nessuno è buon profeta in casa propria, dice il proverbio. Infatti per qualche oscuro motivo le bands italiane vengono sempre considerate di serie B dagli italiani stessi. E non mi riferisco solo alle bands emergenti ma anche ai mostri sacri. Quando vado ai concerti, la delusione è sempre tanta nel vedere affluenze minime e comportamenti poco corretti. Insomma, diciamo che il problema non è fare un album. Piuttosto il problema è lo scarso supporto del pubblico.

The Thrasher: Cosa potete raccontarci in merito al disco? In sede di recensione lo abbiamo accostato ad un sound priestiano, con qualche spunto più speed.
Dario Vicariotto: Sono considerazioni ricorrenti che io condivido solo in parte a dire la verità. Non certo perché mi stia scomodo il paragone eh! I Judas Priest sono la mia band heavy metal preferita. Però non credo di rifarmi a loro in modo così marcato. Il fatto è che, se andiamo ad analizzare bene, tutte le bands heavy metal derivano in qualche modo dai Priest. Loro sono il punto zero. Hanno codificato l’heavy metal sia in ambito strettamente musicale che iconografico. Di conseguenza se si suona questa musica non ci si scappa, si avranno sempre punti in comune coi Priest, anche se ipoteticamente non li avessi mai sentiti. Dal punto di vista vocale l’accostamento ad Halford è ricorrente per via della timbrica del nostro Rob, ma a me sembra che il suo stile non sia solo questo. Credo ci siano influenze King-Diamondiane abbastanza pronunciate. Poi credo che nel mio songwriting ci siano in egual modo un sacco di Mercyful Fate, Angel Witch, Black Sabbath, Exciter, Agent Steel, Metallica ecc ecc.

The Thrasher: Quali sono, secondo te, i pezzi migliori e quelli magari leggermente meno riusciti?
Dario Vicariotto: Io mi ritengo soddisfatto in tutto e per tutto di Heavy Lethal. Non ci sono filler e credo che qualitativamente l’album sia eterogeneo. Le canzoni sono una diversa dall’altra, con stati d’animo differenti e ritmi diversi. Si comincia con la titletrack: veloce e rappresentativa dello stile Menace, nonché fra le mie preferite. She-Spider è un metal classico à la Priest che parla di donne, con pro e contro. Ritornello ben riuscito e break centrale vagamente ipnotico. Ancora fra le mie preferite c’è Godzilla Raids Again, dedicata al mostrone radioattivo giapponese del quale io sono un accanito fan. Parla di Godzilla (Gojira), quindi, come accade nel vetusto film del ‘54, di come l’uomo sia la causa della sua distruzione: un riffone del quale vado fiero e andatura molto massiccia. Arriviamo a 665 Hell Neighbour. L’inferno è qui, accanto a noi, sta a noi rallegrarcene o disperarci. È un rockettone molto diretto e trascinante con dei bei solos. Fra le più efficaci live, nonché divertentissima da eseguire. Passiamo a Crabro Attack: forse la più originale dell’album. Parla di una mia fobia e di come un piccolo insetto possa infondere terrore. Continui cambi di tempo, assoli fulminanti e bellissima interpretazione di Rob alla voce. Duke of Death è stata ispirata da un vecchio film (da cui è stato estrapolato il monologo iniziale in portoghese) che io adoro. “Cos’è la vita? È l’inizio della morte! E cos’è la morte? È la fine della vita! Cos’è l’esistenza? È la continuità del sangue (stirpe)! Che cos’è il sangue? È il motivo per il quale viviamo!”. Atmosfera tetra e ritmo cadenzato. Straight to the Grave è veloce tanto quanto Heavy Lethal, ma forse più violenta. Parla di peccati, è letale in sede live. Double Trouble parla di un serial killer piuttosto bastardo che agisce sulle coppie. Assalto in doppia cassa di Seba e struttura abbastanza complessa. Si finisce con Steel Rain, canzone che tratta un processo di metallizzazione: finale esplosivo!

The Thrasher: Ti va di presentare la band ai nostri lettori e poi presentare i componenti e descrivere il loro apporto al disco?
Dario Vicariotto: Certo! Cominciamo con Rob, storico singer della band, con me dal 1999 circa. Sono suoi praticamente tutti i testi dei Menace, tranne per qualche mia incursione. Le linee vocali spesso partono da una mia idea che viene poi sviluppata/stravolta/perfezionata da Rob. Oltretutto Rob è un ingegnere elettronico e lavora nell’amplificazione. Quindi il suo apporto alla band va ben oltre l’aspetto meramente musicale. Poi c’è Luca al basso. Lui suona nella band dal 2000/2001. È un musicista molto talentuoso, sa suonare la chitarra ed è un bassista bravissimo! Il suo apporto nella band è fondamentale in quanto non è solo un bassista: quando una canzone è composta per il 90%, spesso subentra lui con delle idee a volte pazzoidi ma molto particolari. Insomma, importantissimo nell’arrangiamento. Sul palco è incontenibile! Alla seconda chitarra c’è Ale, cosa dire? Basta chiedere e lui ti sorprenderà con assoli perfetti, armonie e virtuosismi. Solista incredibile e precisissimo nelle ritmiche. Con lui, le due asce dei Menace sono affilatissime. Alla batteria c’è Seba, batterista solido, veloce e dal tocco pesante, in sintonia con il resto del gruppo. A lui piace un sacco di musica e apprezza anche molte bands che io invece disprezzo, per cui è influenzato da molti ambiti musicali e spesso trova soluzioni inaspettate per me...ma che poi funzionano! Infine ci sono io...che, in quanto fondatore della band ho la (a volte) scomoda posizione del “mastermind”. Io non mi ritengo un chitarrista nel senso più stretto del termine, a me piace scrivere canzoni e sono devoto all’arte del riff! Essendo coinvolto a livello sentimentale nella band a volte posso passare per dispotico...ma credo sia normale, ah ah ah!

The Thrasher: Quali obiettivi si pongono i Menace a livello di vendite?
Dario Vicariotto: Nessun obiettivo! Sarei un ipocrita se dicessi che non mi piacerebbe avere un successo anche commerciale, ma sono ben conscio che siamo una band heavy metal. Una band in cui il genere, il suono, il look sono assolutamente di nicchia oltre che anacronistici. Siamo consapevoli che la nostra proposta potrà piacere soprattutto agli appassionati e difficilmente potrà avere un vasto pubblico. Quindi diciamo che il nostro lavoro come band non tiene in considerazione l’aspetto commerciale, bensì quello qualitativo. Questo ci rende liberi da vincoli di produzione o scelte stilistiche obbligate.

The Thrasher: Avete scelto di registrare in maniera analogica, senza ricorrere a trucchetti tecnologici o ritocchi digitali: cosa ci raccontate a tal proposito?
Dario Vicariotto: Questa è stata una mia precisa scelta (ma bene accolta da tutti). Innanzitutto voglio precisare che l’intero album è autoprodotto. Con questo voglio dire che tutto, dalla grafica al suono, è stato fatto da noi con le nostre mani (come anche Quake Metal del resto). La registrazione non è propriamente analogica in quanto gli studi per fare una registrazione di questo tipo sono costosissimi. Abbiamo registrato gli strumenti in modo naturale per poi mixarli digitalmente. Nel dettaglio, la batteria è stata registrata con dei microfoni specifici. Lo scopo prefissato era quello di catturare il reale suono della batteria. Questo ci è costato un sacco di lavoro per configurare il tutto. Mi riferisco ad ambiente, posizionamento dei microfoni eccetera, ed infine a Seba per suonare. Non ci sono copia/incolla. Seba ha suonato le canzoni un’infinità di volte, finché non si è trovata la versione perfetta e con il giusto feeling. Stesso processo per il basso e le chitarre. Non ci sono correzioni, compressioni o “pulizie” varie. Abbiamo suonato con la stessa configurazione che usiamo live. E questo è il punto! A me personalmente non piace il suono che hanno la maggioranza delle bands odierne: ritengo che l’esagerata digitalizzazione renda del tutto sterile il suono e di conseguenza la musica. Questo allo scopo di ottenere un suono sì cristallino e perfetto...tanto da risultare però del tutto irrealistico e freddo. Se ci pensi, e sei un consumato ascoltatore di heavy metal come me, ti accorgerai che tutti gli album mitici di almeno un paio di decadi fa erano riconoscibili pochi secondi dopo aver premuto play. Questo perché ogni album aveva il suo suono. Attualmente, troppe band hanno lo stesso suono e la perfezione digitale le rende del tutto impersonali. A mio avviso, è meglio avere un suono personale, imperfetto, caratteristico e soprattutto vero, dove la potenza viene scatenata dalla musica e dagli strumenti veri, e non da “effetti speciali” che spesso rendono deludenti le esibizioni live. Spesso, troppo spesso, le stesse band impeccabili su CD si rivelano molto meno convincenti on stage.

The Thrasher: Secondo voi, molte band contemporanee utilizzano la tecnologia per sopperire a lacune tecniche ed apparire più brave di quello che sono in realtà?
Dario Vicariotto: No, non proprio in questo senso. Purtroppo però è tendenza comune optare per la soluzione digitale innanzitutto perché richiede molto meno lavoro e quindi meno soldi. Poi perché il risultato finale sembra “altamente professionale”. È semplicemente una sorta di “filosofia”. Ci sono degli album che sono inascoltabili alle mie orecchie. Dove tutto è talmente perfetto che gli strumenti non sembrano nemmeno suonati da esseri umani. Spesso la batteria ha un suono che non somiglia nemmeno lontanamente ad una vera batteria. Quelli che dovrebbero essere tamburi con pelli e suonati con bacchette non sono che “click”. Le chitarre sono talmente ripulite e compresse che sembrano suonate su tastiere anziché su corde. Ci sono gruppi che registrano dei singoli riffs o giri di batteria che poi vengono replicati con un copia/incolla...il risultato è sì cristallino, ma in realtà i musicisti non si sentono! È una cosa che io non accetto. Credo che sia il contrario di ciò che dovrebbe essere rock. È una opinione personale comunque. Tutto deriva dalla volontà di creare qualcosa che aspiri ad essere “artistico”, oppure a creare un prodotto da vendere. A cosa serve avere questa perfezione asettica ed impersonale se non a rendere fruibile il prodotto anche alle orecchie molto poco esigenti o molto poco...ferrate? Diciamo che è come preferire una ragazza con un trucco pesante, capelli piastrati, abbronzatura artificiale e tette rifatte, in una foto, ad una ragazza naturale acqua e sapone in carne ed ossa...magari con qualche difettuccio. Io opto per la seconda.

The Thrasher: È ancora ipotizzabile, secondo voi, che le band di livello planetario possano registrare senza utilizzare ritocchi tecnologici, al giorno d’oggi?
Dario Vicariotto: Ma certo! Anzi, in altri generi, anche nel rock leggero o nel pop, tantissimi artisti usano registrare gli strumenti veri. Questo esagerato utilizzo di tecnologia riguarda soprattutto il metal e va aumentando con quello più estremo. Ma non è certamente necessario! Ci sono gruppi estremi che registrano in modo analogico. Ovviamente bisogna saper suonare bene...

The Thrasher: Cosa pensate della scena metal contemporanea e delle nuove leve?
Dario Vicariotto: La visione della scena è molto relativa all’interno della band. Io dico che le nuove leve ci sono e ce ne sono di valide. Poi è una questione di gusti. Ci sono nuovi generi che trovo un po’ confusi. Strani crossover di cose già sentite, ma mescolate in modo inedito e spacciate per originali. Poi ci sono band di ventenni o poco più, appassionati ad un genere di trent’anni fa. Direi che una scena c’è, e anche abbastanza varia, ma sembra che ci siano più band che fans!

The Thrasher: Molti storici locali rock/metal del vicentino e del veronese, la vostra zona, hanno chiuso: parliamo naturalmente del Sabotage, dello Stonehnge, per limitarci ai più recenti. Che opinione avete di questa tendenza che priva la scena locale di sbocchi così importanti?
Dario Vicariotto: Purtroppo noto che la tendenza non riguarda solo il veneto. Di questi tempi è piuttosto difficile esibirsi nei locali. Ci sarebbero un sacco di band emergenti per tutti i generi, bravi, scadenti, passabili o sorprendenti. Ciò che manca, troppo spesso, è la gente che va a vederli. I locali chiudono per un solo motivo: i costi superano i guadagni. O i guadagni non valgono la mole di lavoro. L’affluenza ai concerti, anche di un certo calibro, spesso è deludente. È comprensibile che un locale cambi strada se, proponendo disco o hip hop fa il pienone. L’argomento è molto ampio, però la causa principale è che i rockers/metallers sono relativamente pochi. Quando vado a vedere i concerti/festival in diverse regioni, incontro sempre le stesse persone. E anche in eventi che richiamano fans da diverse regioni, l’affluenza raramente è numerosissima. Nei locali nei paesi e città la situazione è peggiore, in quanto le band locali hanno un seguito insufficiente. Di conseguenza i guadagni saranno scarsi (aggiungiamo poi comportamenti poco corretti da parte dei fans stessi) e il locale difficilmente può andare avanti più di qualche anno se non ci sono adeguate entrate.

The Thrasher: Sappiamo che Dario suona anche in una tribute band dei Black Sabbath, i Devoid; il circuito delle cover band è spesso nell’occhio del ciclone, perché queste band vengono accusate di vivere di luce riflessa, oltre che di togliere spazio alle band emergenti. Tu cosa ne pensi?
Dario Vicariotto: È vero, suono in una tribute dei Black Sabbath, anche se non so ancora per quanto. Avere una band è impegnativo sia a livello di tempo dedicato sia a livello economico. Questa band è nata chiaramente da personaggi completamente devoti al verbo sabbathiano. Sulla questione relativa al presunto effetto “dannoso” delle tribute bands io mi trovo a non essere del tutto d’accordo. Che una tribute band viva di luce riflessa è quantomeno ovvio; la qualità della band molto meno. Mentre sul fatto di togliere spazio alle bands emergenti ho già parzialmente risposto sopra. Però vorrei far notare che suonare con una tribute band non è più facile che suonare coi Menace. È la stessa cosa. La gente che viene a vedere una tribute band, nel mio caso dei Sabbath, dei Mercyful Fate o dei Judas Priest è la stessa che viene a vedere un concerto dei Menace. Le stesse persone!!! Il punto è che se suona una tribute band di Vasco Rossi, il locale è pieno! Se suona una tribute AC/DC, il locale è pieno! Se suona la band locale/emergente originale, ci sono 20/30 persone. Quindi, se sparissero di colpo tutte le tribute band, non ci sarebbe maggiore spazio per le bands emergenti...casomai ci sarebbe più spazio per disco e hip hop o tribute di Ligabue e compagnia. I rockers/metallari, se vogliono una scena, devono supportarla partecipando agli eventi. Evitando di portarsi la cassetta di birra da casa, perché altrimenti la presenza è del tutto inutile. È vero che in alcuni eventi i prezzi sono proibitivi, ma ho visto scene del genere anche in molti localini di paese.

The Thrasher: Tastiamo il polso alla scena metal underground italiana: come vedete la situazione in generale e, nel dettaglio, nella vostra zona? Ci sono band davvero valide che vorreste segnalare ai lettori di Metallized?
Dario Vicariotto: Le band non mancano. Solo che essendoci pochissimi posti dove esibirsi, molte rimangono chiuse in sala prove o fanno sporadiche apparizioni e spesso in condizioni poco appaganti, sia per la band stessa che per il pubblico che assiste. Quindi diciamo che la visibilità è piuttosto scarsa. Ne consegue che l’equilibrio interno delle band è abbastanza precario. Quando non si hanno molte soddisfazioni, in aggiunta a spese da sostenere per strumenti, sala prove, carburante, eccetera, pochi gruppi resistono, o ci sono spesso elementi che lasciano, provocando continui cambi di line-up; di conseguenza tutto si indebolisce.

The Thrasher: Le band storiche, quelle che noi appassionati degli anni '80 amiamo tanto, sembrano inevitabilmente in declino, a parte qualche eccezione; avete apprezzato qualche disco recentemente pubblicato dai vecchi marpioni del metal e del rock?
Dario Vicariotto: Beh, penso che possiamo anche concedere un calo di qualità alle band storiche. Credo che abbiano già dato. Non si può essere ispirati allo stesso modo per quarant’anni. Poi maturando si cambia sia mentalmente che fisicamente. Alcuni “mostri” hanno tentato di cambiare strada per sopperire o mantenersi al passo coi tempi, ma non credo che chi ha fatto tale scelta abbia guadagnato molti fans in più. Di quelli rimasti fedeli alla linea, alcuni hanno sfornato album magari non così sorprendenti ma comunque validi, altri invece hanno completamente esaurito l’ispirazione. A mio avviso la cosa positiva di questa permanenza dei mostri sacri è il fatto che, anche se sfornano album non all’altezza della loro fama, faranno comunque dei concerti dove potremmo andarli a vedere anche solo per glorificarli, a prescindere dalla performance. Non si può pretendere una ipotetica performance devastante da degli ipotetici Slayer ultrasessantenni!

The Thrasher: Scegli tre dischi rock e tre dischi metal che vorresti necessariamente avere con te su un’ipotetica isola deserta.
Dario Vicariotto: Lo sai che questa è una domanda impossibile, vero? Provando a dare una risposta che possa essere plausibile, rimanendo in ambito strettamente metal direi: Screaming for Vengeance (Judas Priest), Don’t Break the Oath (Mercyful Fate), Angel Witch. Ho omesso Metal on Metal (o Forged in Fire) degli Anvil, o qualcosa di Black Sabbath, Exciter, Venom, Maiden, Vanexa, Paul Chain eccetera, eccetera, eccetera. In ambito rock non posso prescindere dai Led Zeppelin (la band che in assoluto stimo di più), quindi porterei un megaultrasuper best of, poi porterei In Rock dei Deep Purple, e un’altra megacompilation di Jimi Hendrix. Con questi dischi riuscirei a sopravvivere abbastanza a lungo sull’isola avendo musica per ogni momento. Però più ci penso più mi vengono in mente nomi, quindi questa risposta è praticamente irrilevante, ah ah ah!

The Thrasher: Volete aggiungere qualcosa per i lettori di MetallizeD?
Dario Vicariotto: Non vorrei essere retorico o ripetitivo ma ciò che mi preme maggiormente è spingere i metallers e i rockers in generale a supportare la scena locale, perché è l’unico modo per averne una! Un saluto a tutti e ci si vede on the road!



CONCLAVE DEL LAMBRU
Mercoledì 19 Dicembre 2012, 18.45.05
11
Oh, ma la faccina del mio commento non l'ho messa io, cazzo è ??? haha....
CONCLAVE DEL LAMBRU
Mercoledì 19 Dicembre 2012, 18.43.55
10
Beh, modesto nel dire che nell'album "non ci sono filler "....
toni
Lunedì 17 Dicembre 2012, 16.06.23
9
Complimenti per l'intervista. Devo dire che mi trovo 100% daccordo con Dario, e posso sottoscrivere parola per parola! Leggendo la sua intervista mi è venuta un'idea, che mi era balenata questa mattina mentre ascoltavo Metal Massacre vol. 1 (quella del 1982 con hit the lights x intenderci). Ad oggi una compilation di gruppi emergenti non venderebbe un cazzo, poche storie, ma perchè non sfruttare un sito internet, potrebbe essere un portale parallelo di metallized ad esempio, per recensire le band ITALIANE emergenti proponendo lo scaricamento gratuito di un mp3 rappresentativo? Insomma, visto che tutti vogliamo promuovere il metal italiano, perchè non creare un canale privilegiato che sia di facile ed immediato utilizzo per gli appasionati?
Sambalzalzal
Giovedì 13 Dicembre 2012, 7.21.12
8
Cazzo, bellissima intervista che leggo come se fosse un commento posto sotto ad uno degli articoli scritti da Raven@ ultimamente. Vitadathrasher@ come darti torto... d'altronde le nuove generazioni vivono di trends imposti dai media e la personificazione dei media oggi è internet. Se la gente iniziasse a passare più tempo in strada, nei locali, in macchina ad ascoltare musica con gli amici e a discuterla(che cazzo, ma non lo fa più nessuno!?!?!?) le cose potrebbero tornare a girare. Non si cerca più confronto perchè avendo l'onnipotenza di internet sottomano e un milione di gb di musica scaricata nell'hard disk ognuno pensa di saperne di più del prossimo. Poi vabè, che l'ascoltare ed il vivere il metal non sia una questione di "gare" ma di passione è un altro discorso ma anche qui parole che giungono alle orecchie dei sordi...
blackstar
Mercoledì 12 Dicembre 2012, 13.58.41
7
Bella intervista. Quello che ha detto Dario è ineccepibile.
Pixel
Martedì 11 Dicembre 2012, 0.01.13
6
Io ho solo una cosa da dire: grande Dario! d'accordo (quasi) su tutto (non dico nulla sulle cover bands ). 'till the next beer at the next concert!
Vitadathrasher
Lunedì 10 Dicembre 2012, 23.21.34
5
Il fatto è che basta guardarsi in giro e vedere i teenagers di oggi, o hanno la cresta omologata o le taglie xxl hiphoppare. In maniera molto superficiale constato che di metallari ne vengono fuori pochi. Ai miei tempi a giro era pieno di capelloni..... Anche io ai concerti vedo la stessa gente, la stessa gente sempre più vecchia, nei locali sempre più pochi.....in un contesto, dove la crisi incattivisce la gente e la chiude dentro casa a scoprire il mondo di internet e non più quello della strada.
CauldronBorn
Lunedì 10 Dicembre 2012, 18.33.13
4
10 e lode a quest'articolo già solo per il titolo. Leggo per bene e poi commento.
Raven
Lunedì 10 Dicembre 2012, 14.46.28
3
Certo, ne conosco tanti anche io nella fascia 18-25, ma percentualmente quanti sono? E' quello il -dolente- punto.
the Thrasher
Lunedì 10 Dicembre 2012, 14.42.42
2
già.. ma generalmente è difficile trovare degli under 20 veramente interessati alla musica in maniera particolarmente viscerale, anche se non possiamo generalizzare visto che io stesso conosco molti adolescenti patiti del genere, che amano andare ai cocnerti e possiedono una cultura metallica abbastanza spiccata!
Raven
Lunedì 10 Dicembre 2012, 14.13.32
1
Direi che anche qui c'è materiale per discutere degli argomenti che abbiamo trattato in questi giorni. E' un po' sconsolante però, che nelle varie discussioni l'apporto degli under 20 , (anche in disaccordo), sia minimo, e che solo da una certa fascia di età in poi certe cose sembrano importanti. Anche da parte dei musicisti.
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